ISCHIA TURISMO E VINO

Ischia è una bellissima isola appartenente all’arcipelago delle Flegree, nota oggi soprattutto come meta di vacanze. L’isola però non possiede soltanto borghi pittoreschi, spiagge e scorci incantevoli, ma  anche una DOC, che dall’isola prende il nome, certo non importantissima come il Taurasi o il Fiano d’Avellino o altre, ma sicuramente molto conosciuta tra i vini del panorama enologico campano. Indubbiamente gran parte del successo di questo vino è legata al cospicuo flusso di turisti e generalmente i vini prodotti in località con questo tipo di turismo vengono associati a prodotti di bassa qualità. Effettivamente, prima degli anni Novanta, i vini presentavano notevoli difetti organolettici, a volte anche a livelli inammissibili. Questo processo di scadimento qualitativo fu però il risultato dell’evoluzione del modello economico italiano, che negli anni Ottanta toccherà l’apice dell’assioma:”Maggiore risparmio possibile nella produzione e maggiori vendite”. Ovviamente questo concetto ebbe come prima conseguenza un veloce deteriorarsi della qualità dei prodotti di consumo. Basti pensare a ciò che accadde con lo scandalo del metanolo nella Barbera. Allo stesso modo di tante altre DOC italiane, gli anni Novanta hanno segnato l’inizio di un processo di miglioria nella produzione enologica. I vini, prodotti in modo approssimato durante gli anni Ottanta e la conseguente perdita di fiducia in questi nel mercato estero, hanno spinto i vari consorzi e produttori a difendere il buono che ancora c’era e a costringere gli altri a migliorarsi. E Ischia non è stata da meno, sebbene con meno regolarità rispetto ad altre zone italiane. Tra alti e bassi la DOC Ischia è riuscita a proporre un prodotto più strutturato, morbido e soprattutto sapido rispetto al passato, quando era associato a vini magri e insapori.

I vitigni coltivati sono soprattutto i rossi piedirosso e guarnaccia, e i bianchi forastera e biancolella. Logicamente, essendo un’isola, sia la cucina, sia le condizioni climatiche fanno propendere per un maggiore consumo di vino bianco, ma non mancano le ricette che si sposano molto bene con il rosso, come il coniglio all’ischiana. Ma è soprattutto il turismo a dettare i dati del consumo di vino a Ischia ed, essendo questo concentrato nelle stagioni soleggiate, ovviamente avvantaggiano il consumo di vino bianco.

Nonostante la viticoltura a Ischia abbia origini antichissime, tra le più antiche della penisola, il secondo vitigno per importanza, la forastera, non è autoctono dell’isola, come indica il nome stesso. Sembrerebbe che sia giunto a Ischia da Napoli, verso la metà del sec. XIX. Il vino che se ne ricava non è particolarmente acido e tantomeno possiede un alto grado alcolico. Ha corpo leggero e un ventaglio olfattivo non molto vario, ma dai profumi freschi e piacevoli. Per risaltare le sue caratteristiche di vino leggero, viene vinificato generalmente in acciaio.

Ma è il biancolella ad essere il vero protagonista della DOC Ischia. La leggenda vuole che la presenza di questo vitigno nell’isola risalga all’epoca della presenza greca, ma non vi sono al momento fonti che possano confermare questa teoria. Tutt’altro, la prima volta che viene nominata la presenza di questo vitigno a Ischia è intorno all’Ottocento, anche se questo non esclude affatto che fosse presente anche prima. Come la forastera, anche il biancolella non possiede un grande tenore alcolico e tantomeno una elevata acidità. Si differenzia dalla forastera per una intensità di profumi maggiore e soprattutto per le sorprendenti capacità d’invecchiamento. Non perché siano particolarmente lunghissime, ma un vino con queste caratteristiche, poco corpo e poca acidità, dovrebbe reggere non oltre un anno dalla vendemmia.

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