Sbagliato pensare che i docenti abbiano tre mesi di “vacanza” estiva

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

“Tre mesi di pausa estiva sono un unicum a livello europeo. Non tutti i genitori possono permettersi un periodo così lungo e anche per i ragazzi sarebbe meglio distribuire le pause durante l’anno”. Il ministro Salvini ha acceso il dibattito sul tema delle vacanze scolastiche estive, proponendo una revisione del calendario scolastico. Non ho pregiudizi a riguardo. Nondimeno, una revisione deve essere studiata con attenzione, concertata e condivisa con tutti gli abitanti del Pianeta Scuola. Su uno sfondo di riconoscimento e rispetto reciproco.

Lavoro come psicologo anche nelle scuole da quasi trent’anni e il risvolto che vorrei toccare qui è un altro, un aspetto in qualche modo connesso a questo macro-tema, e si riferisce, sulla scia di una polemica antica che risorge puntualmente allo scoccare dei primi caldi pre-estivi, alla costellazione dei luoghi comuni sulle ferie dei docenti, secondo i quali essi godrebbero ingiustamente di tre mesi di vacanza. 

Una premessa doverosa: le ferie costituiscono un diritto del lavoratore e devono essere concesse e fruite. Giuridicamente i docenti non hanno tre mesi di ferie consecutivi l’anno, ma, come tutti i dipendenti statali, beneficiano per legge di trentadue giorni di ferie annuali (ai quali devono essere sommati i quattro giorni di festività soppresse).

Conoscendo dall’interno le dinamiche scolastiche, so che è sbagliato tener conto solamente delle diciotto ore settimanali (distribuiti su cinque giorni lavorativi) di lezione frontale con gli allievi, o delle ventidue ore per i docenti della Primaria (alle quali vanno aggiunte le due ore di programmazione settimanale in virtù delle quali si giunge a un totale di ventiquattro ore). 

Sarebbe davvero un errore fermarsi qui e trascurare la mole non indifferente del lavoro invisibile sovente svolto tra le mura domestiche, un impegno che prescinde dal monte ore di lezioni frontali con gli alunni: la correzione delle verifiche scritte, la preparazione delle lezioni, la partecipazione ai seminari e ai corsi di formazione legati all’aggiornamento professionale, i corsi di recupero per gli alunni. Sono testimone del fatto, a tratti singolare, che non pochi insegnanti vivono per più tempo in una piattaforma digitale che nella loro abitazione tradizionale. 

Infine, da giugno a seguire, al termine delle lezioni, i docenti sono impegnati negli scrutini finali, negli Esami di Licenza Media e negli Esami di Maturità che li tengono occupati sino ai primi di luglio. Peraltro, grazie all’iniziativa “Scuole Aperte” d’estate, alcuni docenti possono essere impegnati in attività formative a supporto degli alunni. Ecco perché non è esatto parlare di tre mesi di vacanza. 

Questa insinuazione, che sibila ciclicamente a pungere la classe docente, mi sembra ingiusta, alla luce del fatto che non di rado gli stessi insegnanti non vengono rispettati dagli alunni e dai genitori, non sono valorizzati economicamente e non sempre sono riconosciuti professionalmente. Eppure la loro missione è sacra: scrivere i calendari del futuro per una generazione di cittadini e di esseri umani all’altezza di sfide sempre più delicate.

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