È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
LETTERA A LUCILIO
02 Gen 2014 04:31
Primo gennaio 2014. Tutti fanno auguri, tanti fanno discorsi di circostanza e allora perché non andare a vedere cosa scrisse il grande filosofo ed educatore Lucio Anneo Seneca quasi due millenni fa? Egli fu un filosofo e uno scrittore latino. Nacque a Cordova in Spagna nel 4 a. C. e morì a Roma nel 65). Ebbe una vita piuttosto intensa e viaggiò molto.
Fu educatore di Domizio (il futuro Nerone) ma gli intrighi di corte, tra cui la morte di Britannico e della madre Agrippina ordinati da Nerone stesso, lo convinsero nel 62 a ritirarsi a vita privata e si dedicò allo studio e alla meditazione.
Purtroppo in una congiura di Pisone (65 d. C) fu denunciato come complice e si suicidò.
Scrisse molte opere, ma ne sono andate perdute parecchie. Pare che Lettere a Lucilio fosse una delle ultime. E’ facile intuire il motivo della mia scelta tra le tante.
Auguro a tutti i lettori di RagusaOggi uno splendido 2014.
Expecto epistulas tua quibus mihi indices circuitus Siciliae totius quid tibi novio stenderit, et omnia de ipsa Charibdi centiora. Nam Scyllam saxsum esse et…
Aspetto tue lettere per sapere che novità hai scoperto girando per tutta la Sicilia e avere notizie più sicure su Cariddi. Infatti, so benissimo che Scilla è uno scoglio e non è pericoloso per i naviganti: desidero, invece, che tu mi scriva esattamente se sono vere le leggende su Cariddi e, se ci hai fatto caso, (e certo la cosa merita attenzione), informami se i vortici li provoca un vento in particolare, oppure se tutte le burrasche sconvolgono allo stesso modo quel tratto di mare, e se è vero che ogni relitto strappato via da quel turbinio di correnti viene trascinato sott’acqua per molte miglia ed emerge vicino alla spiaggia di Taormina. Se mi scriverai tutte queste notizie, allora oserò chiederti di salire anche sull’Etna per farmi piacere. Secondo alcuni questo vulcano si sta consumando e abbassando a poco a poco; lo deducono dal fatto che un tempo i naviganti lo scorgevano più da lontano. Questo fenomeno può succedere non perché diminuisce l’altezza del monte, ma perché il fuoco è più debole ed esce con minore violenza e in minore quantità e per lo stesso motivo anche il fumo diventa più tenue durante il giorno. Sono due ipotesi plausibili, sia che il monte si stia consumando e abbassando giorno dopo giorno, sia che rimanga tale e quale, perché il fuoco non lo divora, ma si forma in qualche cavità sotterranea, ribolle ed è nutrito da altre sostanze: nel monte non trova alimento: solo una via d’uscita. In Licia c’è una regione notissima, che gli abitanti chiamano Efestione, dove il terreno presenta numerose buche: il fuoco che le circonda è innocuo e non danneggia la vegetazione. La regione è ridente ed erbosa; le fiamme non bruciano niente, semplicemente brillano di una luce debole e fiacca.
Ma mettiamo da parte questo argomento per approfondirlo quando mi scriverai a che distanza dal cratere si trova la neve; pur essendo vicina al fuoco, è tanto riparata che non si scioglie nemmeno in estate. Non devi, però addebitarmi la fatica della scalata: anche se nessuno te lo avesse chiesto, l’avresti fatto per soddisfare la tua forte curiosità. Non c’è niente che possa distoglierti dal descrivere l’Etna nel tuo poema e dal toccare questo soggetto abituale per tutti i poeti. Il fatto che Virgilio ne avesse parlato diffusamente non impedì a Ovidio di trattare l’argomento; e Virgilio e Ovidio insieme non distolsero neppure Cornelio Severo. Inoltre questo soggetto si è prestato con successo a tutti, e gli scrittori precedenti, secondo me, non hanno portato via agli altri quello che c’era da dire, ma hanno spianato la via. È molto diverso accostarsi a un tema ormai esaurito, oppure a uno su cui hanno lavorato altri: questo si sviluppa giorno per giorno e le immagini create non sono di ostacolo a chi ne vorrà creare di nuove. E poi lo scrittore che arriva per ultimo è nella condizione ottimale: trova le parole pronte; basta disporle diversamente e acquistano una fisionomia nuova. Il suo non è un furto: appartengono a tutti. O io non ti conosco o l’Etna ti fa venire l’acquolina in bocca; e già desideri scrivere qualcosa di grande e allo stesso livello delle opere precedenti. La tua modestia non ti fa sperare di più: è tale che, secondo me, saresti pronto a trattenere le forze del tuo ingegno se ci fosse pericolo di superare gli altri: tanto è il rispetto che nutri per gli scrittori precedenti. La saggezza ha, oltre al resto, anche questo di buono: uno può superare un altro solo durante la salita. Arrivati in cima, si è tutti uguali; non c’è possibilità di avanzare, si sta fermi. Il sole aumenta forse la sua grandezza? E la luna percorre un’orbita più lunga di quella solita? I mari non crescono; l’universo conserva sempre lo stesso aspetto e la stessa estensione. Le cose che hanno raggiunto le dovute dimensioni non possono ingrandirsi: tutti coloro che raggiungeranno la saggezza saranno uguali e alla pari. Ciascuno di loro avrà doti sue proprie: uno sarà più affabile, uno più pronto, uno più spedito nel parlare, uno più eloquente: la virtù, di cui si discute e che rende felici, è uguale in tutti. Non so se il tuo Etna possa crollare e precipitare su se stesso o se l’azione violenta e continua del fuoco possa corrodere questa alta vetta, visibile su un largo tratto di mare: ma né le fiamme, né un crollo possono trascinare in basso la virtù; è l’unica dignità che non conosce diminuzioni. Non può avanzare e nemmeno indietreggiare; la sua grandezza è fissa come quella dei corpi celesti. Cerchiamo di innalzarci fino a essa. Si è fatto già molto; anzi, a dire il vero, non molto. La bontà non consiste nell’essere migliori dei peggiori: chi potrebbe vantarsi della propria vista, se scorge appena la luce del giorno? Se uno vede splendere il sole attraverso una fitta nebbia, benché sia lieto di essere per il momento sfuggito alle tenebre, non gode ancora del bene della luce. Allora l’anima nostra potrà congratularsi con se stessa quando, uscita dalle tenebre in cui è avvolta, scorgerà la luce, non con vista debole, ma accoglierà tutto lo splendore del giorno e sarà restituita al suo cielo, quando riprenderà il posto assegnatole dalla sorte al momento della nascita. Le sue origini la chiamano in alto e ci arriverà anche prima di liberarsi dalla prigionia del corpo, se disperderà i vizi, e pura e leggera si innalzerà a pensieri divini.
È bello, mio carissimo Lucilio, perseguire questo scopo, e tendervi con tutto il nostro slancio, anche se pochi, o nessuno, sono in grado di farlo. La gloria è l’ombra della virtù: la seguirà anche contro il suo volere. Ma come l’ombra a volte precede, a volte segue, oppure è alle spalle, così certe volte la gloria è davanti a noi, visibile, certe altre è dietro ed è più grande quanto più tardi arriva, una volta scomparsa l’invidia. Per quanto tempo Democrito fu considerato pazzo! A fatica Socrate divenne famoso! Per quanto tempo i concittadini ignorarono Catone! Lo respinsero e ne compresero il valore solo dopo la sua morte. L’integrità e la virtù di Rutilio non sarebbero emerse se non avessero subìto un’ingiustizia: l’oltraggio le fece risplendere. Non fu forse grato alla sua sorte e non accettò volentieri l’esilio? Parlo di uomini che la fortuna ha reso celebri mentre ne subivano le angherie: ma di quanti vennero alla luce i meriti solo dopo la morte! Quanti la fama non accolse subito, ma li trasse poi fuori dall’oblio! Vedi quanto è ammirato Epicuro non solo dai più dotti, ma anche dalla massa degli ignoranti! Eppure egli che viveva in disparte nei dintorni di Atene, in Atene stessa era sconosciuto. Molti anni dopo che Metrodoro era morto, celebrò in una lettera con un ricordo grato la sua amicizia con lui; alla fine aggiunse che, fra i tanti beni di cui avevano goduto, né per sé, né per Metrodoro era stato un danno che la celebre Grecia non solo non li avesse conosciuti, ma quasi non li avesse sentiti nominare. Non fu scoperto forse dopo la sua morte? Non rifulse la sua fama? Anche Metrodoro in una lettera confessa che lui ed Epicuro non erano abbastanza noti, ma che dopo di loro avrebbero ottenuto grande e immediata fama gli uomini che avessero voluto calcare le loro stesse orme. La virtù non rimane mai sconosciuta e l’essere stata sconosciuta non la danneggia: verrà il giorno che la riporterà alla luce dalle tenebre in cui era stata seppellita e compressa dall’invidia dei contemporanei. Chi si dà pensiero degli uomini del suo tempo, è nato per pochi. Seguiranno migliaia di anni, migliaia di generazioni: guarda a loro. Anche se l’invidia ridurrà al silenzio tutti i tuoi contemporanei, verranno i posteri a giudicarti senza risentimenti o compiacenze. Se dalla fama deriva un premio alla virtù, neppure questo andrà perduto. Non ci toccherà quello che i posteri diranno di noi; tuttavia ci onoreranno e ci celebreranno anche se non potremo sentirli. La virtù ricompensa tutti o da vivi o da morti, purché la seguiamo con lealtà, senza fregiarcene o adornarcene, ma rimanendo sempre gli stessi, sia che sappiamo di essere visti, sia che veniamo colti di sorpresa, impreparati. Fingere non serve; una maschera superficiale può ingannare solo pochi: la verità è uguale in ogni sua parte. L’inganno non ha solide basi. La menzogna è uno schermo sottile: se guardi con attenzione, è trasparente. Stammi bene.
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