Se un anziano muore di Covid è accettabile? Cos’è emerso dalla pandemia: l’ageismo, un pregiudizio fondato sull’età

Ageismo e discriminazione ai danni degli anziani. E’ questo quello che è stato prodotto durante il Covid e la quarantena a causa del coronavirus. Sapete di cosa si tratta? E’ quel fenomeno per cui sui social o sui media è scattato un meccanismo di rassicurazione collettiva sul fatto che il virus, nella maggior parte dei casi, era fatale solo per gli anziani. Un sospiro di sollievo per molti, una pesante discriminazione per chi si trova in là negli anni, la più ampia minoranza del Paese.

Ad analizzare questo triste fenomeno è l’Anteas di Ragusa. Il presidente Rocco Schininà, infatti, dichiara:”E’ lecito affermare che ci si trovi davanti ad un classico caso, come lo chiama Alfredo Ferrante, studioso di questi fenomeni, di ageismo, cioè una valutazione generica secondo cui l’età assume carattere di stereotipo e la discriminazione si realizza nei confronti di individui o gruppi in base alla loro età avanzata. Al pari del razzismo o del sessismo, che prendono di mira determinate categorie di individui per il colore della pelle o il genere, l’ageismo si manifesta attraverso atteggiamenti pregiudizievoli, politiche o pratiche discriminatorie che creano o perpetuano credenze stereotipate avverso le persone anziane.

È un termine ancora poco diffuso nella lingua italiana, che la Treccani definisce come “forma di pregiudizio e svalorizzazione ai danni di un individuo, in ragione della sua età, in particolare verso le persone anziane”.

“La diffusione del virus – dice ancora Schininà – non ha fatto altro che rendere manifesto il radicato retropensiero di taluni, per il quale la morte di un anziano è un prezzo tutto sommato accettabile, in quanto le potenziali vittime sono individui il cui valore specifico è inferiore a quello dei veri protagonisti della società contemporanea. E ce ne siamo accorti anche a Ragusa.

Vogliamo buttarla sulla questione economica? Le persone anziane assolvono esigenze economiche significative anche attraverso forme di lavoro non retribuito (ad esempio grazie ad attività di volontariato o all’assistenza gratuita per i nipoti) e in quanto attori economici, consumatori sempre più longevi.

Gli impatti che l’epidemia di coronavirus ha causato sono e saranno diversi e con conseguenze ancora da valutare: evitiamo, almeno, di cadere preda di discriminazione odiose. Gli anziani, dopotutto, saremo noi.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it