È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
NEMMENO AZIENDALE O A KM ZERO
25 Giu 2013 09:49
C’è una problematica che attiene alla politica nazionale, in particolare a quella della difesa, i cui risvolti potrebbero avere, però, riflessi diretti su gran parte della popolazione che, però, viene tenuta all’oscuro delle decisioni, con la politica locale intenta a questioni più… terrene.
L’Italia è da tempo coinvolta in un programma militare per la realizzazione di un nuovo cacciabombardiere, l’F35 Joint Fight Striker, frutto di una grande cooperazione internazionale in cui è coinvolta anche l’Italia: prodotti dall’americana Lockheed Martin vedono la partecipazione anche di Alenia-Finmeccanica e altre aziende italiane (da Aerea a Vitrociset).
Da più parti si sono levate voci contrarie al progetto, alcune di quelle solite contro ogni tipo di armamento in contrapposizione a quanti sostengono che la migliore garanzia per la pace sia un apparato militare efficiente e commisurato alle moderne esigenze di operatività e funzionalità.
Ma in tempo di crisi e di revisione della spesa pubblica, i costi da sostenere per dotarsi del nuovo aereo sono apparsi, da subito, spropositati e, comunque, da rivedere, tanto che il precedente governo Monti, con una decisione di cui non esiste alcun atto parlamentare registrato, aveva stabilito di ridurre la commessa dagli iniziali 131 velivoli previsti a 90.
Per cui, in ogni caso, dovrebbero essere spesi ben 13 miliardi di euro.
Chi difende la scelta fa notare come la più piccola delle portaerei americane potrebbe contenere sulla sua pista di decollo tutta l’Aeronautica militare italiana e che questo dovrebbe dare la misura del fatto che non c’è nessuna esibizione muscolare di mezzo, ma la necessità di avere velivoli efficienti, di altissimo livello, che servono a garantire la pace e l’integrazione europea della Difesa.
I pacifisti insorgono contro l’adozione di un mezzo militare di attacco concepito solo in funzione aggressiva, che mal si concilia con la nostra Costituzione e ribattono alle stime del ministero riguardo ai costi, ai tempi e alle ricadute occupazionali e tecnologiche.
In particolare si eccepisce che la partecipazione al programma F35 non porterà alcun ritorno economico all’Italia, le nostre industrie hanno ottenuto appalti per circa il 20 per cento di quanto speso dal governo, sono stati ipotizzati 10mila posti di lavoro, secondo le stime dei sindacati, invece, i posti in più sarebbero solo 2mila, per di più ricollocazioni di lavoratori precedentemente impegnati con altri modelli di aerei militari.
Sulla problematica generale si inseriscono alcune criticità tecniche del progetto, sollevate da uffici del Governo americano, e dallo stesso Pentagono: vulnerabilità ai fulmini, problemi al motore che hanno portato allo stop dei voli dell’aereo, la denuncia dei piloti dell’incapacità di combattere non avendo nessuna chance di successo in uno scontro reale.
Alcuni paesi hanno iniziato a sfilarsi: in Olanda è stata avviata un’inchiesta parlamentare, l’Australia ha già deciso di acquistare altri velivoli militari, la Turchia ha deciso di rinviare l’ordine degli apparecchi e la Danimarca ha riaperto la gara per decidere entro il prossimo biennio di quali apparecchi dotare la propria aeronautica si sarebbe potuto cancellare l’Imu sulla prima casa, oppure mettere in sicurezza oltre 8mila scuole, aprire 3mila asili nido o coprire per metà il costo dell’introduzione di un reddito di cittadinanza.
Sulla questione si registrano due ordini di novità, entrambe destinate, forse, a modificare la situazione.
Secondo un rapporto (sigla Gao-13-690T), illustrato al Senato americano, redatto dal Government accountability Office (Gao), la branca del governo incaricata di controllare e autorizzare o meno ogni spesa prevista dall’Amministrazione pubblica, i costi previsti di operatività e manutenzione della flotta degli F35, una volta messa in linea, sono stati giudicati insostenibili dai vertici del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti: se le spese non caleranno, l’intero programma di costruzione del nuovo aereo da guerra è destinato a saltare perché anche gli Usa – dopo Canada e Olanda – sarebbero costretti a rinunciare all’acquisto. E l’Italia rimarrebbe forse il solo Paese al mondo a volere ancora un aereo che costa troppo e non è nemmeno in grado di combattere.
Ci sono severi giudizi sul piano tecnico, senza ulteriori e costosi miglioramenti, «l’F35 Joint Fight Striker non risponde completamente ai requisiti necessari per il combattimento».
Intanto in Italia, Movimento Cinque Stelle, Sinistra Ecologia e Libertà, e Partito democratico hanno formato un fronte trasversale per fermare l’acquisto dei cacciabombardieri F35 : 158 deputati hanno firmato una mozione che impegna l’esecutivo a sospendere la partecipazione italiana al discusso progetto. Un documento per destinare i circa 13 miliardi di euro previsti per i velivoli militari a diverse finalità. Dalla costruzione di asili nido alla manutenzione degli edifici scolastici.
Una alleanza fuori da quelle attualmente di governo, che rischia di minare la tenuta dell’esecutivo di Gianni Letta. A firmare la mozione c’è l’intero gruppo parlamentare del M5S, gli esponenti di Sel e quattordici deputati democratici.
La mozione impegna il governo a cancellare senza indugi la partecipazione italiana al progetto.
Il denaro risparmiato dovrebbe essere investito «in un programma straordinario di investimenti pubblici finalizzato alla messa in sicurezza degli edifici scolastici, alla tutela del territorio nazionale dal rischio idrogeologico, e alla realizzazione di un piano pluriennale per l’apertura di asili nido».
Dai fautori dell’iniziativa stime secondo cui al costo di un solo cacciabombardiere sarebbe possibile costruire 387 asili nido (11.610 famiglie beneficiarie e 3.500 nuovi posti di lavoro), oppure 21 treni per pendolari con 12.600 posti a sedere. Ma anche 30mila borse di studio per studenti universitari o la creazione di servizi di assistenza per circa 15mila famiglie con disabili e anziani non autosufficienti.
Le maggiori difficoltà per l’approvazione della mozione vengono dalla solite divisioni fra i democratici che, anche in questo caso, si dividono fra convinti atlantisti , difensori degli accordi con gli Stati Uniti e preoccupati delle conseguenze occupazionali, e quanti, invece, tagliano corto per una spesa che non ci possiamo permettere, nemmeno se andassimo a scovare qualche modello a Km zero o aziendale.
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