L’OLIVICOLTURA TRA MULTIFUNZIONALITA’ E MERCATO

In Italia 1’80% della superficie investita ad olivo è localizzata nel meridione e tra queste sono la Puglia, la Calabria e la Sicilia a coprire il 74% di questa quota. La Sicilia è la terza regione per superficie (156.000 ettari) e produzione (244.000 t di olive e 481.000 q.li di olio) e la coltura dell’olio costituisce uno degli elementi che caratterizzano l’agricoltura e il paesaggio della regione. Le aziende che coltivano l’olivo ammonterebbero in Sicilia ad oltre 198.000 con una dislocazione altimetrica prevalentemente collinare. L’olivicoltura interessa quasi tutto il territorio regionale ed in particolare le provincie di Agrigento, Messina, Palermo e Trapani, con quasi il 65% della superficie e produzione isolana. La ripartizione delle aziende per classi di superfici investita mostra come il maggior numero degli oliveti siciliani sia di dimensione estremamente ridotta presentando nel 50% circa dei casi una superficie aziendale minore di un ettaro. Tale fenomeno di polverizzazione delle superfici olivicole è un fenomeno diffuso in tutto il territorio regionale. Lo studio delle diverse fasi della filiera olivicolo-olearia ha fatto emergere una realtà produttiva ed economica in cui sono presenti opportunità e minacce, punti di forza e debolezza. Tra le opportunità relative al contesto economico ed istituzionale in cui la filiera opera quelle più rappresentative sono la tendenza all’espansione dei consumi di olio di oliva a livello mondiale nei paesi non produttori ad elevato reddito e la propensione da parte dei consumatori a privilegiare olio di oliva di qualità. La nascita di nuovi mercati in paesi non tradizionalmente produttori (Giappone, USA, Australia, Canada, Cina, etc) e gli incrementi dei consumi procapite nei paesi europei sebbene ancora modesti, lasciano intravedere notevoli margini di espansione della domanda di olio d’oliva a livello mondiale. Tutto questo è d’attribuire al pregio alimentare dell’olio di oliva rispetto agli altri grassi. Le recenti tendenze del consumo dell’olio di oliva evidenziano, ormai da alcuni anni, la tendenza a privilegiare la qualità. E’ infatti in atto una rivitalizzazione del segmento dei “vergini” a fronte di un consumo complessivo di olio di oliva ormai da anni stazionario. Ne consegue la diversificazione della domanda fra oli di qualità (tipici, extravergini, ecc) ed i restanti oli di oliva. tutto ciò è fondamentale per l’economia del comparto dell’olio di oliva che è ormai caratterizzato a livello comunitario e mondiale da una situazione di eccedenza strutturale, la cui competitivita è destinata a basarsi sempre meno sul prezzo e sempre più sulla qualità. Oggi oltre il 15% del mercato dell’extravergine di oliva è rappresentato da prodotti DOP, IGP, e biologici. In Sicilia la produzione di olio proveniente da coltivazioni biologiche, però, è solo del 5,4% rispetto al totale. La situazione non è migliore per le produzioni DOP dove la Sicilia conta solamente quattro denominazioni di origine protetta per l’olio: olio “MONTI  IBLEI”, olio “VALLI TRAPANESI”, olio “VAL DI MAZARA”, olio “MONTE ETNA” ed una per quella da olive da mensa: la “NOCELLARA DEL BELICE”. Nel complesso le produzioni DOP siciliane rappresentano appena 1’1,7% della produzione nazionale. Tuttavia, dal punto di vista qualitativo la Sicilia gode di una situazione privilegiata, in quanto la qualità dell’olio prodotto è eccellente, fatto che ha consentito negli ultimi anni, in occasione di manifestazioni internazionali, di ottenere importanti riconoscimenti. Ad esempio al concorso SOL D’ORO di Verona la Sicilia si è, infatti, aggiudicata uno dei tre premi più ambiti. Appare quindi evidente come l’introduzione delle DOP può contribuire a valorizzare l’olio nelle zone di produzione. Le imprese siciliane rischiano di non sfruttare le prospettive che il mercato presenta a causa di una serie di ritardi di carattere strutturale, organizzativo ed istituzionale che frenano uno sviluppo equilibrato della filiera. L’analisi delle fasi iniziali della filiera ha messo in luce l’elevato grado di frammentazione che caratterizza la componente agricola e anche quella della prima trasformazione, rendendo difficoltoso il collegamento con le fasi successive del processo di filiera. L’intera olivicoltura siciliana presenta costi di produzione elevati, dovuti in particolar modo alla mancata meccanizzazione della fase di raccolta, tali da renderla dipendente, ai fini della formazione del reddito, dall’integrazione comunitaria. I produttori olivicoli siciliani che non hanno potuto, per mancanza di risorse economiche, avviare programmi di ristrutturazione economica e organizzativa, capaci di incidere sui costi di produzione per migliorare i rapporti con gli altri attori della filiera, incontrano sempre più difficoltà a contrastare la concorrenza soprattutto dei paesi produttori di olio come Spagna, Grecia e Tunisia. E’ chiara pertanto la necessità di rilanciare l’olivicoltura siciliana, favorendo integrazioni di tipo orizzontale, ossia fra gli operatori della filiera. In questa prospettiva appare fondamentale la costituzione e il rinnovamento delle Associazioni di Produttori quali strutture di commercializzazione che si avvalgono di funzionali competenti e specializzati in grado di superare la complessità dei mercati nazionali e internazionali. Un armonico coordinamento della filiera costituisce il presupposto per cogliere al meglio le opportunità offerte dall’UE in materia delle DOP e delle IGP, che rappresentano un’occasione fondamentale per la valorizzazione delle produzioni di pregio regionali. I vantaggi che vengono offerti dall’approvazione delle DOP e delle IGP rischiano di essere vanificati se alla base non esistono forme di associazionismo unitarie (Associazione dei Produttori), la cui assenza è una delle cause della proliferazione dei marchi, che generano nel consumatore confusione nella scelta del prodotto e che porta conseguentemente ad una frammentazione delle risorse necessario per le indispensabili azioni di marketing. Inoltre è il caso di sottolineare che il mercato siciliano dell’olio di oliva è fortemente caratterizzato dalle vendite dirette del prodotto sfuso da parte delle aziende produttrici e dei raccoglitori. Le difficoltà di coordinamento all’intero della filiera vanificano, pertanto, i vantaggi economici che potrebbero derivare dalla qualità elevata degli oli siciliani. Tra gli imprenditori siciliani che operano nella filiera dell’olio d’oliva, pochi basano i loro processi decisionali su un’adeguata conoscenza della situazione di mercato e dei punti di forza e di debolezza dell’azienda. E’ necessario favorire quelle politiche volte a migliorare il reticolo di servizi e strutture di supporto che devono affiancare le imprese nella loro attività. Ad esempio, la costituzione di organismi che forniscono capacità organizzativa e le competenze per far fronte alle sfide competitive del mercato potrebbe essere una soluzione. A tal proposito appare certamente utile una forte collaborazione tra il mondo della ricerca e quello della produzione. Altre azioni da svolgere sono quelle mirate a diffondere il miglioramento della cultura, della professionalità degli addetti e degli imprenditori. Si deve cioè operare in maniera tale che si affermi una cultura d’impresa capace di veicolare conoscenze tecniche, cultura progettuale, ed un approccio strategico alla gestione aziendale. (Paolo Pellegrino)

 

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