NUOVA STRATEGIA CONTRO I BATTERI RESISTENTI AGLI ANTIBIOTICI

«L’antibiotico-resistenza è divenuta uno dei problemi principali di sanità pubblica che minacciano la salute dei cittadini europei. L’antibiotico-resistenza determina difficoltà o impossibilità a trattare efficacemente alcune infezioni batteriche, con aumento dei tempi di ospedalizzazioni, costi dell’assistenza sanitaria e mortalità. I dati di antibiotico-resistenza provenienti dall’Europa, forniti dalla sorveglianza EARS-Net (Rates of carbapenem-resistant infections continue to increase in Europe) mostrano un panorama poco confortante: nel giro di 4 anni è aumentata notevolmente la resistenza in due specie di batteri sotto sorveglianza: Escherichia coli e Klebsiella pneumoniae» (Istituto Superiore di Sanità – ISS).

Innumerevoli casi di infezioni ospedaliere (soprattutto infezioni urinarie, sepsi ecc…) risultano ormai difficilmente trattabili poiché provocati da ceppi batterici di queste due specie divenuti multiresistenti, cioè resistenti contemporaneamente a molti antibiotici quali cefalosporine di terza generazione, fluorochinoloni ed aminoglicosidi.

Inoltre negli ultimi anni molte infezioni sono diventate incurabili (e quindi dall’esito infausto) perché si è aggiunta purtroppo anche la resistenza ai carbapenemi, una classe di antibiotici che si è rivelata finora l’unica ed ultima speranza terapeutica nei casi di multiresistenza.

Per questa resistenza l’Italia è tra le più colpite, seconda solamente alla Grecia; una vera anomalia rispetto alla grande maggioranza dei paesi europei.

 

Nel preoccupantissimo quadro generale riguardante la resistenza batterica agli antibiotici (ricordiamolo, una delle più grandi minacce verso la salute umana) una buona notizia giunge dagli USA. Presso l’università dell’Oregon è stata sintetizzata una molecola in grado di “spegnere” il gene NDM-1 responsabile di conferire ai batteri la suddetta resistenza verso gli antibiotici carbapenemi. Il gene NDM-1 in pratica produce un enzima chiamato carbapenemasi che va a disattivare l’antibiotico rendendolo inefficace.

«NDM-1 conferisce resistenza batterica a tutte le classi di antibiotici beta-lattamici (tipo penicillina), compresi i carbapenemi, potenti antibiotici utilizzati quando gli altri falliscono. NDM-1 si diffonde in molti batteri patogeni, tra cui E. coli, Acinetobacter baumannii e Klebsiella pneumoniae.
Molti di questi agenti patogeni sono resistenti a diversi antibiotici, il che limita le opzioni di trattamento».

La molecola messa a punto (denominata peptide PPMO) è un analogo sintetico di DNA o RNA in grado di silenziare il gene della resistenza.

«Nello studio in oggetto, gli scienziati hanno sintetizzato un PPMO favorevole al gene NDM-1, consentendogli di legarsi in maniera specifica all’  NDM-1 mRNA, producendo come effetto il silenziamento del gene».

Vediamo un po’ più nel dettaglio quale strategia hanno messo a punto i ricercatori.

Il gene rappresenta l’ “informazione” per costruire, in questo caso, la proteina. Tra le due fasi c’è la trascrizione del DNA del gene in RNA messaggero, sul quale si coordineranno le operazioni di sintesi della proteina di quel gene. Allora i ricercatori hanno realizzato analoghi sintetici di DNA ed RNA in grado di bloccare queste informazioni e non fare sintetizzare la proteina. Gli analoghi di DNA si vanno a legare come un cappuccio direttamente al gene disattivandolo. Gli analoghi di RNA hanno invece la capacità di legarsi all’ RNA messaggero, quindi ad una fase successiva.

L’uno e l’altro analogo avranno entrambi lo scopo di interrompere il processo che porta alla formazione della proteina (enzima) carbapenemasi rendendo così i batteri di nuovo sensibili  all’antibiotico.

«Quando l’NDM-1 PPMO è stato aggiunto a colture di E. coli, A. baumannii o K. pneumoniae multiresistenti, che esprimono NDM-1, è stata ripristinata la suscettibilità ai carbapenemi in concentrazioni terapeuticamente rilevanti. Vi è una necessità critica di trovare nuovi trattamenti per i patogeni resistenti agli antibiotici e utilizzare un approccio gene-silencing, come ad esempio con un PPMO, potrebbe essere una valida strategia per un nuovo sviluppo di terapie antimicrobiche».

 

 

                                                              

 

 

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