TRILOGIA DEL BURQA DI DEBORAH ELLIS

La trilogia è stata scritta da Deborah Ellis, nata in Canada nel 1960. Pacifista e attivista per i diritti delle donne, ha trascorso parecchi mesi della sua vita nei campi profughi del Pakistan, lavorando come assistente sociale e raccogliendo le testimonianze di molte ragazze e donne afghane, costrette a lasciare il proprio paese in seguito all’occupazione dei Talebani. Ha devoluto il ricavato dei tre libri a “Women  for Women of Afghanistan”, un’ associazione finalizzata a dare un’istruzione alle bambine e alle ragazze afghane, che si trovano nei campi profughi pakistani. Al primo libro “Sotto il burqa”(2002) si sono susseguiti altri due romanzi ” Il viaggio di Parvana”(2003) e “Città di fango”(2004), che insieme hanno costituito la “Trilogia del burqa”. La storia narra la vita di Parvana in una Kabul occupata dai Telebani, che seminano violenze e morte: sono state chiuse le scuole, bruciati i libri, vietata la musica, distrutti i televisori e alle donne è stato vietato di uscire se non coperte dal burqa. Fortunatamente Parvana è ancora piccola e può uscire con il velo e ogni giorno è solita accompagnare il padre al mercato, dove legge e scrive per chi non è in grado di farlo, in cambio di denaro. Quando, però,  il padre viene arrestato dai Telebani, la famiglia è in ginocchio: madre e sorella non possono uscire, nè lavorare. Allora Parvana decide di travestirsi da ragazzo, per sostituirsi nel mestiere del padre e per mantenere così la famiglia. In questo frangente ritrova la sua vecchia compagna di classe, Shauzia, anche lei nei panni da ragazzo. Parvana e Shauzia si legano in una grande amicizia, che le accompagnerà per tutta la vita. La madre e la sorella vanno a Mazar, in modo che la figlia più grande possa sposarsi e continuare gli studi. Il giorno dopo il padre viene liberato e insieme  alla figlia  vanno a cercare la madre e la sorella. Parvana, dunque, è costretta a lasciare la sua amica Shauzia. Quest’ultima rimane a lavorare  per guadagnare un po’ di soldi, per poi imbarcarsi per la Francia. Tenta anche di avvicinarsi al mare e raggiungere il confine con il Pakistan. Il suo viaggio è senza meta: prima va nella città di fango e poi nella grande Peshawar, dove la popolazione soffre la fame e dove vige la legge del più forte. Nonostante il suo sogno sia quello di lasciare il terrore, che infesta il suo paese, rimane e lotta per la sua terra.

La storia ci fa riflettere su come noi ragazzi ci lamentiamo di ciò che i nostri genitori possono darci.  Ci sono ragazzi, invece, che non hanno nulla: né casa, né cibo, né vestiti e devono lavorare notte e giorno, per guadagnarsi  un po’ di soldi per poter sopravvivere.

 La vicenda è molto coinvolgente, perché racconta, la vita di una ragazza normale afghana, i suoi doveri, le sue abitudini, ma soprattutto l’enorme cambiamento che ha subito il suo paese da quando sono arrivati i Talebani. Si può capire che l’adolescenza delle ragazze di quel mondo non è semplice, ma difficile, perché hanno una vita complicata da affrontare. Inoltre, l’autrice fa anche capire le differenze tra noi e loro che sono costrette a guadagnarsi  tutto e non possono ancora oggi neanche andare a scuola.  Noi, ragazze del mondo occidentale, che ci lamentiamo quasi sempre, perché i nostri genitori non ci danno tutto ciò che vogliamo, abbiamo,in realtà, tutto: una scuola dove poter andare, del cibo, dei vestiti; quindi, dovremmo apprezzare molto di più ciò che abbiamo. La scrittrice ha narrato ciò, per testimoniare su una realtà che è molto lontana dalla società nostra, su un mondo che noi conosciamo solo attraverso i mezzi di comunicazione. Noi, che viviamo in condizioni degne di un essere umano, spesso, non siamo del tutto coscienti di ciò che possediamo, come la pace, la democrazia e l’istruzione.

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it