Ragusa tra le ultime province italiane per qualità delle istituzioni: il rapporto dell’Osservatorio sui conti pubblici

Tra le ultime province italiane per qualità delle istituzioni pubbliche secondo il rapporto annuale dell’Osservatorio sui Conti Pubblici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano c’è Ragusa: è al 93esimo posto su 100.
L’analisi si basa su dati oggettivi e considera i servizi  pubblici, l’attività economica territoriale, la giustizia, la corruzione, il livello culturale e la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.
Ragusa sta meno peggio di altre 5 province siciliane, la peggiore Regione a livello nazionale: Enna, Palermo, Catania, Trapani e Caltanissetta. Ma non c’è nulla da rallegrarsi.

L’ Institutional Quality Index è un indice che misura la qualità delle istituzioni pubbliche a livello provinciale. Esso si basa su dati oggettivi e considera i servizi pubblici, l’attività economica territoriale, la giustizia, la corruzione, il livello culturale e la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.

Le province del Nord-Est risultano avere la migliore qualità delle istituzioni, seguite dall’area del Nord-Ovest e del Centro, mentre le ultime posizioni sono occupate interamente dal Mezzogiorno. Dal 2004 al 2019 i divari territoriali sono rimasti sostanzialmente invariati, ma alcune province sono migliorate, come Avellino e Pesaro-Urbino, mentre altre, come Aosta, sono peggiorate.

Il dato è stato aggiornato al 2019. L’indice è stato ideato nel 2014 dalla Professoressa Annamaria Nifo dell’Università degli Studi del Sannio di Benevento e dal Professore Gaetano Vecchione dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.

Rispetto ad altri indicatori della qualità delle istituzioni, come il World Government Index (WGI) e l’European Quality of Government Index (EQI), l’IQI si basa maggiormente su dati oggettivi piuttosto che sulle percezioni dei cittadini. Inoltre, è elaborato a livello provinciale invece che nazionale o regionale.

L’IQI assume un valore da 0 a 1 per ogni provincia, sulla base di 5 dimensioni:

Voice and accountability, che sintetizza la partecipazione alla vita pubblica dei cittadini (affluenza alle elezioni, partecipazione ad associazioni, numero di cooperative sociali) e il loro livello di istruzione e culturale (punteggi test INVALSI e numero di libri pubblicati);
Government effectiveness, che riassume la presenza di infrastrutture (anche digitali) e servizi (es. sanità e istruzione), la qualità ambientale e il tasso di raccolta differenziata;
Regulatory quality, che considera l’apertura dell’economia, l’attività imprenditoriale nel territorio (clima d’impresa, numero di imprese su residenti e rapporto tra start-up e aziende cessate) e la presenza di dipendenti della Pubblica Amministrazione;
Rule of law, che sintetizza i tassi di criminalità, l’efficienza della giustizia civile (lunghezza dei processi e produttività della magistratura), l’economia sommersa e l’evasione fiscale;
Corruption, che guarda ai crimini contro la PA e alla cattiva amministrazione (Golden-Picci Index e tasso di comuni commissariati).[3]
Osservando la matrice della correlazione tra l’indice e le sue componenti tra il 2004 e il 2019, Rule of Law e Voice and accountability risultano essere quelle più importanti.
Al 2019 tre regioni del Nord-Est registrano i punteggi più elevati: Trentino-Alto Adige (0,89), Friuli Venezia-Giulia (0,85) e Veneto (0,84). Seguono l’Emilia‑Romagna e l’area del Centro e del Nord-Ovest (dove vi è un divario di quasi 0,20 punti tra Lombardia, Marche e Liguria, Lazio). Le regioni peggiori sono nel Mezzogiorno, con alcune differenze: in Abruzzo, Puglia e Basilicata la qualità delle istituzioni è superiore rispetto a Campania, Sicilia e Calabria che registrano valori inferiori a 0,25.

 

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it