TRACOLLO DI PRODI

Clamoroso il risultato della quarta votazione per l’elezione del Capo dello Stato: dopo la pantomima della riunione dei parlamentari, riuniti da Bersani addirittura in un cinema vicino a Montecitorio, nella mattinata, riunione dove era emersa una approvazione unanime sul nome del bolognese, uno dei padri fondatori del partito, le urne hanno decretato la netta bocciatura del candidato prescelto.

Un tonfo che non ammette scusanti, almeno 100 voti in meno di quelli previsti, nemmeno l’ombra del recupero per arrivare alla soglia richiesta di 504 voti. Se si aggiunge che il candidato dei grillini, Rodotà, ha preso 50 voti più del previsto, si ha la dimensione della fronda contro Prodi.

Una responsabilità tutta del Partito Democratico, considerato che i voti di SEL erano blindati con l’indicazione sulla scheda di “ R. Prodi” che è stata sottoposta a verifica numerica.

Prima della votazione era opinione unanime che, se Prodi avesse superato la soglia dei 450 voti, sarebbe stato ricandidato per il quinto tentativo, considerando possibile un approccio con i montiani per superare il quorum. Eminenti opinionisti politici avevano dichiarato che sotto i 430 voti la situazione si sarebbe fatta difficile. Non essere arrivati a 400 voti mette il candidato, ma soprattutto il partito, in condizioni di estremo imbarazzo, ancorchè fosse trovata una soluzione per uscire dall’impasse.

E’ la totale disfatta del segretario Bersani e di tutti coloro che hanno avallato scelte opinabili in questi cinquanta giorni, e oltre, dopo le elezioni. Ma viene sancito anche lo sfascio del partito, per cui si profila un futuro quanto mai nebuloso.

Ciò che aggiunge peso alla disfatta è il susseguirsi, negli ultimi minuti, di dichiarazioni di diversi esponenti importanti del partito che non usano mezzi termini nell’ammettere la sconfitta e rilasciano dichiarazioni al vetriolo.

Arriva anche la dichiarazione di Renzi che, uscendo da Palazzo Vecchio, sede del Comune di Firenze, dice a chiare lettere che la candidatura di Prodi non c’è più.

Si intravede dietro le quinte della disfatta, il lavoro dei dalemiani che, forse, hanno aperto il varco per il Quirinale per Massimo D’Alema, una cui candidatura avrebbe, sicuramente, l’avallo di Berlusconi e del centrodestra.

Al momento i grillini insistono per convincere il PD a votare Rodotà, che riceverebbe i voti anche da SEL, ma esponenti dell’area cattolica del partito hanno già fatto capire, dalle prime dichiarazioni, che non voteranno il candidato del movimento 5 stelle.

Sarà sicuramente una nottata di febbrili consultazioni, la tensione è alle stelle, qualcuno, nel partito, comincia a rendersi conto che lo sfascio interno non può ancora condizionare le sorti della nazione.

In questo momento, in una area riservata di Montecitorio, chiamata ‘Corea’, è in corso una riunione ristrettissima di Bersani con i capigruppo, a cui partecipano anche Franceschini, Letta e la Finocchiaro.

Facce scure, a cui è consigliabile, per distendersi, andare su internet, dove la satira già impazza all’insegna delle più feroci vignette e delle più acide battute su Prodi, su Bersani e sul partito.

 

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