Il SUD COME TRASFORMARE LA ROVINA IN OPPORTUNITA’ STRATEGICA

Mentre Milano conclude Expo 2015, gravata sul Paese tre o quattro volte il costo totale del Ponte sullo Stretto di Messina, mentre Roma si accinge a ricevere milioni di pellegrini e miliardi di investimenti per il Giubileo malgrado Mafia Capitale e corre per le Olimpiadi, Venezia moltiplica le spese per il Mose a causa della corruzione, Torino e’ capitale europea dello sport dopo aver incassato di recente i giochi olimpici invernali, il Sud e la Sicilia muoiono.
I dati diffusi da Svimez a fine luglio confermano che la forbice dei divari, ridotta negli anni 50′-’80 dal massiccio intervento straordinario dello Stato, si divarica dagli anni ’90 fino a raggiungere differenze abissali con la crisi dopo il 2008 : crollo delle nascite ai livelli del 1860 e fuga dei giovani scolarizzati, cioè desertificazione, disoccupazione doppia e crollo degli investimenti, consumi delle famiglie ridotti alla sopravvivenza e povertà dilagante. Questo è il quadro desolante di un territorio occupato dalla delinquenza e assediato dall’immigrazione, che si incontrano nel CARA di Mineo, l’unico grande business degli ultimi anni in Sicilia dopo la chiusura della Fiat di Termini Imerese.
A fine anno la Sicilia (ma Campania, Puglia e Calabria non stanno molto meglio) restituirà  all’Europa almeno un miliardo non speso dal 2007 e ancora peggio sono quelli dispersi inutilmente, senza conseguire alcun duraturo obiettivo di crescita. E dire che eravamo riusciti, con un abile negoziato condotto a Bruxelles nel 2005-2006, ad ottenere il massimo fra tutte le Regioni d’Europa! Ora ci toccherà meno della metà, fino al 2020.
Anche se si può fondatamente recriminare sulla disattenzione dei Governi centrali (ma senza sviluppo del Sud non può esserci crescita complessiva del Paese, che infatti rimane asfittica), le cause vanno ricercate nella caduta di credibilità e di potere contrattuale delle classi dirigenti meridionali, pressoché assenti dal Governo centrale e da tutti i centri vitali, ma soprattutto inefficienti  in una periferia con troppi poteri accentrati nelle Regioni, divenute paralizzanti dello sviluppo. Un esempio per tutti l’incapacità di intervenire con tempestività ed efficacia perfino  su banali emergenze, come la letale interruzione dell’autostrada Catania-Palermo per un prevedibile smottamento, alla ricerca non della soluzione immediata, quanto del grande appalto su cui lucrare per decenni. La vecchia nomenclatura, sorda alla rabbia della gente, si arrocca sempre più nella gestione clientelare (v. sanità, rifiuti, forestali etc.) illudendosi di trovare così un consenso artificioso che la mantenga  qualche mese in più nel Palazzo assediato.
L’altra ragione e’ la miopia che impedisce di vedere nel Mediterraneo e nel mondo la prospettiva di superamento del declino dell’Italia e dell’Europa. La Chiesa, come sempre, lo ha capito prima e si è aperta al nuovo con Francesco.
Nella storia contemporanea dopo il primo tempo che ha visto la concentrazione di poteri e ricchezza verso il Nord e l’Atlantico, e’ cominciato il secondo tempo e si è cambiato campo. Ora i gol si fanno verso Sud (Cina, India, Sud Africa, Brasile, Golfo Persico, Turchia, Russia del mar Nero e Caucaso). L’attacco dell’Italia, dopo 150 anni di gol fatti dalla Lombardia e dalle Regioni del Nord, ora deve essere formato necessariamente dalle Regioni meridionali, Sicilia di punta, da fornire di buoni assist per tornare a far vincere l’Italia è l’Europa. Gli assist più efficaci non sono i pannicelli caldi delle defiscalizzazioni per le imprese, che se ne vanno quando finiscono , ma le grandi infrastrutture che mancano, soprattutto quelle logistiche per fare di queste Regioni la piattaforma avanzata capace di intercettare l’interscambio intercontinentale, che passerà quasi tutto dal Mediterraneo dopo il raddoppio in corso del canale di Suez. Prime fra tutte le opere indicate dal Corridoio transeuropeo n.5 Mediterraneo-Scandinavia, ponte compreso, riconquistate nel 2011 ed in costruzione, salvo che in Calabria e Sicilia.
Se vogliamo evitare che dal non-governo si passi al baratro della protesta fine a se stessa, occorrono due cose: un ricambio radicale del personale politico, che in Sicilia significa per i partiti che vogliono evitare una rovinosa sconfitta l’imperativo di porre fine subito al disastro-
-Crocetta e di non ricandidare nessuno degli 89 uscenti (Ferrandelli, unico con coraggio e coerenza, si è dimesso in tempo), e una riforma radicalmente innovativa che sgretoli il macigno soffocante dell’accentramento regionale, in Sicilia con due o tre regioni intorno alle Aree metropolitane, nell’ambito della Macroregione del Sud, capaci di ridare efficienza, forza e credibilità progettuale alle istituzioni ed alle classi dirigerti meridionali.
Di questo si è  parlato nei giorni scorsi a Siderno in Calabria, nell’incontro nazionale promosso dal Centro Democratico, il piccolo partito di Bruno Tabacci allargatosi ora a Dellai, Oliviero etc. in un Gruppo parlamentare di 13 deputati, che vuole stimolare e proporre al governo ed alla maggioranza, ma soprattutto ai cittadini esasperati, una seria alternativa di profondo capovolgimento morale e progettuale alla giustificata tentazione della mera protesta distruttiva.

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