L’ACCADEMIA DELLA CRUSCA

A Firenze, nel 1522, venne ordita una congiura ai danni del cardinale Giulio de’ Medici da parte dell’Accademia degli Orti Oricellai e per questo vennero vietate tutte le riunioni private e abolite tutte le accademie.

Tuttavia già nel 1537 si ebbe notizia di sospette attività di giovani signori, insofferenti del governo mediceo e che si riunivano presso l’Accademia dei Pianigiani.

Il nuovo duca Cosimo I de’ Medici affermò sorprendentemente: “Sempre si usò nella città far di simili baie [bagatelle] e non hanno sempre tanto fondamento quanto le persone s’immaginano. E perché li cervelli fiorentini non sanno stare oziosi, è meglio alle volte si occupino in simili baie che sien cogitabondi [meditabondi]”. Un programma che aveva lo scopo di canalizzare l’attività degli intellettuali dietro obbiettivi fittizi (baie), ben presto viene attuato.

Per prima cosa Cosimo I fa riaprire lo Studio fiorentino e l’università di Pisa, che erano stati chiusi nel 1522 e istituì l’Accademia fiorentina (1540), finanziata e controllata dal duca stesso e dove confluirono tutti i professori dello Studio.

La struttura è organizzata e dotata di obbiettivi indotti da un decreto.

Il controllo investe la scelta  degli accademici, disciplina le loro attività, regola il cerimoniale e i fini dell’Accademia offrendo per contro benefici vari e stipendi elevati. Uno degli obbiettivi è “il coltivamento della toscana favella”. Viene dato quindi incarico di studiare e regolare il volgare, sia “interpretando [commentando], componendo e da ogni altra lingua in questa nostra riducendo [traducendo]”, sia preparando una grammatica sistematica “dell’uso fiorentino”.

Si lavorò assiduamente a questo programma: si discussero problemi ortografici e linguistici, si affermò la dignità scientifica e letteraria del volgare a confronto di quelle classiche, l’eccellenza del fiorentino sugli altri volgari nazionali e si progettò un vocabolario  normativo e storico. Tra l’altro Dante fu ritenuto un  modello di lingua varia e vivace, di carattere civile, politico e filosofico.

Verso la fine del secolo, l’eredità filologica, critica e linguistica e l’orgoglio cittadino dell’Accademia fiorentina furono assunti integralmente da un’altra  accademia statale, l’Accademia della Crusca, che sorse nel 1582 come Brigata dei Crusconi (cruscata in fiorentino era una pappolata, ossia un pasticcio e “leggere in crusca” significava burlare) con fini scherzosamente parodistici verso la solennità dell’Accademia fiorentina e, gli inizi, tenevano le loro adunanze nello stesso posto, nei giorni lasciati liberi dall’Accademia ufficiale.

Solo nel 1583 con l’arrivo del grammatico Leonardo Salviati, l’Accademia cambiò nome: da Crusconi ad Accademia della Crusca, ma anche stile e scopi. Divenne così una congrega di eruditi impegnati in un rigido rituale ispirato  all’impresa del frullone (la cassa di legno in cui si prepara il fior di farina dalla crusca), ovvero la “cernita della crusca dalla farina” della lingua volgare.

Si deve sempre al Salviati se il nome della Crusca si diffuse in tutta l’Italia letteraria per via della  polemica che imbastì contro la Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso.

L’impresa del Vocabolario  venne avviata nel 1590. Salviati era morto da un anno, ma vennero mantenuti i suoi principi linguistici che aveva enunciato  nelle “Annotazioni alla rassettatura del “Decameron”. Il duca Francesco I, per accondiscendere agli indirizzi della Chiesa controriformista, nel 1582 aveva commissionato all’accademico una nuova edizione purgata delle novelle del Boccaccio. Una volta epurate le oscenità e tolte le beffe e la satira al clero, si erano resi necessari dei brani di raccordo  in “fiorentino del Trecento”, per comporre i quali Salviati aveva schedato una serie enorme di manoscritti, ricordi e scritture private di quel secolo.

La sistemazione del Decameron, forniva un primo catalogo di fonti linguistiche e forniva la prova  evidente che si poteva scrivere in fiorentino trecentesco.

Esaurita la ricerca del Salviati dei manoscritti antichi utilizzabili come testi di lingua, se ne allineò la testimonianza, senza nessun criterio selettivo e senza distinguere tra scrittori maggiori  e minori,  nel Vocabolario, la cui prima edizione fu edita a Venezia nel 1612 seguita da una seconda nel 1623 e un a terza nel 1691.

La pubblicazione del testo fu fatta oggetto da polemiche infocate. Grazie al Vocabolario, l’Accademia della Crusca divenne in assoluto il fenomeno culturale e civile duraturo della cultura italiana. Per ben quattro secoli, infatti, è stato il punto di riferimento, tra consensi e polemiche, spesso violente, riguardanti sia i presupposti  teorici, sia i risultati pratici.

Il Vocabolario,  fu imitato dal Dizionario dell’Accademia francese (1694), poi dal Dizionario dell’Accademia spagnola (1726-39) e dal Dizionario della lingua inglese (1745-47) di Samuel Johnson, diventando così uno strumento imprescindibile.

© Riproduzione riservata

Invia le tue segnalazioni a info@ragusaoggi.it