“LA CINA E’ VICINA:E’ LA SICILIA CHE VIENE TENUTA LONTANA”

Alla fine degli anni ’50 destava meraviglia scoprire che “La Cina e’ vicina”, come titolava il libro dell’inviato di La Stampa e Corriere della Sera, Enrico Emanuelli, poi divenuto anche un film di Marco Bellocchio.
Quel mondo sembrava lontanissimo, anche se frequentato da Marco Polo e dai mercanti della seta già molti secoli fa e spiegato dai gesuiti siciliani che ci andarono numerosi nel ‘600, ma rimaneva isolato e impenetrabile ad ogni tentativo di conquista, sia politico-militare che culturale.
Nell’ultimo ventennio, invece, sono stati i cinesi a partire alla conquista del mondo: emigrano e viaggiano a centinaia di milioni, investono per centinaia di miliardi (le attività all’estero ammontano a 16 trilioni di dollari!). In Africa, dove si trovano sei dei dieci Paesi a più alto tasso di crescita, Obama cerca ora di recuperare l’abissale distacco accumulato dagli USA rispetto all’egemonia cinese.
E l’Europa? Cerca di vendere prodotti in Cina, ma ne teme gli investimenti e non riesce a darsi una politica estera comune. La disputa e’ semmai su chi deve rivestire il ruolo di ministro di una dimensione che non esiste. L’Italia e’ inoltre l’ultima della classe nell’attrarre investimenti esteri, così come ha imprese troppo piccole per entrare, da sole, nella competizione globale, fatta anche di investimenti ed insediamenti multinazionali.
Nel 2013 e’ ripreso un certo interesse per questo Paese, con un afflusso di 12,4 miliardi, contro quasi niente nell’anno precedente. Quest’anno si registrano segnali incoraggianti, come il recente acquisto del complesso turistico-alberghiero “Perla Jonica” di Acireale per 48 milioni di euro ed altrettanti per la ristrutturazione (con un contributo di 24 milioni dello stato italiano) da parte dello sceicco Hamed di Abu Dhabi, la cui  compagnia aerea acquista il 49% di Alitalia. Cresce l’interesse di operatori russi e turchi per la Sicilia, dopo che si è riusciti finalmente a collegare con un volo diretto Catania all’hub di Istanbul. Investitori cinesi percorrono tutte le Regioni in cerca di buoni impieghi.
Ne abbiamo invitato ed ospitato un gruppo nei giorni scorsi a Taormina, insieme all’Orchestra filarmonica di Hangzhou, riscontrando vivo interesse per talune attività turistiche, ma anche per la logistica,  l’agroalimentare e le grandi infrastrutture. Gli incontri b2b proseguono, ma i partner siciliani sono pochi, piccoli ed in ritardo.
Nello scenario internazionale occorre quanto meno muoversi “a branco”, per supplire alla frammentazione e ridurre costi e rischi, ma le iniziative avviate ed assistite da HUB-Siciliainternazionale, l’organismo no profit che raggruppa gli operatori siciliani dell’internazionalizzazione, non bastano.
Manca una strategia istituzionale (che per il centralismo cinese resta un riferimento necessario) e troppe occasioni sono andate perdute, dal successo della mostra “5.000 anni di Storia” della Biblioteca Nazionale di Pechino, al successo della presenza siciliana all’Expo Shanghai 2010 ed al protocollo fra la Regione e il colosso China Development Bank, stipulato solennemente a Roma l’anno successivo ed il conseguente interesse cinese (CIC) a realizzare il ponte sullo Stretto di Messina, fino alla mancata conclusione del cofinanziamento dei piazzali per container che trasformano il porto di Augusta da esclusivamente petrolifero a commerciale, impedito finora dal mancato rinnovo dell’illuminata presidenza di quell’Autorità Portuale che aveva condotto le trattative.
Non a caso Hilary Clinton in visita a Roma chiese preoccupata cosa stessero preparando i siciliani con la Cina! Poi l’assoluta cecità del governo regionale in materia di orizzonte internazionale.
Invece, le prospettive della Sicilia sono tutte e solo in quella proiezione, alimentata dalla sua posizione di vantaggio fra l’Europa in declino e il resto del pianeta che si sviluppa da sud, proprio dove la Sicilia si ritrova, come porta dell’Europa se questa vuole ricollegarsi, logisticamente, economicamente e culturalmente, ai nuovi motori del mondo.
La posizione non basta, occorrono le infrastrutture e, soprattutto, crederci. Cioè una politica coerente in questa direzione, a partire dall’uso delle risorse europee 2014/2020, non più disperse in 100 rigagnoli clientelari e/o campanilistici, ma selezionando i 10 interventi risolutivi e convogliarcele come incentivo formidabile per i cofinanziatori stranieri.
HUB-Siciliainternazionale, nata proprio per supplire almeno in parte alle omissioni istituzionali, sta avviando il processo, ma occorre che almeno gli enti territoriali, pur menomati dall’inutile sacrificio delle Province (il vero grumo e’ la Regione), svolgano alcuni ruoli strategici non sostituibili.
Ci riusciranno meglio le Città metropolitane o l’auspicato Distretto del Sud-Est?  (ma, in tempi di riforme, non risulterebbe più efficace una vera e propria Regione Sicilia Orientale?).
Lo vedremo alla prossima puntata se la politica batterà, finalmente, un colpo.

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