È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
ZOOTECNIA DA CARNE DELL’ALTOPIANO IBLEO VERSO LA SICUREZZA ALIMENTARE
17 Ago 2010 21:10
L’allevamento zootecnico nel Mezzogiorno d’Italia, pur presentando un’importanza limitata rispetto a quella che caratterizza le regioni del Centro Nord, riveste in talune aree un peso rilevante in termini di redditi e di occupazione. Tra le aree meridionali quella dell’altopiano ibleo costituisce sicuramente una delle più importanti, specialmente per effetto del gran numero di imprese specializzate e per l’elevato livello tecnologico ormai raggiunto dagli allevamenti locali. L’allevamento bovino viene, infatti, realizzato nel ragusano su pascoli di ottima qualità, per i quali spesso non esistono impieghi alternativi, prestandosi quindi a valorizzare risorse che altrimenti avrebbero difficoltà ad essere proficuamente utilizzate. In questo contesto la zootecnia da carne, sebbene abbia un’importanza secondaria rispetto a quella da latte, rappresenta sempre una delle principali componenti del panorama agroalimentare locale. Ciò assume maggiore rilevanza se si considera che l’Italia ha una percentuale di auto approvvigionamento ormai scesa al 30% e deve ricorrere all’introduzione massiccia dall’estero di vitelli da ristallo e di carni macellate. Se a questo aggiungiamo la grave crisi della BSE e della lingua blu, che hanno messo in risalto problemi e difficoltà del sistema zootecnico dell’intero paese, appare evidente come sia ormai improrogabile una riorganizzazione del settore zootecnico. Tali vicende, che hanno provocato e continuano a provocare gravi danni al settore, allo stesso tempo hanno fatto emergere molte opportunità sia per le singole aziende che per l’intero settore. Infatti, se è vero che la specializzazione è, in certi territori, un dato caratterizzante, è altrettanto vero che proprio la crisi della BSE ha messo in evidenza nessi e collegamenti, soprattutto sul versante delle tipologie produttive cosiddette intensive. Questi eventi devono farci comprendere che accanto ai processi di concentrazione e specializzazione, in atto da tempo, occorre sviluppare le competitivita delle aziende e del sistema non più verso l’aumento delle produzioni, ma piuttosto verso la diversificazione, l’innovazione e la qualità delle produzioni. Dall’emergenza BSE al rilancio della zootecnia: è questo l’impegno che tutti gli operatori del settore e gli organi pubblici preposti devono assumersi. Gli obiettivi principali da perseguire sono: 1) la qualità dell’impresa dell’allevamento; 2) la salute del consumatore. Il piano per raggiungere tali obiettivi deve articolarsi su tré linee d’azione così riassumibili: 1) miglioramento della qualità; 2) tracciabilità e certificazione delle produzioni; 3) promozione e valorizzazione delle produzioni.
Miglioramento della qualità In riferimento al primo punto (miglioramento della qualità) si può lavorare sulla conduzione dell’allevamento e sull’alimentazione. Le imprese zootecniche dell’altopiano ragusano devono puntare sullo sfruttamento dei pascoli e sulle produzioni foraggere, in alternativa alle farine e ai mangimi a base di soia transgenica. Del resto la contrazione delle colture cerealicole nell’altopiano e l’abbandono delle terre marginali ricadenti sia nella zona montana che nella fascia che degrada verso il mare ha lasciato ampie superfici utilizzabili per il pascolo e per la produzione di foraggi. Una simile scelta ha un’importanza strategica fondamentale sia per il limitato costo di produzione dei foraggi sia per garantire una corretta gestione del suolo e un arricchimento della fertilità del terreno.
Tracciabilità e certificazione delle produzioni La recente crisi della “mucca pazza” che ha non solo determinato un brusco sbilanciamento dei consumi a favore delle carni bianche, ma ha anche portato a un ridimensionamento complessivo degli acquisti di carne ha fatto crescere un forte interesse – che trova consenso anche presso le grandi catene distributive – per le carni prodotte secondo disciplinari di produzione e capaci di assicurare la rintracciabilità del prodotto. Estremamente importante risulta, quindi, promuovere un “sistema innovativo di identificazione, registrazione e rintracciabilità degli ammali per la garanzia della sicurezza alimentare” avente come attività l’applicazione di tecnologie innovative nel campo dell’identificazione e rintracciabilità lungo la filiera alimentare ed alla misurazione degli effetti indotti dall’impiego di dette tecnologie. In pratica ciò è ottenibile mediante la: • predisposizione di sistemi di marcatura elettronica dei bovini; • predisposizione e diffusione di sistemi di lettura dei codici di marcatura elettronici; • applicazione delle tecnologie innovative negli stabilimenti di macellazione; • sviluppo di tecnologie per l’accesso alle informazioni sanitarie sulla carne consumata da parte dell’utenza); • allineamento dei dati presenti sulla Banca Dati Nazionale; • gestione dei sistemi Banca Dati Regionale e Banca Dati Nazionale e dei servizi annessi; • formazione degli operatori specializzati nelle attività di filiera.
Promozione e valorizzazione La carne anonima d’importazione, preferita dalla grande distribuzione organizzata anche per ovvie convenienze di prezzo, è il principale nemico delle nostre produzioni. Per invertire questa tendenza e impedire che la distribuzione “faccia la spesa all’estero” bisogna mettere in atto politiche e interventi atti a rendere la carne di qualità individuabile e visibile ai consumatori. Si può agire uniformando le razze da allevare, estensivizzando e uniformando i metodi di allevamento e soprattutto creando un marchio comune che permetta di identificare le carni prodotte nei pascoli dell’altopiano ibleo. Gli sforzi da intraprendersi devono essere diretti verso un serio sostegno dell’immagine del prodotto dell’altopiano ibleo, con: una decisa ed efficace politica dei marchi; una diffusa campagna di sensibilizzazione; una diffusa educazione alimentare. La creazione e la gestione delle produzioni dop e/o igp da sviluppare in rapporto ad un consorzio di tutela e agli enti di certificazione costituiscono una strada obbligata e indispensabile da percorrere per ridare vitalità alla zootecnia da carne dell’altopiano ibleo. Pertanto, personalmente come agronomo e funzionario dell’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste, nonché come vice sindaco, in rappresentanza del Comune di Ragusa, mi prodigherò affinché il Comune di Ragusa attenzioni queste problematiche e si faccia promotore della formazione e del coordinamento di un’associazione di produttori atta alla creazione di un marchio dop o igp e del conseguente consorzio di tutela. Ci faremo, inoltre, di attivare le procedure necessarie per l’adesione del Comune alle iniziative atte a introdurre i sistemi di tracciabilità e rintracciabilità per la garanzia della sicurezza alimentare.
Aspetti sanitari
BSE (morbo della Mucca Pazza) Siamo usciti da una situazione di profonda crisi e di allarmismo generalizzato che hanno coinvolto anche la Provincia di Ragusa: infatti tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002 si registrarono 3 casi di malattia. Il lavoro per fronteggiare l’emergenza BSE è stato comunque notevole …alcuni numeri… sono state direttamente coinvolte n. 8 aziende di cui 3 sede dei focolai principali e 5 detentrici di bovini acquistati nelle aziende focolaio ; sono stati effettuati, nelle 8 aziende interessate, più di 200 atti di vigilanza dal momento dell’ accertamento della positività alla data di abbattimento dei capi a rischio di BSE; Sono stati sequestrati e distrutti più di 112.000 litri di latte; sono stati sequestrati, abbattuti e distrutti 353 bovini sono stati sequestrati, abbattuti e distrutti n. 10 ovicaprini detenuti nelle stesse aziende sede di focolaio; sono state sequestrate e distratte le carni di n. 13 carcasse animali appartenenti a bovini positivi, a bovini già macellati provenienti dalle aziende focolaio e a bovini che lungo la catena di macellazione sono stati esposti a rischio di contaminazione; sono stati spesi più di €. 95.000 per dare attuazione a tutte le prescrizioni, ispirate alla massima severità, contenute nelle Ordinanze sindacali propedeutiche alla estinzione dei focolai (trasporto e distruzione latte, trasporto e distruzione delle carcasse, disinfezioni ecc) sono stati spesi più di € 530.000 per l’indennizzo desii allevatori cui sono stati abbattuti i capi L’attenzione è stata alta …e i controlli su animali e alimenti sono stati sistematici (a differenza di altri Paesi come la Gran Bretagna da cui la malattia è partita) … per cui oggi si può affermare che la situazione si è normalizzata e soprattutto il consumatore ha riacquistato la fiducia nella carne bovina.
LINGUA BLU La Febbre catarrale degli ovini, malattia esotica conosciuta anche come Blue Tongue (Lingua Blu), è penetrata in Italia e l’Unione Europea ha imposto il divieto di commercializzazione delle specie sensibili (bovini ed ovicaprini) provenienti dalle regioni colpite .L’agente patogeno è un virus trasmesso da insetti del genere culicoides. La malattia colpisce gli ovicaprini ma i bovini funzionano da portatori sani in grado, quindi di infettare altri insetti per molto tempo. Le disposizioni ministeriali si basano su due azioni principali: – vaccinazione degli animali sensibili (ovini e bovini) -limitazione dei movimenti degli ammali (in pratica gli animali possono uscire dalla Provincia e essere spostati all’interno della Regione solo per macello; per allevamento non possono uscire al di fuori della zona di protezione: la provincia di Ragusa è interessata con tutti i Comuni tranne Acate).
Per quanto riguarda le vaccinazioni la situazione è la seguente: C’è stata una prima campagna di vaccinazioni che ha incontrato la ritrosia degli allevatori pur essendo a totale carico del Servizio Sanitario Nazionale: – si devono vaccinare i bovini che però non presentano alcun sintomo (essendo portatori sani): ci sono stati allarmismi per delle morti sospette che sono state attribuite ai vaccini (c’è stato anche l’intervento di “Striscia la Notizia”). A tal proposito il Ministro della salute con decreto 6 Marzo 2003 ha nominato una Commissione d’Inchiesta, formata dai massimi esperti italiani del settore che ha da pochi giorni concluso i lavori affermando che non esiste nessun rischio nella vaccinazione degli animali.
Gli allevatori sono comunque restii e il problema è diventato politico.
E la vaccinazione, purtroppo, si deve anche rifare perché, mentre prima del virus (che ha molte varianti) erano presenti solo i sierotipi 2 e 9, oggi sono stati trovati anche i sierotipi 4 e 6!
Aldilà di ogni polemica e ogni giustificabile preoccupazione, per disposizione ministeriale (che segue la linea comunitaria) la situazione non si sblocca perché non si riesce a completare le campagne di vaccinazione sia per gli ovini che per i bovini.
Lotta alla tubercolosi, brucellosi e leucosi
L’attività svolta dal Servizio Veterinario (Servizio di Sanità Animale dell’AUSL 7 di Ragusa) nell’anno 2002 ha prodotto l’importante risultato di ridurre il numero di focolai di ciascuna malattia rispetto a quelli rilevati alla data del 31/12/2001. In definitiva. i controlli e i piani di lotta alle malattie degli animali da allevamento assieme alla professionalità e al senso di responsabilità che da sempre ha caratterizzato i nostri allevatori, ci consentono di stare tranquilli sugli aspetti sanitari desii alimenti di origine animale: non solo la carne, quindi, ma anche latte e formaggi. Da questa base. necessaria e indispensabile, può partire poi l’azione di promozione e valorizzazione. Questa azione viene individuata in varie sfaccettature che vanno dalla istituzione di marchi, alle politiche di sostegno della promozione e della commercializzazione. Certificazioni di qualità: si auspica l’istituzione di una Pop per le carni iblee, che certamente potrà rappresentare, assieme al relativo consorzio di tutela, un importante strumento di controllo e valorizzazione della qualità. La strategia politica dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana, però, punta ancora più in alto: oltre, naturalmente al sostegno alla ricerca e all’assistenza tecnica (quest’ultima espletata con le Sezioni Operative), ci si sta indirizzando verso la certificazione globale del sistema agroalimentare siciliano con l’adozione di un marchio regionale. Il sistema dei marchi DOP, IGP, STG (che vanno ricondotti al Reg. 2081/92) prevede che l’azienda possa certificare il prodotto anche senza aderire al consorzio e questo rappresenta un punto di debolezza del sistema, così come la litigiosità che spesso caratterizza i consorzi e non consente a questi enti di gestire con padronanza il percorso di certificazione. La certificazione dovrà prevedere una diversificazione dell’approccio: dall’analisi degli agenti contaminanti si passa all’analisi dei nutrienti, la qualità del prodotto è data. quindi non solo dalla sanità, intesa come assenza di agenti e sostanze nocive, ma anche e soprattutto da altre caratteristiche: – qualità organolettiche da certificare con l’Analisi sensoriale (panel test) -valore nutrizionale anche in relazione all’ambiente e alla tecnica di produzione Ecco, quindi che le azioni di promozione saranno volte a far conoscere al consumatore innanzi tutto questi elementi qualitativi legati all’ambiente di produzione che vuoi dire caratteristiche pedoclimatiche e conservazione delle tradizionali tecniche di allevamento basate sul pascolo e sulla alimentazione con essenze foraggere locali. Il consumatore va, dunque informato, anche dell’aspetto economico: deve sapere che un prodotto di qualità ha un determinato costo, e quando i prezzi sono troppo bassi vuoi dire che c’è qualcosa che non va. Il consumatore va anche educato, già nelle scuole si deve svolgere una continua azione di educazione alimentare. La Regione lo sta facendo con dei corsi che integrano l’offerta formativa delle nostre Scuole. Non possiamo pensare certamente di competere con altri Paesi emergenti o Paesi con agricoltura industrializzata sul piano dei prezzi, dobbiamo farlo puntando sulla qualità facendo accettare il concetto che la qualità a buon mercato, per certi prodotti, quando non è truffa spesso è un’utopia. Naturalmente va informato ed “educato” anche il consumatore che si trova all’estero, il quale vuole comunque essere garantito. Per concludere possiamo ribadire che il concetto di sicurezza alimentare deve essere inteso nel suo significato più ampio: certezza e garanzia della sanità del prodotto certezza e garanzia dell’origine certezza e garanzia sull’adozione di determinate tecniche produttive certezza e garanzia del valore nutrizionale certezza e garanzia delle qualità organolettiche. (Paolo Pellegrino)
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