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IL PERSONAGGIO FEMMINILE NELLA LETTERATURA ITALIANA DEL DUECENTO E DEL TRECENTO.
29 Ott 2014 09:35
La Letteratura Italiana è nata come la Venere del mito, già adulta e bella.
I suoi creatori avevano la padronanza della cultura classica, erano dei chierici, termine che nel Medio Evo indicava gli intellettuali e non solamente gli ecclesiastici.
Nella prima metà del Duecento, nella Sicilia di Federico II, la cui corte è stata definita una corte rinascimentale con due secoli di anticipo, la donna viene cantata idealizzandola secondo gli schemi dell’amor cortese : è di alto lignaggio, “ha blonda testa e claro viso”, come dice il notaio per antonomasia, Jacopo da Lentini., quindi ha i connotati della razza dei dominatori Normanni.
Ma non dimentichiamo quel gioiello dell’arte poetica che è il Contrasto di Cielo d’Alcamo.
Poeta del quale nulla sappiamo, Cielo o Ciullo è indubbiamente un uomo di cultura, che conosce gli schemi dell’amor cortese, ma li usa con ironia per rappresentare un personaggio femminile realistico, tipico dell’arte popolare (cioè destinata al popolo, non nata dal popolo),la donna, cioè, che dice di no per farsi desiderare di più, che sa quando capitolare, per rendere più dignitosa la sua capitolazione, che mente, sapendo di mentire, quando si dichiara scandalizzata, quando dice di essere di alto lignaggio, e sa di avere a che fare con un suo pari nel mentire, infatti cede, fingendo di credere al giuramento di condurla all’altare che lui fa sui vangeli “che porta in sino”(Quindi non si vedono, cioè non ci sono affatto, e così lui non è spergiuro).
Dante è famoso per aver creato il personaggio femminile più perfetto della Storia Letteraria Universale, Beatrice, ma non dimentichiamo le delicate e realistiche creature femminili di Francesca da Rimini ,Pia de’ Tolomei e Piccarda, sorelle in quanto vittime di violenza e in quanto creature deboli ,facili prede del peccato proprio e/o altrui, ma separate nel loro destino ultraterreno.
Non dimentichiamo il Dante delle Rime Petrose, la cui destinataria è oggetto di un amore tutt’altro che platonico, e appartiene a quel genere di donne che Boccaccio, nella novella di Nastagio degli Onesti condanna all’inferno, perchè suscitano la passione amorosa e non la corrispondono
Un genere di donne che ritroviamo nella letteratura di tutti tempi e anche in molti autori contemporanei.
Alla critica di ispirazione femminista non piace né la donna idealizzata, né la donna fatale, chiamiamola così, perché sono entrambi stereotipi non donne vere.
Giusto, ma la Letteratura ha il diritto di creare stereotipi?
Penso di sì, altrimenti saremmo privi di molte delle sue pagine più belle .
Ve la immaginate la produzione di Dante senza lo stereotipo di Beatrice? Lo liquideremmo in poche righe come un letterato che scrisse dei saggi in latino e qualche pagina in prosa o in poesia in volgare.
Invece Beatrice è la protagonista delle canzoni e dei sonetti della Vita Nova, fra i più belli nella storia della nostra Poesia, nella Divina Commedia è l’allegoria della Rivelazione, è la guida che conduce Dante attraverso i cieli e si defila solo quando il Poeta giunge alla presenza di Maria cui vengono rivolte queste parole:
“Vergine Madre Figlia del Tuo Figlio,
Umile e Alta più che creatura,
termine fisso d’Etterno Consiglio,
Tu sei Colei che l’umana natura
nobilitasti sì che il Suo Fattore
non disdegnò di farsi Sua fattura”
Nella Storia della nostra Salvezza l’Ideale coincide con il Reale, perché la Donna perfettissima, per il credente è veramente vissuta su questa terra in un tempo storico ben preciso, e vivrà sempre in Cielo.
Anche il Petrarca canta per tutta la sua vita un altro stereotipo femminile, Laura, una donna desiderata e mai avuta, una donna che “per fermo nacque in Paradiso”, e poche pagine più in là è uno strumento del Tentatore per farlo dannare.
Il Poeta , senza alcuna coerenza benedice e maledice alternativamente il giorno, il mese, l’anno in cui l’ha incontrata.
Ma anche il Canzoniere petrarchesco, come la Divina Commedia, si conclude con una stupenda preghiera a Maria:
“Vergine bella che di sol vestita,
coronata di stelle al Sommo Sole
piacesti sì che in Te Sua Luce ascose”
amor mi spinge a dir di Te parole;
ma non so ‘ncominciar senza tu’ aita
e di Colui ch’amando in Te si pose.”
Boccaccio dedica il suo Decamerone alle donne, augurandosi che esse traggano diletto dal suo novellare, dato che la loro vita è priva di distrazioni.
Le loro pene d’amore sono più gravose da sopportare di quelli degli uomini perché esse sono “ristrette da’ voleri, da’ piaceri, da’ comandamenti de’ padri, delle madri, de’ fratelli, de’ mariti, il più del tempo nel piccolo circuito delle loro camere racchiuse dimorano”.
Non sembra di leggere parole scritte da una femminista di fine Ottocento?
Tra le numerose protagoniste del Decamerone è bellissimo il personaggio di “Lisabetta da Messina”.Qui non c’è stereotipo Lisabetta, per la sua passione amorosa che la porta alla follia e alla morte, è reale, attuale, credibile.
In poco più di un secolo di produzione letteraria abbiamo rintracciato già molti dei personaggi femminili che ritroveremo nella Letteratura di tutti i tempi: la donna santa, o, nella sua trasposizione popolare, la santa donna, la peccatrice, l’infelice per amore, la donna fatale, la tentatrice.
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