EDUCAZIONE ALLA INTERCULTURALITA’

Quale miglior metodo da trasmettere ai bambini per educarli all’interculturalità se non il gioco?

Il miglior modo di imparare i giochi è quello di giocarli perché attraverso il gioco è possibile sperimentare modalità diverse e alternative di vita.

Il gioco consente di ribaltare gli schemi culturali vigenti attraverso la fantasia e la creatività dei bambini. Diceva Munari: “la semplicità è rivoluzionaria” e i bambini del Terzo Mondo si cimentano a utilizzare materiali grezzi proprio perché sono gli unici strumenti a loro a disposizione; e i bambini dei Paesi Ricchi rimangono incuriositi proprio perché non ci sono abituati.

Il discorso interculturale deve tener conto delle pluralità delle intelligenze.

Cos’ è il gioco se non esperienza umana specifica, se non autoconoscenza. E’ una dimensione fondamentale che fornisce un’opportunità di esperienze tra l’uomo e il bambino. E’ una scoperta del mondo entrare in relazione col proprio ambiente, con gli oggetti, con le persone che lo popolano.

Se pensiamo ai giochi degli indigeni Gahuku-Gama della Nuova Guinea riscontriamo sicuramente il gioco simile al nostro come il calcio: una palla molto rudimentale che fa fatica a rimbalzare ma efficace per lanciarla a debita distanza.

Se l’intercultura è l’insieme dei processi generati dalle interazioni fra culture diverse in un rapporto di scambio tra loro, nella prospettiva di arricchire appunto la propria cultura di riferimento deve assolutamente garantire quel diritto alla differenza.

Educare all’interculturalità vuol dire educare ad una predisposizione alla curiosità verso l’altro e al dialogo, a imparare ad andare verso l’altro, a capire come l’altro vede le cose, come le vive. Saper ascoltare senza pregiudizi, al rispetto verso una curiosità sana e soprattutto di scambio. L’altro non è una cosa da studiare in un laboratorio. Così facendo si rischia di non allontanarsi dai pregiudizi altresì risulta essere fondamentale imparare ad interessarsi all’altro in quanto persona come noi anche se diversa sotto alcuni aspetti.

Nell’interpretazione dei giochi realizziamo che, tipologie di gioco come quelli del “mascheramento”e di “competizione” sono condivise da tutte le culture del mondo, legate alle tradizioni popolari ma anche al luogo in cui si gioca o si vive.

L’uso dell’immaginazione nell’educazione interculturale è vitale perché è l’unico modo di uscire dalla catalogazione e dagli stereotipi.

Il linguista e antropologo algerino Mouloud Mammeri scrittore e padre spirituale della rivendicazione berbera va fuori dagli schemi d’identità imposti dal potere politico in Algeria. Il suo essere aperto a tutte le culture del mondo, andando in giro per il mondo a fare conferenze lo portò ad essere criticato dagli estremisti berberi che non accettavano il fatto che lui andasse a dialogare con altre culture invece di promuovere esclusivamente la sua cultura berbera parlando solo la lingua berbera.

Mammari risponde con una frase bellissima: “E’ possibile che i ghetti rassicurino ma è sicuro che siano fonte di sterilità…solo chi come me ha interiorizzato la sua cultura d’origine può affrontare il mondo senza paura”.

Questa frase ricorda una canzone folk americana “show me the place where I don’t have to worry” (mostrami il luogo dove io non devo preoccuparmi). Un posto dove non si deve aver paura e dove non è importante se si sbaglia perché questo è il mondo del gioco.

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