EVVIVA LE POSTE ITALIANE!

Sembra topico, surSeale, onirico e irrazionale, eppure, dopo anni di esperienze e vite itineranti, l’unico aspetto similare che si coglie, nelle smaniose differenze regionali della nostra penisola, riguarda proprio le Poste Italiane.

Ovunque ti trovi, da Bressanone a Filicudi, passando per Gioia Tauro, ti sarà capitato di incappare in una posta. Spedire un telegramma, un pacco o pagare una bolletta sono azioni di ordinaria fattualità.

Azioni facili, più o meno veloci, ormai computerizzate e assolte quotidianamente, diventano motivo di dispute feroci, di accensione degli animi più mansueti perché, or signori, chi non si snerverebbe a fare due ore di fila per sentirsi dire, appena giunto allo sportello, che hanno finito i bollettini necessari per ottemperare la richiesta.

Perché a Genova, a Ragusa, nella remota Calabria, ma anche in Veneto, se chiedi di spedire un pacco nessuno ti informa, come dovere d’ufficio comanda, che esiste l’opzione “pacco ordinario” per cui fino a 20 kg li paghi 9 euro?

Giammai, l’unica opzione che i nostri commessi postali conoscono, o fingono di conoscere al pubblico, prevede una spesa superiore ai 15 euro, e se ti azzardi a chiedere “ma io vorrei spedire in ordinario” quasi si offendono, se non si alterano.

La consuetudine non cambia in nessuna delle regioni italiche. E, specifico, non si tratta di dicerie e delle solite vuote lamentele. Si tratta, piuttosto, di esperienze vissute e confronti avvenuti con altrettanti sventurati.

Per citare qualche esempio, giusto stamane, in un piccolo ufficio postale di Genova, ci siamo ritrovati una siciliana, un signore di mezza età campano, una studentessa calabrese e un ragazzo cinese reduce da spostamenti in varie parti d’Italia, tutti a lamentarci dei dispotismi attuati e tutti a renderci conto che le medesime tirannie avvengono consuetudinariamente anche nelle rispettive città. Usciamo dalla posta e incontro un altro ragazzo, preso da una sorta di smania schizzofrenica da endorfine liberate per la rabbia. Anche lui reduce da un giro di tre diversi uffici postali e da altrettante liti per eseguire un’operazione elementare che ha, poi, provveduto a fare in un tabacchi pagando solo la differenza di 1 euro.

Le coincidenze di stamane mi hanno incuriosito al punto tale che ho provveduto a fare un giro di telefonate tra i vari amici sparsi per l’Italia. ebbene, nulla è cambiato nella caricatura descritta.

Si, perché, caro Giovanni Ialongo, presidente delle Poste Italiane, e caro Massimo Sarmi, amministrato delegato puri elogiato, a quanto pare nelle vostre 132 filiali e 14 mila uffici postali non si rintraccia differenza alcuna nel servizio reso ai vostri clienti, che si sentono solo presi in giro, trattati con sufficienza irritante e perbenismo fasullo.

Evidentemente, la trasformazione in Amministrazione autonoma, avvenuta con la legge 71 del 1994, non ha portato così tanti sostanziali benefici. Agli inizi degli anni ’90, quando venne varato la legge, il servizio postale italiano era considerato irrecuperabile per efficienza e redditività. Il disavanzo di bilancio era endemico come l’aumento dei costi del personale. La produttività si era ridotta a discapito dei servizi erogati.

Nel 2000 si è creato il consorzio con SDA Express Courier per la logistica dei pacchi e lo smistamento sul territorio nazionale, seppur le Poste, non essendo completamente private come la SDA, restano tenute a erogare il, così detto, “servizio universale”, ovvero sono costrette a fornire alcuni servizi essenziali per la consegna di pacchi e lettere a prezzi controllati, e con la legge 73 del 2010 la società è posta sotto il controllo del Ministero dello Sviluppo Economico, già Ministero delle Comunicazioni.

Insomma, sulla carta un controllo è previsto e dovrebbe essere attuato, nella praticità delle cose purtroppo tale controllo si perde o, più probabilmente, si chiude un occhio per guadagnare un po’ di più, a scapito, come sempre, dei clienti.

Non si palesano troppe alternative, se non quelle di avanzare, sempre e comunque, le proprie lamentele. Ma non prendetevela con l’impiegato al banco, per quanto non assolva propriamente a pieno i suoi doveri di informazione, non ha molte possibilità di cambiare le cose. Piuttosto, tartassate di mail, lettere e quant’altro chi dovrebbe fare in modo che il servizio funzioni.

 

 

                                                        

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