Tunisino allontanato dalla famiglia perché minacciava di morte la figlia, contraria ad un matrimonio combinato in Tunisia

Forse gli ultimi drammatici episodi accaduti in Italia, nei quali si era narrato di genitori che pretendevano che le loro figlie non frequentassero o sposassero cittadini italiani, avevano suggestionato un tunisino di 44 anni, padre di più bambini, il quale aveva minacciato la figlia di 16 anni che se non fosse andata in Tunisia a sposarsi con un ragazzo a lui confacente, la avrebbe eliminata.

Le indagini scaturivano allorquando l’uomo denunciava presso gli uffici di Polizia di Comiso l’allontanamento da casa della figlia minore, di 16 anni, probabilmente a causa di un litigio scaturito con la madre per futili motivi.

Le ricerche effettuate la stessa sera e protrattesi per la notte non davano alcun esito, ma l’indomani mattino gli agenti di Polizia rintracciavano la ragazza che si stava regolarmente recando a scuola con una amica; si accertava che era l’amica presso la quale aveva anche trascorso la notte senza dare notizia i genitori.

La fuga non veniva sottovalutata e iniziavano gli accertamenti volti a ricostruire l’accaduto; sentendo tra l’altro anche i professori della ragazza, si veniva a sapere che da un po di tempo la stessa aveva problemi in casa perché manifestava la sua riluttanza a fidanzarsi con un ragazzo tunisino di 23 anni, benestante, di conoscenza del padre e residente in Tunisia.

Sentita anche la mamma, riferiva che nella giornata precedente, mentre cercava alcuni oggetti nello zaino della figlia trovava un pacchetto di sigarette, tale scoperta la faceva inalberare giungendo a rimproverare la figlia e dicendole che avrebbe raccontato il tutto al padre al suo rientro dal lavoro.

Per tali motivi la ragazza impaurita, già per gli screzi relativi al matrimonio e viste le convinzioni religiose del padre volte al divieto alle donne di fare uso di sigarette, aveva deciso di andarsene da casa.

La giovane sentita anche con l’ausilio di una psicologa dell’*”associazione gruppo D più che gestisce il centro antiviolenza donne di Comiso”*, raccontava di essere impaurita dal comportamento che il padre assume nei suoi confronti e nei confronti della madre; considerate le informazioni acquisite e d’accordo con il Tribunale per i minorenni di Catania, non ritenendosi opportuno che la ragazza fosse riportata a casa, in attesa delle determinazioni dell’AG nei confronti dell’uomo, la stessa veniva affidata temporaneamente ad una famiglia di Comiso.

Nel contempo proseguivano le indagini che coinvolgevano anche personale della Squadra Mobile della Questura di Ragusa esperto nel settore di ausilio ai minori, e si accertava che i comportamenti del padre prefiguravano dei veri e propri abituali maltrattamenti in famiglia, sia verbali che fisicamente aggressivi, oppressivi e mortificanti.

L’atteggiamento dell’uomo era però sino a quel momento rimasto confinato nelle mura domestiche poiché, sia la ragazza, ma soprattutto la mamma, non avevano mai avuto il coraggio di segnalare quanto accedeva non essendo a conoscenza della possibilità di aiuto che poteva essere loro fornito.

L’uomo, infatti, dilapidava le risorse economiche stornandole dal fabbisogno familiare per spenderle in larga parte nel vizio del gioco oltre che del bere; spesso prendeva utensili e piatti fracassandoli sul pavimento per intimorire le donne. Aveva inoltre preteso che la coniuge e la figlia abbandonassero i costumi e modi tipici degli occidentali per vivere da veri musulmani e addirittura aveva preteso che la figlia soggiacesse al matrimonio combinato con il giovane tunisino a lei sconosciuto e non frequentasse più la scuola.

La situazione che maggiormente faceva preoccupare e accelerare le attività investigative riguardava le dichiarazioni dell’uomo il quale commentando le notizie in tv di padri e famiglie musulmane che uccidono le figlie non consenzienti al loro volere, ostentava il convincimento che quegli uomini avessero fatto bene ad ammazzare e che, prima o poi, lui avrebbe fatto lo stesso con la figlia.

Qualche giorno dopo l’accaduto, allorquando la figlia era ancora con la famiglia affidataria, in presenza di alcuni amici a casa sua, l’uomo ancora una volta pretendendo di imporre il suo punto di vista e la sua risoluzione di riportare tutti in Tunisia, dapprima reagiva alle rimostranze della moglie sollevando una sedia di legno e provando a colpirla, il tutto impedito da un amico, poi tirandole in testa una pentola con tutto il suo contenuto. Ancora si affacciava dal balcone di casa urlando contro la figlia che gliela avrebbe fatta pagare e che la avrebbe uccia se l’avesse vista in giro.

Tutto questo veniva pedissequamente ricostruito dagli investigatori della Polizia di Stato del Commissariato di Comiso e della Squadra Mobile di Ragusa che inoltravano un’altra nota ben dettagliata alla Procura della Repubblica di Ragusa; il PM incaricato delle indagini, Dott. Fornasier, immediatamente inoltrava richiesta di misura cautelare nei confronti dell’uomo.

Il GIP del Tribunale concordando con le richieste emetteva nei confronti dell’uomo una misura cautelare di allontanamento dalla casa familiare nonché il divieto per l’uomo di avvicinarsi alla scuola frequentata dalla figlia o a meno di 200 metri dalla stessa.

La misura è stata eseguita dagli uomini del Commissariato di Polizia di Comiso.

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