Storie di Sicilia: un tuffo nel ricordo delle bevande e delle bustine per fare l’aranciata

Di Salvatore Battaglia

Tutti ricordiamo sapori e odori dell’infanzia. Cibi e bevande che fanno scattare qualche cosa nel cervello e richiamare alla mente ricordi sepolti. La scorsa settimana uno di questi ricordi mi è riaffiorato. Quando ero piccolo il sabato pomeriggio andavo all’oratorio salesiano, dopo il catechismo. Con qualche centinaio di lire si comperavano dei dolcetti e delle bevande. Non ero un tipo da caramelle e ancora oggi non ci vado matto. Mi piacevano piuttosto le radici di liquirizia e i conetti zuccherati dai molteplici colori ma dal gusto sempre uguale…

Secondo la moderna tecnologia applicata all’alimentazione, alla fine degli anni ’60, i processi di liofilizzazione fanno capolino nelle case italiane con delle divertenti buste di grande formato, contenenti aranciata in polvere.

Il Ricordo…

In occasione della domenica mattina la mia cara mamma preparava la tanta attesa “aranciata”, sciogliendo una bustina di polvere d’arancia nella giusta proporzione d’acqua; l’aranciata liofilizzata diventava una bevanda sana e gustosissima… (così pensavamo a quell’epoca… oggi con il senno di poi abbiamo alcuni ripensamenti).

La bustina conteneva una specie di granuli duri/sabbiosi giallo-arancio che andavano versati con cura in una bottiglia chiusa ermeticamente con un tappo dall’imbracatura di metallo. Spesso succedeva che alcuni granuli d’arancia rimanevano sull’orlo della bottiglia, per cui l’acqua aranciata, non avendo la quantità di concentrato, non sapeva di niente.

Tempo dopo si cominciarono a vedere le bottigliette della Coca Cola. Le lattine non sapevamo cosa fossero. Che cosa si beveva? La gazzosa soprattutto usando la cannuccia. Anni dopo le multinazionali l’avrebbero diffusa in Italia con altri nomi: Sprite, 7-up, ma per me rimaneva sempre gazzosa sotto mentite spoglie (e rimasi stupito quando un amico mi fece notare che il primo simbolo era un 7, non una zeta, e quindi si doveva leggere Seven-up. “Che nome stupido per una gazzosa” pensai.

Che altro si beveva? La Spuma nera …Prima che si diffondesse la Coca-Cola in Italia c’erano già delle bevande dal colore scuro: il Chinotto e la Spuma. A dire il vero a noi bambini piaceva la Spuma: con il suo retrogusto un po’ amarognolo aveva un che di sofisticato. Gli adulti invece gradivano il Ginger.

La bottiglia da un litro la prendevo solo quando diventai ragazzino e frequentavo le scuole medie. D’estate andavo a giocare a tennis con il mio amico Giovanni Raniolo presso il Circolo del Tennis alla Villa Margherita. L’affitto del campo costava pochissimo e non erano in molti a sapere che nel cuore di Ragusa, la mia città, esisteva quel campo tranquillo e quasi sempre libero (era il camp B… poi capimmo perché era sempre libero… era il peggiore campo del Circolo, la linea di fondo del campo era vicinissima al recinto del campo… era un campo per principianti in stile Fantozziano). Proprio in quel bar vendevano la spuma di colore scuro; ne esisteva anche in varietà “chiara.

Tra le bevande da oratorio c’era anche la cedrata (rigorosamente Tassoni) e anch’essa, in quanto a intensità di colore, con quel giallo quasi fluorescente, non aveva nulla da invidiare al Ginger. E poi le solite aranciate e limonate

 La scoperta del Seltz, limone e sale che feci da ragazzo a Catania

Il Seltz, limone e sale, piuttosto che una bevanda è un rituale a Catania. Una delle peculiarità che ancora dura nonostante il tempo. Passeggiando per il capoluogo etneo, non si possono non notare i tanti chioschi: oasi per rinfrescarsi nelle giornate estive, ma anche punti di ritrovo.Indiscusso protagonista dei chioschi è indubbiamente il Seltz, una bibita che disseta e che, di fatto, va bene per tutte le stagioni. Il nome di questa bevanda deriva da Selters, un piccolo comune tedesco. Ma cosa c’entra la Germania? Proprio a Selters si trova una sorgente di acqua ricca di anidride carbonica, che è la base per la preparazione di un ottimo Seltz. E non finisce qui. In effetti bisogna necessariamente parlare anche di Joseph Priestley, un chimico e filosofo inglese che in una sera del 1979, armeggiando tra tinozze di birra e ciotole d’acqua, scoprì il processo grazie al quale si ottiene l’acqua gassata alla base del Seltz.

Come ho già anticipato, a Catania ci si imbatte in tantissimi chioschi dall’aspetto diverso. Possono avere pianta quadrangolare o ottagonale, ma anche essere in stile liberty. Tuttavia hanno in comune il fatto di essere un punto di ritrovo e di offrire il mitico Seltz. Le strutture che vediamo oggi, discendono direttamente dagli antichi “acquafrescai” borbonici del Regno di Napoli. Sorseggiare un Seltz, che in dialetto catanese è diventato “Sess“, è un’esperienza unica; si osserva il chiosco, si scambiano due chiacchiere con il titolare, si approfondisce la conoscenza di fatti e persone del luogo ( curtigghiu). Nel frattempo si sorseggia la bevanda, ricca di bollicine con succo di limone e, in ultimo, il sale. Proprio gli elettroliti del cloruro di sodio integrano il seltz e il limone, rendendo la bevanda estremamente dissetante. La massima istituzione nel campo del Seltz di Catania è il signor Russo. Proprio lui, infatti, ha inventato negli anni Settanta uno speciale marchingegno in grado di spillare l’acqua gassata direttamente dal rubinetto.

“Ognuno ha il proprio passato chiuso dentro di sé come le pagine di un libro imparato a memoria e di cui gli amici possono solo leggere il titolo… ma è grazie ai ricordi di storie, tradizioni e sapori, che qualcuno continua a tramandare, che emergono in ognuno di noi le condizioni di vita di un tempo”.

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