È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
IL PUDORE E LA GIUSTIZIA
14 Ago 2011 07:46
Narra il mito che quando gli dei decisero di creare la vita sulla terra lo fecero mescolando terra, fuoco e tutto ciò che si amalgama con terra e fuoco. Per consentire agli esseri viventi la sopravvivenza, gli dei ordinarono a Prometeo e a Epimeteo di dare con misura e distribuire in modo opportuno a ciascuno le facoltà naturali. Epimeteo chiese a Prometeo di poter fare da solo la distribuzione: “Dopo che avrò distribuito – disse – tu controllerai”. Così, persuaso Prometeo, iniziò a distribuire. Ad alcuni dava forza senza velocità, mentre donava velocità ai più deboli; alcuni forniva di armi, mentre per altri, privi di difese naturali, escogitava diversi espedienti per la sopravvivenza. Agli esseri di piccole dimensioni forniva una possibilità di fuga attraverso il volo o una dimora sotterranea; a quelli di grandi dimensioni, invece, assegnava proprio la grandezza come mezzo di salvezza. Procurò agli esseri viventi possibilità di fuga dalle reciproche minacce e poi escogitò per loro facili espedienti contro le intemperie stagionali. Per difenderli dal caldo e dal freddo li avvolse di peli e di pelli, sotto i piedi di alcuni mise gli zoccoli, sotto altri unghie e pelli dure e prive di sangue. Distribuì poi tra gli animali vari tipi di nutrimento, per alcuni erba, per altri frutti degli alberi, per altri radici. Per altri fece in modo che si nutrissero di altri animali: concesse loro scarsa prolificità, che diede invece in abbondanza alle loro prede, dando così un mezzo di sopravvivenza alla specie.
Ma Epimeteo aveva consumato tutte le facoltà disponibili donandole agli esseri privi di ragione: l’uomo era rimasto dunque senza mezzi, era nudo, scalzo, privo di giaciglio e di armi. Intanto era giunto il giorno fatale, in cui anche l’uomo doveva venire alla luce. Allora Prometeo, non sapendo quale altra soluzione adottare, rubò a Efesto e ad Atena la perizia tecnica, insieme al fuoco e li donò all’uomo. Con la tecnica gli uomini erano in grado di procurarsi il cibo, e inventarono case, vestiti, calzari, giacigli e l’agricoltura ma non di difendersi dagli animali, in quanto ancora vivevano sparsi per il territorio, senza alcuna organizzazione sociale. Cercarono allora di unirsi e di salvarsi costruendo città; ogni volta che stavano insieme, però, commettevano ingiustizie gli uni contro gli altri, non conoscendo ancora la politica; perciò, disperdendosi di nuovo, morivano. Zeus dunque, temendo che la specie umana si estinguesse del tutto, inviò Ermes per portare agli uomini aidos e giustizia, affinché fossero fondamenti dell’ordine delle città e vincoli d’amicizia. Aidos era la dea greca della vergogna, della modestia e dell’umiltà. L’aidos, come qualità, è quella sensazione di riverenza o di vergogna che trattiene gli uomini dal male (Un esempio di aidos è quella che può provare una persona ricca in presenza di poveri, soprattutto nel caso in cui la ricchezza del suddetto sia una questione di fortuna, più che di merito). Ermes chiese allora a Zeus in quale modo dovesse distribuire rispetto e giustizia agli uomini «A tutti – rispose Zeus – e tutti ne siano partecipi; infatti non esisterebbero città, se pochi fossero partecipi di rispetto e giustizia, come succede per le arti. Istituisci inoltre a nome mio una legge in base alla quale si uccida, come peste della città, chi non sia partecipe di rispetto e giustizia».
Gli uomini hanno bisogno della cultura e dell’organizzazione politica perché sono creature prive di doti naturali, come artigli, denti e corna, immediatamente funzionali ai loro bisogni. Tutti devono partecipare di queste due virtù “politiche”. Ma esse non sono connaturate all’uomo, bensì qualcosa di sopravvenuto, qualcosa che è stato trasmesso in maniera consapevole, e non semplicemente attribuito in un processo cieco: per questo è possibile, e doveroso, insegnare aidos e giustizia agli uomini, mentre non si insegna a un toro ad avere corna e zoccoli.
Le riflessioni su questo mito le lasciamo ai lettori.
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