IL KAZAKHSTAN PROIETTATO NEL FUTURO

Il nuovo Kazakhstan è iconograficamente Astana, la sua capitale. Nomen omen, come si direbbe in latino, ovvero per quanto non fortuito, un nome, un destino. Astana è stata definita un affascinante sogno urbanistico del XXI secolo. Una città ideale, un insediamento urbano ideato secondo un progetto urbanistico razionale, che segue un metodo scientifico nel cuore della Steppa.

Principale artefice della sua dimensione architettonica è stato il giapponese Kisho Kurokawa, mentre Sir Norman Foster, già autore del Palazzo della Pace e della Conciliazione di Astana, ha realizzato la gigantesca tenda, detta Khan Shatyr.

Un altro simbolo della città è la torre Bayterek, l’axis mundi, l’Albero cosmico del Kazakhstan, lo Zher kindigi, l’Ombelico della terra, dalla cui sommità si dominano le geometrie futuriste, quindi le ampie strade, unitamente a parchi in cui si possono ammirare le tradizionali yurte dei nomadi e gli immensi orizzonti che le fanno da cornice.

Insomma un modello unico di archeo-futurismo plastico, in quanto l’ipermodernismo delle strutture architettoniche è saldamente ancorato ai simboli della tradizione della steppa. Una città che ha mutuato il pragmatismo dalla cultura occidentale, mentre da quella orientale la sua essenza spirituale.

E proprio la steppa in Kazakhstan assume una dimensione trascendente e totalizzante di cui se ne può quasi afferrare l’essenza, lo spirito che permea tutte le prospettive, trasfigurandole. La dimensione dello spazio che si contrappone alla dimensione del tempo sintonizzandola con quella dell’eternità. Nella steppa, l’immensità dell’elemento uranico si disperde in quello tellurico, trasfigurandolo con il suo intenso monocromatismo ceruleo.  Cielo che è il riflesso della divinità uranica Täŋgri degli antichi Turchi, in seguito assimilata ad Allah, che si caratterizzava per gli attributi di üzä, alto, kök, ceruleo, möngkä, eterno e küč, potente.

Negli anni, il Kazakhstan ha saputo crescere socialmente economicamente e diplomaticamente, divenendo il Paese più stabile e prospero dell’Asia Centrale. Senza che questo gli impedisse di mantenere buoni rapporti con Washington e Pechino da un lato, ma anche con l’Unione europea e il partner moscovita dall’altro. Ciò ha fatto del Kazakhstan un raro fulcro di stabilità ed equilibrio in una regione in continua metamorfosi.

Modello di tolleranza e coesistenza fra i diversi gruppi etnici e religiosi, il Kazakhstan è un mosaico composto da più di 140 etnie che professano circa trenta diverse fedi religiose.

Tanto che tutti gli indicatori e gli osservatori internazionali riconoscono oggi nel Kazakhstan un paese che sta edificando istituzioni democratiche sempre più “aperte”, e con un alto grado di rispetto dei diritti umani e civili. Cosa che ha, peraltro, permesso ad Astana di assumere ruoli di crescente importanza per gli equilibri di tutta l’Asia Centrale, e di mantenersi sostanzialmente immune dai contagi dei fondamentalismi etnici e religiosi che tormentano il resto della regione.

Nel 2010 un determinante balzo in avanti dai risvolti fortemente emblematici, è stato l’assunzione della Presidenza di turno dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), principale organismo internazionale per la difesa di diritti umani. Una scelta fortemente simbolica che intende premiare le politiche linguistiche e religiose intraprese dal paese che promuovono il multilinguismo e il multi-confessionalismo.

Peraltro fino a metà 2011, ha assunto la presidenza della Shanghai Cooperation Organization (SCO).

Quindi la recente nascita dell’Unione Eurasiatica, i cui soci fondatori sono rispettivamente la Russia, il Kazakhstan e la Bielorussia, che rappresenta l’epilogo naturale della mutazione degli scenari geopolitici globali delineatisi a partire dalla caduta del Muro di Berlino fino ad oggi.

Nel 2017 Astana ospiterà anche l’EXPO dedicata al tema de “l’Energia del futuro”, che riflette in toto la direzione verso cui sta volgendo lo sguardo, la capitale di uno stato giovane e dinamico come il Kazakhstan. Sembrerebbe, infatti, un paradosso, anzi un ossimoro, immaginare che un Paese così ricco di risorse naturali, stia investendo nelle energie rinnovabili, ma un dato di fatto è che nel sud esistono già delle centrali operative per la produzione dell’idroenergia, di energia eolica e solare.  

Tant’è che sulla scorta del Forum il Presidente Nazarbayev ha varato un documento dal titolo: La Strategia del Kazakhstan per il 2050: “New Political Course of the State Established“, che rappresenta la proiezione, la piattaforma per un ulteriore impulso e dinamismo che Astana intende realizzare nel futuro dei prossimi 40 anni, i cui prodromi sono già un dato di fatto.

I capitoli riassumono l’essenza delle strategie del Kazakhstan, sia a livello nazionale che internazionale. Molti di questi sono indicativi e costituiscono l’esito di una proiezione algida e cristallina verso un futuro non immediato ma realisticamente ipotizzabile.

Fra i punti salienti vi sono innanzitutto gli standard di democratizzazione e di rispetto per i diritti umani, che avendo costituito la base del programma politico degli ultimi anni, procedono sinergicamente senza caduta dei livelli di attenzione.

Per quanto riguarda l’economia, in generale, il Paese intende fare leva sul ruolo proattivo del governo al fine di attirare capitali stranieri. Quindi, attuare una diversificazione dell’economia e un processo d’industrializzazione, finalizzati a renderlo, entro la fine del decennio, immune alle fluttuazioni globali dei prezzi delle merci.

In politica estera, la strategia è indirizzata a promuovere gli interessi nazionali e il rafforzamento della sicurezza regionale e globale.

Poi il focus sulle energie rinnovabili che testualmente recita:

“Tutti i Paesi sviluppati stanno sempre più investendo in tecnologie energetiche alternative e verdi. Le stime indicano che entro il 2050, il loro utilizzo contribuirà a generare fino al 50% di tutta l’energia consumata.

L’era dell’economia degli idrocarburi sta arrivando al suo traguardo. Ci troviamo di fronte all’inizio di una nuova era in cui le attività umane si basano non tanto sul petrolio e sul gas, bensì sulle fonti energetiche rinnovabili.

Un altro campo avveniristico nel quale il Kazakhstan possiede i numeri per divenire un laboratorio pro futuro è quello della ricerca sul digitale e sulle nanotecnologie, sulla robotica, sulla medicina rigenerativa e molti altri tipi di progresso scientifico. Ambiti, in generale, che a causa del crollo della ricerca tecnologica e per via della crisi economica europea e, in parte, mondiale, al di là dell’utilizzo bellico, costituiscono un settore sempre più marginalizzato.

Il Kazakhstan, in virtù delle sue risorse, potrebbe divenire un epicentro globale per lo sviluppo di questo tipo di attività dando slancio ad un impulso tecnico che di fatto, a ben vedere sembra bloccato agli anni ‘30. Artefice di una nuova rivoluzione scientifica capace di svincolarci dalla dipendenza dagli idrocarburi e alla tecnologia obsoleta che li attornia, a favore di nuovi principi in simbiosi con la natura umana.

Un altro passo particolarmente significativo è, tuttavia, inerente ad uno dei fiori all’occhiello della politica attuale del Kazakhstan. La dichiarazione sul dialogo interreligioso, interetnico e interculturale.

Partendo dalla constatazione che il Kazakhstan, malgrado le assonanze evocate dal nome stesso, è veramente un Paese laico e plurireligioso al contempo.

Un ulteriore punto trattato, che non può che gratificare la sensibilità dell’Occidente è quello inerente al ruolo della donna e nel documento è scritto:

“Una ragazza, una donna ha sempre da essere un membro alla pari della nostra società, e una madre è la figura più rispettata della nostra società. Dobbiamo ricambiare il nostro rispetto incondizionato verso la donna, la madre, la moglie e la figlia”.

Un’asserzione non avventizia o estemporanea rispetto alla cultura kazaka, bensì che riflette una dimensione assiologica appartenente alla civiltà nomade.

Infine, conclude: “Non dobbiamo dimenticare che saremmo in grado di rispondere adeguatamente alle sfide del tempo solo preservando il nostro codice culturale: la lingua, la spiritualità, le tradizioni ed i valori”.

Il Kazakhstan, oggi, rappresenta un paradigma globale che si staglia sullo sfondo di una multipolarità degli equilibri globali. E quanto detto finora dimostra il suo approccio, la sua inclinazione verso un universalismo, culturale, religioso, scientifico, ma anche in un senso più lato, inclusivista.

Un Kazakhstan ancorato alle sue tradizioni, ma allo stesso tempo ad una sintesi fra atavismo e modernità, spiritualità orientale e tecnica occidentale.

Un modello di civiltà aperta alla diversità, in grado di includerla nel rispetto della tradizione e della tolleranza senza cedere a facili ed estemporanei sincretismi.

 

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