IPSE DIXIT “CANCELLIAMO I PARTITI”.

 Con i suoi capelli ribelli e la barba canuta è in viaggio per le strade e le piazze d’Italia, che riempie di seguaci, curiosi e devoti, santificando le folle generate perché si liberino dal male – fiat voluntas dei – attraverso il sacramento della connessione al web e dannando per l’eternità i furfanti della res pubblica che il sistema di governo ha prodotto. Come Savonarola, denuncia le malefatte: ma tutti sanno che, come lo stesso frate domenicano faceva, è facile scagliare anatemi contro ciò che sembra il male assoluto e che ormai – ahìnoi – tange occhi e tasche di tutti.

 

Era quasi semplice condannare la depravazione e la corruzione che hanno contraddistinto nei loro mandati i papi dell’epoca, come è parimenti scontato, in questo tempo, farlo del sistema di governo che si è propagato dalla balena democristiana dei grandi appalti, al socialismo travolto da piogge di monetine all’hotel Raphael, al liberismo (dei costumi e del degrado) di papi Silvio: in tutti era massiccia la presenza di corrotti e di corruttori. Ma se prima erano gli enclavi, adesso sono i partiti, i nuclei del potere. Per i due Savonarola, entrambi hanno rappresentato e rappresentano il marcio, erano e sono la raffigurazione del maligno, da schiacciare come serpenti demoniaci.  

 

Come dare torto ai santoni di ogni tempo? Stanno lì, pronti a denigrare, depositari della verità assoluta e inappellabile. Il Caro Leader Beppe poi ha pronto un elenco lungo e facile, saltato agli onori delle cronache: abbiamo letto tutti cosa hanno combinato er batman di Anagni Fiorito, Lusi e Belsito. Rimborsi elettorali gonfiati, truccati e rubati. Denaro pubblico, della collettività, usato per pagare lussi, frizzi e lazzi.

Partiti trasformati in macchine mangia soldi, i quali sarebbero dovuti essere destinati a migliori (e più utili alla cittadinanza) destinazioni. Partiti tramutati in congregazioni, logge, famiglie. Partiti da abbattere, destituire, distruggere.

Poco importa al vate del web se i partiti, nelle singole realtà dei territori hanno svolto battaglie importanti e differenti, se gli attivisti (dei partiti) si sacrificano quotidianamente nella lotta, spesso rimettendoci di tasca propria. non importa, per il caro leader e la sua oscura e riccoluta ombra Casaleggio, i partiti sono il male assoluto.

 

E allora è necessario trovare una nuova retorica di salvezza: cambiare etichetta, nome e forma (anche se può risultare solo apparente). Meglio usare il termine movimento, così denso di sfumature civili e popolari; meglio propagandare la cittadinanza attiva, fulcro e movente di ciò che i partiti avrebbero dovuto essere, per ricostruire. Ma la domanda è da chi sono composti i movimenti? Chi fa parte del Movimento cinque stelle? Cittadini, sicuro. Come lo sono del resto coloro che vivono nei confini della nazione, pagano le tasse, hanno diritti e doveri dentro lo stato.

Cittadini che, al momento di presentazione delle candidature, devono possedere i requisiti che sono riportati dallo stesso (non)statuto del movimento del Caro Leader: “non essere tesserati in nessun partito; non aver partecipato alle ultime due tornate elettorali con altri partiti o liste”. Sembra ovvio.

 

In effetti i requisiti saranno stati rispettati in pieno (chi si sogna di dare del truffatore al santone?): Lei non sarà stata tesserata nell’anno appena concluso ad alcun partito ne tanto meno è stata candidata nelle ultime due tornate elettorali. Così è entrata nel movimento per diventare parte del nuovo che avanza inarrestabile. Poi, dopo aver partecipato ai meet-up (che potrebbe essere tradotto con incontri, non con riunioni, parola che suona così tanto da partito), ha potuto presentare il curriculum. Quindi è stata selezionata come eleggibile e posta in una lista. Infine è stata eletta (con le preferenze, a dover di cronaca) ed è diventata deputata o, come si dice dalle nostre sicule parti, onorevole – abbiamo ancora questo privilegio che è sicuramente non solo nominale. Lei, Vanessa Ferreri – è l’esito del voto del 28 ottobre del 2013 – è consigliere all’assemblea regionale siciliana, proviene dal collegio di Ragusa, ed è appartenente al Movimento cinque stelle.

 

Il suo nome però, quello di Vanessa Ferreri, risulta (stranamente?!?) in un comunicato stampa  pubblicato sul web, inviato alla stampa provinciale, propagandato come spesso accade per comunicazioni del genere su facebook.

Un  documento che Italia dei Valori – un partito? Sì, proprio quello –  ha reso pubblico il 5 novembre del 2011. Meno di un anno prima delle elezioni regionali – trionfali per il movimento del Caro Leader che ha conquistato quindici seggi.

“È stato nominato referente organizzativo di Italia dei Valori Acate Biagio Spada, che sarà affiancato da Alfio Arcidiacono, Vanessa Ferreri, Aurora Guccione, Giuseppe Frasca, Giovanni D’Amanti”.

L’onorevole grillina era quindi iscritta a IDV e faceva parte del direttivo del partito dipietrista nel proprio paese, ed è poi transitata e diventata attivista, come risulta dai verbali (trasparenti quanto la comunicazione di IdV), del Movimento cinque stelle. Non è necessario aggiungere altro.

Ma allora questi partiti non sono tutti uguali? Allora, forse, ne esiste qualcuno che nei territori ha fatto buona politica?

Ma è davvero strano immaginare come chi ha condotto una vita politica, si è interessata e spesa per la propria comunità ed ha fatto parte di un partito (fino a qualche mese prima della sua elezione con il M5S), addirittura nel suo atto fondativo (non è reato, è giusto precisarlo) possa oggi appartenere alla stessa organizzazione che dei partiti propugna la cancellazione, che demonizza la loro esistenza e, soprattutto, dalla retorica anti-partitica trae cospicuo consenso elettorale.

 

Ma si sa per vincere le elezioni, bisogna scegliere un nemico (anche generale), puntarlo e indirizzare nella sua direzione tutto il livore possibile, anche a costo di distorcere informazioni, ripudiare il passato, cancellare ciò che è stato.

È una strategia (vincente nel consenso) abusata nel corso della storia. Una strategia della retorica però. La stessa che ha relegato i contenuti in fondo alla scala della discussione politica.

È vero, gridare alla maledizione del nemico, in guerra, accomuna chi soffre e freme per la mancanza di un futuro, compatta le fila. È necessario però essere veloci nel chiudere il baule, dopo aver riposto la divisa del nemico che si è appena finito di indossare.

 

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