PIANO DI RIEQUILIBRIO E DELIBERAZIONE N. 70 DELLA CORTE DEI CONTI

Pochi giorni or sono le ho presentato un’interrogazione sul piano di riequilibrio, deliberato impropriamente dalla Giunta anziché dal Consiglio e, prima che lei avesse il tempo di rispondermi, è arrivata, sul piano generale, non in sua vece, la risposta della Corte dei conti. Un bel libretto di 23 pagine che lei, a quanto traspare dal suo comunicato del 22 marzo, non intende lasciar passare senza combattere. Una persona come lei è certamente ricca di fermenti, per cui è giusto che si batta. Con la presente, comunque, mi prefiggo tre obiettivi:

 

– tornare sul tema della mia precedente interrogazione, per ribadirle che la mia analisi era esatta;

– farla desistere da velleitarie iniziative giudiziarie o para-giudiziarie contro la Deliberazione n. 70/2017/PRSP della Corte dei conti;

– informare la cittadinanza dell’accaduto, perché possa avvicinarsi alla politica cittadina e al tema dei Piano di riequilibrio.

Stiamo parlando del fatto che il Comune di Modica ha una gran quantità di debiti e deve pagarli; non può pagarli tutti in una volta, perché sarebbero troppi anche per un miliardario americano, e deve trovare il modo di rateizzarli. A suo tempo, nell’ormai lontano 2012, l’amministrazione Buscema adottò un piano di riequilibrio e decise di pagare i propri debiti in dieci anni. La loro somma, secondo i calcoli di allora, era di 24 milioni. Parlo di «calcoli di allora» perché, come lei sa e so anch’io, rifacendo i conti in altre due o tre tornate, la somma è lievitata sino a raggiungere una ottantina di milioni. Accenniamo ai primi due obiettivi, il terzo discende dal loro disvelamento.

Le dissi, al penultimo paragrafo dell’interrogazione, testualmente:

« (…) lei (…) si contraddice quando afferma che il Consiglio non poteva farlo (approvare e adottare il Piano di riequilibrio, ndr.) perché mancava la relazione dei revisori: ma la giunta, che tale relazione non l’aveva neppure e, in più, non era legittimata ad assumere la decisione, perché poteva farlo? Il risultato è che la delibera di giunta è nulla per incompetenza assoluta e la successiva, per così dire, “ratifica” del Consiglio si risolve nel ratificare il nulla. In atto, dunque, non può dirsi che il Piano di riequilibrio sia stato adottato: può dirsi solo che esso deve tornare indietro, ove si fosse ancora in tempo, per essere esaminato ed eventualmente adottato dal Consiglio.»

La Corte, se ci medita un po’, le ha spiegato che l’istituto della ratifica si applica, dati due organi, la giunta e il consiglio ad esempio, se entrambi sono competenti in una stessa materia. La materia può essere, ove definita puntualmente, l’approvazione e l’adozione di un Piano di riequilibrio finanziario. La competenza può essere attribuita in via principale ed in via occasionale o eventuale. La competenza si definisce occasionale o eventuale quando può esercitarsi al concorrere di due condizioni: l’impedimento dell’organo principale e l’imminente scadenza di termini per l’intervento (Corte dei conti, Delibera n. 70/2017, pag. 22, primo cpv.). Una volta, è la Corte che parla, tra gli anni sessanta e il primo degli anni novanta, l’istituto della ratifica si applicava, in casi di effettiva necessità, in applicazione della legge regionale n. 16 del 1963. Con l’avvento della legge nazionale 142/1990, recepita con marginali modifiche nella legge regionale n. 48 del ’91, è stata introdotta una rigida separazione tra i compiti esecutivi della giunta e quelli di indirizzo e di controllo politico-amministrativo del Consiglio. Le loro competenze non sono più sovrapponibili, nemmeno in casi di necessità o di urgenza. Da ciò deriva che i compiti del Consiglio non possono essere svolti dalla giunta, nemmeno se necessarissimo. (Corte dei conti, Delibera n. 70, pag. 20, sotto-paragrafo 11.2 e pag. 21.). Che accadrebbe, dunque, se il Consiglio fosse impedito a deliberare, come nel caso in esame? Si decade dal diritto di adottare la rimodulazione del Piano senza poter alzare un dito? La risposta della Corte è stata chiara:

Il Consiglio comunale avrebbe potuto deliberare la rimodulazione anche senza il parere del Collegio dei revisori. D’altronde il parere del Collegio non è vincolante. La frase della Corte è simile a quella che ho formulato io nel proporle la mia interrogazione:

«… pur essendo plausibile che (…) il parere dell’organo di revisione debba accompagnare anche la rimodulazione-riformulazione del piano (…), la mancanza dello stesso non impediva al competente organo consiliare di deliberare comunque entro il termine di legge, sia pure in mancanza dell’apporto dell’organo di revisione. D’altra parte, l’organo esecutivo ha parimenti deliberato in carenza di tale parere e non si vede per quale argomento quello che era un motivo ostativo per l’organo competente, non lo è più per l’organo che vi si è sostituito» (Delib. n. 70 cit., pag. 22, primo cpv.).

In breve, se al Consiglio, che è l’organo competente, la mancanza della relazione dei revisori impediva di adottare il Piano, come ha fatto ad approvarlo la Giunta che, oltre a non avere il supporto dei revisori, mancava pure di ogni competenza in materia? Questa è una domanda semplice che le porrei. Tra i due organi, non sarebbe stato più corretto far adottare la rimodulazione al Consiglio? Almeno, si dice dalle nostre parti, «ciancièmu cu ‘n uocciu». Alla Giunta (stavolta voglio riverirla con la maiuscola), manca tutto: la competenza e la relazione. Se tra le due opzioni, il Consiglio competente o la Giunta incompetente, avessi scelto di far adottare il Piano dalla Giunta, lei come mi avrebbe qualificato? Quanto meno avrebbe detto che ho sbagliato, perché tra i due organi del Comune riterrebbe preferibile il Consiglio. Dunque, in questo caso, non si tratta di invocare una ratifica impossibile, bensì di cercare, con tutte le forze, che fare e come fare per riprendere il capo della matassa. D’altronde, incalza la Corte, ed io non riesco a darle torto, se il Collegio dei revisori è stato nominato il 19 settembre 2016 (Corte dei conti, Delib.. cit., pag. 16, secondo cpv.), anche a volergli riconoscere un’importanza che non può avere (considerando che prima della sua nomina non esisteva), le mancava il cervello o la voce per chiedergli di insediarsi immediatamente, data la scadenza imminente, ed esaminare, in 4-5 giorni, il Piano di riequilibrio e la sua sfortunata rimodulazione? Ci sono dei termini, è vero, ma non sono, in casi come questo, delle catene. Nella situazione in cui s’è cacciata, invece, le catene gliele ha messe la Corte dei conti. Se s’interroga, dunque, sull’esito eventuale di un tentativo ricorsuale, capisce bene che la prospettiva all’85% è negativa. Io farei un viaggio dimesso a Roma ed uno, ancora più dimesso, alla Corte dei conti. Per una discussione imperniata sull’esperienza e per far superare ai modicani queste enormi e, forse, irreversibili difficoltà.

 

 

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