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In ricordo di Franco Antonio Belgiorno
14 Giu 2024 08:51
Di Marianna Triberio
È il giorno del suo compleanno, o meglio, lo sarebbe stato.
Franco Antonio Belgiorno è stato giornalista e scrittore, scomparso a causa di una malattia nel 2008, all’età di 69 anni. Racchiudere la cultura, l’animo, la mente, in un’unica definizione risulta quasi limitante, per la pienezza di pensiero e interessi.
Riuscire a toccare il suo ricordo merita le parole di chi ha conosciuto in prima persona la sua levatura umana e culturale.
Un contatto coltivato a Modica, in quei luoghi che Belgiorno ha vissuto, ed amato. Prima fra tutti la storica dolceria Bonajuto.
Lasciamo che sia proprio Pierpaolo Ruta, figlio di Franco Ruta, fondatore della dolceria, a raccontarlo, tra aneddoti e riflessioni inedite.
“Ciccio è stato per me un secondo padre, parlare di lui diventa per me un’esigenza.
L’ho conosciuto tardi (al suo ritorno dalla Germania) ma avevo sempre sentito parlare di lui da mio padre Franco che era stato suo amico da sempre.
Quando tornò a Modica la frequentazione con Ciccio divenne quotidiana, arrivava al mattino in dolceria (con aria sofferente) e non si capiva mai se soffrisse più per il suo stare a Modica o per la sua malattia che lentamente purtroppo in seguito lo portò alla morte.”
La curiosità lo ha abitato per tutta la vita
“Parlavamo di tutto, di politica, di scrittura, di fatti locali che spesso amava romanzare con ironia, e delle sue amicizie storiche una delle più importanti con Piero Guccione.
Ogni tanto portava un libro, un manoscritto (qualcuno lo pubblicammo) un progetto o un documento da decifrare. Ciccio aveva intrattenuto corrispondenze con scrittori come Stefano Malatesta o Bufalino e molti altri e la sua cultura sembrava non avere confini, aveva un modo di raccontare che ammaliava, iniziava raccontando a noi ma se vedeva qualche cliente o passante incuriosito non esitava a coinvolgerlo con eleganza ed educazione. Adorava piacere. Quando scoprì che esisteva una traduzione dell’Ulisse di Joyce in albanese mi pregò di scrivere delle email al traduttore (non so come si procurò l’indirizzo) ed iniziammo ad inseguirlo (questo tizio scappava, ci disse forse per motivi politici, da un luogo all’altro del suo paese) per chiedere una copia che alla fine arrivò (e lui ne fu felice come un bambino).”
Il suo amore per Modica
“Il suo era un amore sconfinato per questa città ed allo stesso tempo la fonte della sua sofferenza, era spesso durissimo nei giudizi ma difficilmente si sbagliava, di certo a Ciccio non mancava il coraggio di dire in faccia a tutti ciò che pensava.
Una mattina mentre parlavamo mi afferrò il polso di una mano, mi guardò dritto negli occhi è mi disse: «Pierpaolo, guai a chi torna! Stai sempre attento a Modica, Modica è matrigna, ti abbraccia e durante l’abbraccio lentamente ti avvelena.»
Il suo spirito critico spesso era difficile da sopportare perché riusciva a spegnere ogni entusiasmo eppure manca terribilmente il suo essere da contraltare.
Mi ha voluto bene senza compromessi Ciccio ed ha voluto bene a questa città come pochi, una città che ancora oggi non riesce a ricordarlo come merita.”
L’aneddoto indimenticabile
“Ci resta il Quadrato della Palma, una sua invenzione, un luogo immaginario tra la libreria La Talpa, la palma a fianco della Chiesa di San Pietro e la dolceria.
«Ci vediamo al quadrato della Palma». Io: «E cosa sarebbe?» E lui sarcastico: «Immagino tu sappia riconoscere una palma, sta sul marciapiede del corso, proprio all’inizio, di fronte ad una libreria». «E il quadrato?» La sua voce si alzò di tono:«Qui tutti stanno nei circoli, e noi quadrato lo abbiamo chiamato».”
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