INTERVENTO DELL’UDC DI VITTORIA SUL PIANO PAESISTICO

Delegando agli addetti ai lavori le considerazioni tecniche e le relative osservazioni, si vuole intervenire sul dibattito politico relativo al piano paesistico dando un contributo costruttivo e di moderazione, tipico della nostra area politica. Finora il dibattito si è incentrato sulla diatriba tra i pro e i contro il piano paesistico ma, in verità, è pacifico che la preservazione del territorio debba essere un impegno forte e costante di qualsiasi forza politica, ma è, d’altronde, pacifico anche che non si può con un tratto di matita sconvolgere il destino produttivo ed imprenditoriale del territorio più ” sui generis” dell’intera Sicilia e, quindi, è impensabile costruire un castello di vincoli senza una concertazione con i rappresentanti imprenditoriali di quel territorio. Partendo dal presupposto che già il nostro territorio era vincolato e regolato da precedenti vincoli (vedi “Pineta del Pino d’Aleppo, la zona di rispetto costiera di 150 metri dal mare, le zone di rispetto di 150 metri dai corsi d’acqua, le Zone SIC e ZPS, le zone Archeologiche, etc.) una eventuale estensione di questi vincoli avrebbe dovuto necessariamente essere discussa con i portatori d’interessi economici della zona, che qualcuno vorrebbe individuare esclusivamente con i “palazzinari”, mentre in tutto questo “bailamme” sono al solito gli agricoltori a pagare le maggiori conseguenze. Tipico è l’esempio, sempre nel nostro territorio (ma trattandosi di zona costiera riguarda tutto il territorio che và dal Biviere di Gela a S.M. del Focallo), di ciò che si vuole fare nel cosiddetto “Paesaggio Locale Macconi, notoriamente il luogo dove è nata la serricoltura e, quindi, il centro da cui si è sviluppata l’economia agricola e delle piccole imprese di Vittoria ed in seguito anche del resto della provincia iblea. Questi luoghi, la cui fisionomia è ormai cambiata da oltre cinquanta anni, come si evince da qualsiasi fotografia, sono oggi un continuo di serre di varie tipologie che dimostrano anche la continua evoluzione di questo settore, seppure oggi in crisi.

Ebbene, secondo le direttive del PPR, queste serre, per una fascia che va da Scoglitti fino al Lago Biviere e per una larghezza che va dai canonici 150 metri dal mare e fino a 1,5 Km dal mare, verranno soggette ad Area di recupero; ciò vuol dire che si dovrà, nel migliore dei casi, convertire ad agricoltura biologica tutta questa fascia, nel peggiore, bisogna togliere le serre e passare ad una agricoltura “tradizionale” (quindi colture in pieno campo) facendo strame di quella che è riconosciuta essere una delle agricolture più evolute nel mondo (riuscendo in poco tempo ad eliminare dal mercato un concorrente, completando il lavoro iniziato dalla globalizzazione e dai “green corridors”). L’azione del piano si spinge anche ad imporre che le strutture per la forzatura delle colture devono essere facilmente smontabili e di carattere precario (sfido qualsiasi imprenditore ad investire sulle capanne) ed inoltre, per le strutture consentite si deve rispettare l’allineamento con le strade, ignorando che le serre devono avere un loro orientamento per intercettare quanta più luce possibile e per avere un ottimale arieggiamento. E’ come se si fosse imposto agli estensori delle mappe del piano di disegnarle con la mano sinistra e con la destra legata. E’ in questi, che sembrano particolari di poco conto, che si vede la mancanza di concertazione con i diretti interessati!

A questo punto si impone l’azione della politica. Cioè, una volta individuate le osservazioni puntuali al Piano Paesistico da parte dei tecnici e degli imprenditori interessati attraverso le rispettive organizzazioni di categoria, bisogna concordare con la Regione tutte quelle misure di compensazione o piani di sostegno per agevolare il passaggio al nuovo tipo di attività ( nel caso dell’agricoltura nell’esempio portato, il passaggio all’agricoltura biologica ( che non sempre è possibile) o alle colture in pieno campo o, addirittura, allo smantellamento delle strutture per ripristinare il paesaggio dunale (sic!). Allora ci si chiede: come mai il Comune di Vittoria (dei dodici comuni della Provincia) è l’unico a non aver fatto ricorso al TAR che, si badi bene, non vuol dire ricorrere contro il Piano ma contro la mancata interlocuzione con i rappresentanti locali (e cioè contro la mancata concertazione)? Inoltre bisogna che ci sia un bilanciamento dei poteri per eliminare la possibilità, da parte della Soprintendenza, che prenda decisioni arbitrarie, laddove vengono esplicitati i gradi di vincolo, interpretando a proprio piacimento non tanto i divieti espliciti, ma quelli mascherati, invitando, quindi, a formulare una legislazione chiara e non interpretabile a senso unico. E’ per questo che la prima cosa da chiedere è una proroga per studiare accuratamente il piano e proporre i correttivi e le osservazioni. A margine di quanto detto fin qui, si vuole fare notare come il Piano Paesaggistico e gli strumenti similari ( che sono sacrosanti) possono rimanere semplici parole scritte su semplici fogli di carta ( se non sulla sabbia del mare) quando si va a constatare la fine che sta facendo il sito Archeologico di Kamarina, una delle maggiori testimonianze di civiltà antiche del nostro territorio, la cui stessa esistenza è compromessa dall’azione erosiva del mare e per la quale, nonostante l’intervento urgente richiesto dalla nostra ex-Soprintendente, a distanza di mesi la Regione non ha ancora ottemperato alla difesa dei luoghi.

Appare paradossale come l’amministrazione comunale sia stata così solerte nel tentare azioni giudiziarie (al limite della temerarietà) in ordine alle trivellazioni nella zona di Sciannacaporale, esponendo il comune ad un eventuale dissesto finanziario a seguito della quasi certa richiesta di risarcimento da parte della Panther oil, quando invece nulla è stato fatto per scongiurare le disastrose conseguenze derivanti dall’adozione del Piano Paesistico che avrà pesanti ripercussioni sull’economia di una vasta zona costiera adibita a coltivazioni di pregio da oltre un cinquantennio, stante che tutti gli impianti insistenti sulla fascia interessata, nel medio termine, saranno progressivamente dismesse a seguito della impossibilità di procedere a lavori di manutenzione e ricostruzione delle serre. Non si capisce come due vicende di vitale importanza per il nostro territorio siano state gestite in maniera “spensierata” e contraddittoria. Quando da parte di qualcuno si afferma che l’UDC di Vittoria, per il solo fatto di non avere partecipato alla manifestazione del 29 u.s., sia favorevole alle trivellazioni, non si dice la verità! L’Udc di Vittoria è assolutamente contraria nelle trivellazioni. (i.c.)

 

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