IL VERO VINCITORE

Qualcuno cerca di attirare l’attenzione sul fenomeno delle astensioni, ma persiste, comunque, una sottovalutazione di fondo che ha fatto ignorare, da parte di tutti, le possibili conseguenze.

Da una grande città come Roma, dove ha votato solo un elettore su due, a un capoluogo come Ragusa dove, da sempre, le percentuali di votanti si attestavano sopra il 70 %, gli effetti del non voto sono stati devastanti. E non si finirà mai di censurare questo tipo di comportamento che, in nome dell’antipolitica e della protesta incosciente e inconsapevole, lascia il capo libero alla mercè delle minoranze spregiudicate e prive di ideali che vanno solo a cercare utili posizionamenti in un panorama politico dove, altrimenti, non troverebbero posto.

Ma, fra le espressioni di democrazia, è compresa anche questa forma che, in ogni caso, contribuisce a determinare il quadro politico.

Se gli elettori rappresentano la parte attiva del non voto, i partiti e i candidati dovrebbero essere  quelli che ne subiscono le conseguenze: sono invece, forse, colpevoli, al pari di chi vuole esercitare questo che rimane, pur sempre, un diritto. Perché tutto si è ascoltato in campagna elettorale, tutti si sono affannati a cercare voti con le argomentazioni più svariate e con la costante denigrazione dell’avversario, nessuno ha dedicato il benché minimo spazio per spiegare quanto dannoso può essere il non esprimere una scelta.

L’essenza del problema sta nella sostanziale sottovalutazione del fenomeno e dei suoi effetti, senza dire che molti dei candidati e dei partiti si guardano bene dall’esprimere la forma di convincimento più ovvia e banale, che, in molti, non riescono nemmeno ad assimilare: basterebbe incitare ad esprimere, comunque, il voto invitando anche a votare l’avversario o la componente politica opposta, per far capire l’importanza di esercitare, in ogni caso, il diritto-dovere fondamentale della democrazia.

L’incapacità di anteporre il trionfo della democrazia all’interesse personale è assimilabile al totale rifiuto, inconfessabile e inconfessato ma drasticamente reale, di mettere l’interesse comune davanti all’utile personale e di partito, nel quadro di un processo di comunicazione elettorale che stenta a rinnovarsi e che mostra i segni più evidenti di strategie improntate al conservatorismo più classico della politica.

Non se ne fa cenno nemmeno sulle tante pagine, cartacee e online, dei programmi, tutti improntati alle problematiche più ovvie che, invece di accrescere le distinzioni fra i vari candidati, li appiattiscono sui medesimi argomenti, rendendo fredde e distaccato il contatto con l’elettore.

Se volete provare un’ebbrezza particolare, immaginate un incontro elettorale dove il candidato o un esponente di partito spende tutto il suo tempo solo per convincere i presenti ad andare a votare.

Se per caso vi capitasse di sentirlo veramente, state attenti, quello sarebbe il nuovo che aspettavate !

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