L’ASP di Ragusa rende noto che, a conclusione della selezione pubblica per titoli e colloquio, è stato conferito al dottore Luciano Carnazza l’incarico di Direttore della U.O.C. Distretto 1 di Ragusa, con durata quinquennale. Il Distretto rappresenta uno snodo essenziale per l’organizzazione dell’assistenza territoriale, in particolare nel quadro delineato dal Decreto Ministeriale n.77/2022, che definisce […]
Abusi nella Chiesa: il vescovo modicano, Gisana, accusato di menzogne in aula
27 Mag 2025 06:15
«Non accetto prediche da chi copre un abuso». È il grido che si è levato forte dai cittadini radunati davanti al tribunale di Enna. Un messaggio rivolto a Rosario Gisana, vescovo della diocesi di Piazza Armerina, originario di Modica, oggi al centro di un’inchiesta che sta incrinando il già delicato rapporto tra la Chiesa e le vittime di abusi.
Il prelato, stimato teologo e per anni volto del cattolicesimo più rigoroso della Sicilia interna, è stato citato a giudizio con l’accusa di aver reso falsa testimonianza durante il processo a carico di don Giuseppe Rugolo, sacerdote condannato a quattro anni e mezzo per abusi su un minore. L’accusa è pesante, come la responsabilità morale e civile che grava sulle sue spalle.
Una Chiesa in silenzio e una comunità che chiede verità
Ieri, nel giorno in cui si è aperto il nuovo procedimento penale, Gisana non si è presentato in aula. «È impegnato alla Conferenza Episcopale», ha fatto sapere il suo avvocato. Ma la sua assenza pesa. In aula, invece, c’era Antonio Messina, il giovane che ha avuto il coraggio di denunciare anni di silenzi e sofferenze. «Tornare qui è dura, ma necessario – ha dichiarato – perché a quanto pare quanto accaduto non è bastato per indurre la Chiesa a rimuovere chi ha taciuto».
Con Gisana è imputato anche il suo vicario, monsignor Vincenzo Murgano. Entrambi devono rispondere della stessa accusa: aver mentito sotto giuramento. La richiesta di costituirsi parte civile è stata avanzata da Antonio Messina, dai suoi genitori e dall’associazione “Rete l’Abuso”. Ma si dovrà attendere: la giudice Maria Rosaria Santoni si è astenuta per precedente coinvolgimento nel caso Rugolo, rinviando tutto alla prossima udienza, fissata per il 29 ottobre.
I nodi della vicenda: le incongruenze e il “sistema” denunciato
L’atto d’accusa della procura di Enna è frutto di un lungo e minuzioso lavoro istruttorio. A inchiodare il vescovo, secondo i magistrati, sono le contraddizioni tra le sue dichiarazioni ufficiali e le intercettazioni telefoniche. A partire da quando, nel gennaio 2021, dichiarò di non conoscere altre vittime di Rugolo. Ma pochi mesi dopo, messo davanti a nuove prove, ammise un incontro – anzi, tre – con una seconda vittima, avvenuti non solo in confessionale (dove vale il segreto sacramentale), ma anche nei locali della Curia, dove il riserbo ecclesiastico non può essere invocato.
Emerge così un reticolo di omissioni, di silenzi strategici, che secondo la parte civile configureranno un “sistema di coperture” interno alla diocesi. Non si tratterebbe, quindi, solo di una negligenza, ma di un meccanismo volto a proteggere l’istituzione ecclesiastica, anche a costo di sacrificare la verità.
La voce della piazza e il peso del silenzio
Fuori dal tribunale, ad attendere l’esito della prima udienza, un comitato di cittadini porta avanti da mesi una mobilitazione sotto il nome eloquente: “Non accetto prediche da chi copre un abuso”. Un presidio silenzioso ma determinato, che chiede non solo giustizia, ma una presa di posizione netta da parte della Chiesa. Una risposta che finora non è arrivata: dal 13 dicembre scorso, quando l’inchiesta per falsa testimonianza fu resa pubblica, né Gisana né Murgano hanno proferito parola. Solo una nota, affidata al direttore dell’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, don Carmelo Cosenza: “Entrambi sono sereni e fiduciosi nella magistratura”.
Ma quella serenità stride con il disagio crescente nelle comunità di Enna e Piazza Armerina. E il silenzio istituzionale – persino della Conferenza Episcopale – rischia di trasformarsi in un boomerang reputazionale devastante.
Un figlio di Modica al bivio della sua carriera ecclesiastica
Rosario Gisana non è un vescovo qualunque. Nato a Modica, è cresciuto in una terra dove la religione non è solo fede, ma anche cultura e identità. Il suo percorso è stato segnato da studi approfonditi, da un’intransigenza teologica che lo ha reso figura autorevole nei circoli ecclesiastici siciliani. Ma oggi, il figlio illustre della Contea si trova in bilico: tra la fedeltà all’istituzione e la verità dovuta alle vittime.
Il rischio, per lui e per la Chiesa intera, è quello di non aver compreso che la difesa dell’onorabilità passa dalla trasparenza, non dalla reticenza. E mentre le indagini e il processo seguiranno il loro corso, a Modica come a Enna cresce l’attesa – e l’inquietudine – per ciò che questa vicenda rappresenta: un crocevia morale, prima ancora che giudiziario.
© Riproduzione riservata
Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it