L’ASSENTEISMO

E’ domenica: tiepidi raggi di sole, di buon mattino, spazzano il grigiore dei giorni scorsi. Sarebbe un discreto invito a godersi la giornata all’aperto, ma le temperature, ancora rigide, fanno propendere per godere ancora del confort garantito dalle stufe.

Si inizia allora con i gesti rituali e si arriva ad accedere ai ‘preferiti’ dell’IPAD per leggere e vedere cosa ci riserva la giornata: ancora stordito dalle influenze di Hypnos, dio del sonno, apro Ragusa Oggi e, per un attimo, resto spaventato da un titolo che scorgo fra le ‘brevi’: “Bandiera rossa trionferà”.

Letta così, più che una profezia o un auspicio, sembra un dato di fatto: penso che qualche oligarca russo, in nottata, si sia incazzato o che ai Coreani sia sfuggito il controllo della valigetta con i codici nucleari. Mi rivedo senza IPAD, con la televisione in bianco e nero con un solo canale, costretto a fare la fila per comprare il pane da intingere nella zuppa di legumi invece di gustare gli ultimi ‘quattro salti in padella’ della Findus.

Con timore reverenziale, clicco sul titolo e si apre l’articolo: è, in verità, una lettera al Direttore,  di un anziano nostalgico del Partito Comunista Italiano che rimembrava i fasti delle campagne elettorali di una volta. Ricordava i comizi, gli inni diffusi dagli altoparlanti, gli attivisti, le folle in attesa del politico famoso.

Il pensiero nostalgico era provocato dal vedere la campagna elettorale dell’odierno Partito Democratico organizzata in una saletta di soli 100 posti.

Mi ha suscitato tanta tenerezza la spontaneità del vecchio militante, l’ingenuità, quasi infantile, che si contrappone alle ormai consuete furbizie di chi, per qualsiasi tipo di manifestazione, attento al numero degli intervenuti, cerca in ogni modo di mistificare la realtà. Vallo a dire al vecchietto che non è solo il suo partito, ma succede anche per gli incontri non di carattere politico, meglio una sala da 100 posti stracolma che un auditorium da 400 posti semivuoto. Ai suoi tempi l’immagine non comandava.

D’altra parte il nostro lettore deve anche capire quali stravolgimenti ci sono stati e ci saranno in politica: ai suoi tempi, per decenni, uguali erano il nome del partito, gli inni, i programmi, le eventuali alleanze, i leader, le sedi, le strategie. Oggi tutto è in costante aggiornamento.

Per par condicio e per risollevare lo spirito del nostro amico, pensiamo, per un attimo cosa ci può essere nell’animo dei fedelissimi della destra, quelli che una volta, sarcasticamente ma non tanto, si salutavano dicendo : camerata !, quelli, ormai da tempo, orfani del periodico comizio di Almirante, che affascinava le folle non solo di destra, con l’identico corredo di inni e attivisti, questi, nell’occasione,  in mimetica e anfibi; quelli che hanno goduto degli ultimi scampoli di fulgore nel vedere l’ultimo leader comiziare ai piedi della torre di piazza Libertà, quella che loro ancora chiamano piazza Impero, ancora discretamente piena in uno sbiadito revival di ben altre oceaniche platee in ascolto di più antichi e prestigiosi leader della destra, che, similmente, arringavano la folla ai piedi della torre.

Pensi al loro imbarazzo nel dover subire le battute per gli affari immobiliari o per le inconsuete alleanze che si profilano all’orizzonte, pensi quale dolore nel constatare che, per loro, anche una sala riunioni può essere sprecata per i loro incontri.

Sempre per risollevare lo spirito del nostro amico, e anche per par condicio, rivolgiamo per un  attimo lo sguardo agli ultimi eredi di casa democristiana, guardando allo scudo crociato come all’icona di quel centro cattolico che da oltre cinquant’anni ha caratterizzato la nostra storia. Come per altri partiti, la diaspora verso altre formazioni è stata marcata, ma resta il fatto che chi guarda allo scudo crociato, specie se ha passato da tempo i cinquant’anni, resta deluso nel vedere gli incontri aperti a tutti ma, in definitiva, caratterizzati da una esigua partecipazione di iscritti e simpatizzanti, nobilitati solo dalla presenza dei notabili del partito e dalla platea composta dai vari componenti le correnti, quelli che fino al giorno prima si sono tirati i pesci in faccia per questioni che nascondono solo represse aspirazioni di leadership in vista di futuri eventi. 

Questioni che, come invece era legittimo aspettarsi anche dall’ultimo degli iscritti, non sono state minimamente prese in considerazione, meno che mai  contemplate dalle gerarchie politiche come episodi da dirimere ad ogni costo.

Per un democristiano d’annata resta solo il piacere di assistere allo svolgersi degli eventi, una volta eravamo centro, poi ci siamo spostati e ci siamo alleati con la destra, ritornati al centro abbiamo stretto alleanza con la sinistra, mentre si ritorna al centro, imbarcando gli ultimi reduci della destra, senza, naturalmente, rivelare cosa si farà, per esempio, per le prossime comunali.

Pensandoci bene, forse, l’anziano democristiano nostalgico è quello che se la passa meglio, non vivrà l’emozione delle grandi strategie, non sentirà parlare di compromesso storico o di convergenze parallele, ma potrà sempre scommettere un euro sull’evolversi delle alleanze, per rimembrare i fasti di una volta.

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