LA FAMIGLIA RICOMPOSTA FRA LIMITI, RISORSE E STEREOTIPI

Nell’ultimo trentennio l’aumento di separazioni e divorzi nei paesi occidentali, e quindi anche in Italia, ha portato alla formazione della “famiglia ricomposta”, termine nuovo che sta ad indicare una famiglia in cui i nuovi membri che ne entrano a far parte non si sostituiscono ai precedenti, ma vi si aggiungono, formando così un sistema più complesso di relazioni familiari. Questo tipo di famiglia comporta vincoli e risorse.

Vincoli: un limite di queste famiglie è spesso la mancanza di confini chiari. Dovrebbero essere particolarmente definiti quelli esterni per aiutare la famiglia a mantenere la propria identità e sicurezza contro le pressioni provenienti da fuori, quelli intergenerazionali (fra le varie generazioni presenti all’interno) per permettere la giusta distanza fra i genitori e i figli, prevenendo in tal modo situazioni patologiche o disfunzionali, quelli fra i nuclei familiari che si sono formati, così da permettere ai figli di primo letto di poter frequentare serenamente il genitore non affidatario. Questi argini servono a dare protezione e punti di riferimento, indispensabili per i figli. Gli adulti coinvolti ovviamente sono richiamati ad una grande flessibilità e capacità di negoziazione per garantire ciò.

Risorse: le risorse di questi tipi di famiglie sono innanzitutto la flessibilità e la diversità che presentano. Grazie alla flessibilità aumenta l’adattabilità dei membri che vi appartengono, la capacità all’integrazione e alla tolleranza della diversità. I bambini che vivono in famiglie ricomposte hanno la possibilità di confrontarsi con modelli culturali differenti, sperimentando la gestione dei conflitti in senso costruttivo.

Affinché queste famiglie possano realmente “funzionare”, è necessario che si riesca a costruire fra i membri il “senso di appartenenza” alla famiglia stessa e che la coppia abbia un’identità solida e matura. 

Questo si traduce anche nel riuscire a superare quelli che sono gli stereotipi verso queste tipologie di famiglie. Ad esempio, riprendendo la terapeuta Oliverio Ferraris, gli stereotipi che solitamente si incontrano sono i seguenti:

Falsa concezione:

  • Le famiglie ricomposte devono funzionare come quelle tradizionali.
  • Patrigni e matrigne sono insensibili verso i figli dell’altra/o.
  • La famiglia ricomposta si forma istantaneamente.
  • Tutti i membri devono volersi bene.
  • Le famiglie che si ricompongono dopo la morte di un genitore hanno meno problemi rispetto a quelle che si formano dopo un divorzio.
  • I genitori non affidatari nel week-end hanno meno problemi rispetto a quelli affidatari.

Realtà:

  • La famiglia ricomposta è diversa da quella tradizionale e non può funzionare allo stesso modo.
  • Patrigni e matrigne sono persone come le altre.
  • Il processo di stabilizzazione della famiglia ricomposta è graduale e richiede tempo.
  • Le relazioni affettive si svilupperanno dopo un po’ di tempo all’interno della famiglia ricomposta.
  • Le ferite, sia del lutto che della separazione, hanno bisogno di tempo per l’adattamento ai nuovi legami.
  • Quando i bambini si dividono fra due case, entrambi i genitori devono imparare ad adattarsi a ciò.

Quando all’interno del sistema familiare vi è qualcosa di disfunzionale, questo spesso si manifesta attraverso un sintomo (disagio) di cui si fa portatore il membro più sensibile e fragile e spesso sono i figli a manifestare i sintomi di un malessere comune a tutti i membri della famiglia; i sintomi più frequenti sono le difficoltà scolastiche, i disturbi del comportamento alimentare e i comportamenti devianti. Nei più piccoli si può assistere alla ricomparsa dell’enuresi notturna. In questi casi è consigliabile una terapia familiare.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it