Rifiuti in Sicilia, la Corte dei Conti boccia trent’anni di fallimenti

La deliberazione della Corte dei Conti del 4 dicembre 2025 (n. 275/2025) sulla gestione dei rifiuti in Sicilia è un verdetto senza appello. Una bocciatura severissima che smonta trent’anni di politiche emergenziali, piani incompleti, improvvisazione amministrativa e scelte impiantistiche discutibili. Il quadro che emerge è quello di un sistema caotico, inefficiente e finanziariamente insostenibile, ben lontano da qualunque logica di economia circolare. E’ quanto afferma Peppe Puccia – Segretario Federazione Siracusa/Ragusa del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

“La relazione dei magistrati contabili sbugiarda completamente la narrazione secondo cui i cosiddetti termovalorizzatori — un termine che già di per sé è un’abile operazione linguistica — rappresenterebbero la soluzione miracolosa per chiudere il ciclo dei rifiuti. Al contrario, la Corte evidenzia come l’emergenza rifiuti sia stata alimentata e non risolta, divenendo terreno fertile per scelte costose e prive di visione”.

Un piano rifiuti lacunoso e già superato

“Emblema del fallimento è il PRGRU 2024, un piano approvato in regime emergenziale che risulta già inattuale. Utilizza dati del 2022, ignora la reale distribuzione degli impianti e non garantisce né prossimitàautosufficienza degli Ambiti Territoriali Ottimali.

La Corte parla apertamente di incoerenze strutturali, stime inattendibili e mancato rispetto della gerarchia europea dei rifiuti: prevenzione, riuso, riciclo prima del recupero energetico. Invece, la Regione continua a puntare su due inceneritori da 600 mila tonnellate l’anno, senza alcuna certezza su tempi, costi e impatti.

Eppure — come evidenzia il referto — almeno 400 mila tonnellate dei rifiuti previsti per l’incenerimento potrebbero essere valorizzate attraverso riciclo e recupero. Un potenziale completamente ignorato”.

Inceneritori: costi stratosferici, benefici incerti

“La Corte mette nero su bianco una verità scomoda: i due impianti previsti a Palermo e Catania costeranno 400 milioni di euro ciascuno, finanziati con risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027.

E questi costi astronomici si basano su stime e non su dati certi. Inoltre, gli inceneritori non risolvono il problema degli scarti, delle ceneri tossiche, delle emissioni né quello della dipendenza dalle discariche. Anzi: rischiano di drenare risorse pubbliche che dovrebbero essere investite in impianti di riciclo, compostaggio, selezione e riuso.

Gli inceneritori — come sottolinea la Corte e come conferma l’esperienza europea — sono impianti del passato, che molti Paesi stanno progressivamente dismettendo perché incompatibili con un sistema realmente circolare”.

Raccolta differenziata: Sicilia ancora in fondo alla classifica

Nonostante un lieve miglioramento (dal 38% nel 2019 al 55% nel 2023), la Sicilia è ancora penultima in Italia.

I dati sono impietosi:

  • Palermo: 34,9%
  • Catania: 49,1%
  • Solo Trapani e Ragusa superano la soglia minima del 65% richiesta dall’UE.

Ma la Corte aggiunge un elemento decisivo: senza impianti di selezione e recupero, la differenziata rimane un costo. I materiali finiscono fuori regione, con spese milionarie che pesano sui Comuni e sui cittadini.

Siracusa e Ragusa: due realtà opposte

La Sicilia orientale offre un quadro complesso:

  • Siracusa continua a soffrire la totale assenza di impianti di trattamento e riciclo, in particolare della frazione umida. La provincia dipende da strutture private in amministrazione giudiziaria, con costi altissimi e perenne instabilità.
  • Ragusa rappresenta invece un’eccezione virtuosa: 65% di differenziata e un impianto di compostaggio potenziato. Tuttavia, resta una “isola felice” in un sistema regionale frammentato e privo di integrazione.

Venendo meno una rete impiantistica omogenea, anche le province virtuose rischiano di essere penalizzate.

Serve una svolta: basta inceneritori

Alla luce di questa analisi, appare evidente che l’iter degli inceneritori debba essere fermato immediatamente. Il governo regionale guidato da Schifani, ormai politicamente indebolito, rischia di compromettere il futuro ambientale ed economico della Sicilia.

La Corte dei Conti è chiara:

  • bisogna riscrivere da zero il piano rifiuti,
  • seguire la gerarchia europea,
  • investire su riciclo, riuso e prevenzione,
  • rendere i dati trasparenti e certificati.

Gli inceneritori non chiudono il ciclo dei rifiuti, non trasformano il rifiuto in risorsa e rappresentano un enorme rischio ambientale e finanziario.

Ecco una sintesi del contenuto — e delle conclusioni principali — del provvedimento Corte dei Conti (delibera n. 275/2025) sulla gestione dei rifiuti nella Regione Siciliana.

✅ Cosa contiene il provvedimento

  • La delibera — a seguito di un’indagine svolta dalla Sezione di controllo per la Regione Siciliana — formula un referto sul ciclo dei rifiuti, sull’economia circolare e sulle politiche ambientali della Regione.
  • Il documento fa emergere gravi carenze strutturali e gestionali in ambito programmatico, organizzativo, informativo e attuativo: in particolare ritardi e insufficienze nella pianificazione, nella realizzazione dell’impiantistica e nella documentazione delle gestioni commissariali passate.
  • Il provvedimento denuncia la mancanza di un Piano regionale dei rifiuti credibile e aggiornato: il piano vigente è considerato inattuale, basato su dati obsoleti, con stime non affidabili e incapace di garantire la “prossimità” o l’“autosufficienza” degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO).

⚠️ Le principali criticità segnalate

  • La rete impiantistica per trattamento, riciclo e selezione risulta inadeguata e incompleta, e non è mai stata completata nonostante decenni di commissariamenti. Questo impedisce concretamente il raggiungimento degli obiettivi tecnici e ambientali.
  • La scelta di puntare su termovalorizzatori/inceneritori, invece che su riciclo, recupero e compostaggio, è fortemente contestata: secondo la Corte, tali impianti rischiano di essere sovradimensionati e in contrasto con la “gerarchia dei rifiuti” prevista dall’UE, che privilegia prevenzione, riuso e riciclo.
  • Ci sono forti disparità territoriali: molte province restano sprovviste di infrastrutture adeguate, con conseguente ricorso a discariche e trasferimenti fuori regione, costi elevate per Comuni e cittadini e inefficienza complessiva.
  • Mancanza di trasparenza e di documentazione adeguata: le gestioni commissariali precedenti non hanno prodotto atti chiari, verificabili e completi, rendendo impossibile una valutazione corretta degli investimenti realizzati e delle infrastrutture esistenti.

📌 Le richieste della Corte dei Conti

Nel provvedimento la Corte richiede alla Regione e agli enti competenti:

  • di fornire una documentazione completa e aggiornata su tutte le gestioni precedenti, sui lavori svolti e sugli impianti realizzati o in costruzione;
  • di riprogettare il sistema rifiuti in coerenza con i principi dell’economia circolare, privilegiando prevenzione, riciclo e gestione sostenibile e non più il ricorso massiccio a termovalorizzatori e discariche;
  • di realizzare una rete impiantistica adeguata a garantire capacità reale di smaltimento/riciclo per ciascun ATO, con trasparenza su capacità, utilizzo e stato operativo degli impianti.
  • di adottare strumenti di controllo, monitoraggio e trasparenza sul ciclo dei rifiuti e sull’uso delle risorse pubbliche, per evitare sprechi, inefficienze e pesi economici sui cittadini.

🧾 Conclusione del documento

La Corte dei Conti condanna la gestione del ciclo dei rifiuti in Sicilia come un fallimento strutturale: mancanza di visione, di pianificazione, di infrastrutture e di risultati concreti. Il referto rappresenta una denuncia chiara dell’incapacità di affrontare su basi stabili e sostenibili il problema dei rifiuti, e richiama con forza la necessità di un cambiamento radicale di modello: da emergenziale e emergente, a strutturale, trasparente e orientato all’economia circolare.

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