Covid: “Contrastare l’infodemia”, ovvero la falsa circolazione di notizie. I consigli della Pastorale della Salute

Il Covid-19 ci ha cambiato la vita, ha causato parecchi decessi e non indifferenti danni economici, molti dei quali, spesso, sono stati causati e vengono causati dall’infodemia sul tema. Ma cosa è l’infodemia? A chiarirlo il direttore dell’ufficio diocesano per la Pastorale della salute di Ragusa, don Giorgio Occhipinti, assieme a Giuseppe Occhipinti, operatore sanitario, componente della Pastorale della salute.

“Nell’enciclopedia Treccani, a proposito di infodemia – spiegano i due – si legge: “Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili”. Caratteristica di ogni infodemia è che sfocia nel complottismo, il quale porterà ad assumere comportamenti sbagliati che porteranno ad un aumento dei contagi e talune volte sfocerà nella cattiveria. Come possiamo rispondere ai negazionisti? Ovvero coloro che, sistematicamente negano la gravità della situazione?

Che ripetono che il Covid-19 sia poco più di un’influenza? Come possiamo contrastare le false notizie? I fatti non provati che si diffondono alla velocità della luce grazie ai social network? E ancora, come rispondere alle accuse a medici, infermieri e agli operatori professionisti? Nei social network si legge sempre con più frequenza “hanno sbagliato protocolli”, come se una malattia del tutto nuova fosse comparsa con il suo manuale di istruzioni per poterla curare e assistere al meglio le persone che ne erano affette. La soluzione più efficace, secondo noi, è culturale. Diffondere una cultura, cultura solida, soprattutto per quanto riguarda i social network.

La cultura e la competenza sull’attendibilità e la validità di una fonte sono essenziali, ma questa soluzione richiede molto tempo. Una soluzione di immediata applicazione e di duratura efficacia esiste: la comunicazione e la comunicazione scientifica in particolare, devono essere condotte in modo empatico e diversificato. Lo stile deve essere costantemente calibrato a seconda del contesto e dei fruitori. Una comunicazione scientifica non può e non deve arrivare agli utenti dei social senza adeguata traduzione. Se non si corre ai ripari, curando la comunicazione, le conseguenze possono essere molto preoccupanti.

Infatti, oltre ai danni che per sua natura provoca la malattia da coronavirus potremmo, a causa dell’infodemia, vedere un numero spropositato aumentato di casi, che potrebbe mettere in crisi la risposta delle strutture sanitarie. Professionisti della sanità, associazioni professionali, ordini e sindacati e noi della Pastorale della Salute, abbiamo il dovere di comunicare, di condividere nei social network in modo adeguato, corretto e competente, affinché noi non rischiamo di essere soggetti attivi dell’infodemia e quindi complicare la già delicata situazione sanitaria”.

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