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INTERVISTA A MARISARITA GARDIN TECNICO LUCI-AUDIO
26 Giu 2013 20:18
Signora Gardin, intanto ci illustri cos’è un tecnico audio-luci.
E’ colui che, partendo dalla visione di un copione e con le direttive del regista, crea dal nulla un ambiente, una musica, un’atmosfera. Questo andrà poi a rendere più concrete le emozioni, la suspance, il luogo e la realtà storica in cui l’opera teatrale è inserita. Ma se vuole una risposta più pratica direi che con l’aiuto di luci apposite posizionate in modo strategico, con il supporto di suoni e musiche, un tecnico cerca di creare la giusta dimensione emozionale che il testo teatrale o musicale vuole trasmettere al pubblico.
Lei fa parte di una Associazione Culturale teatrale. Quali sono i suoi compiti specifici?
Il lavoro svolto in questa compagnia può sembrare davvero irrisorio. Di fatto l’Associazione si propone di eseguire letture di testi a leggio. Conseguentemente può apparire logico che una volta posizionati i microfoni non occorra fare altro.
Giusto. E invece?
E’ qui che invece la vera creatività deve prendere il sopravvento. Un cono d’ombra fatto con delle luci appena più soffuse, o una luce dalla sfumatura di colore più calda daranno il tocco di profondità e di atmosfera attorno all’attore. Ma per il fatto che non ci sono grandi cambiamenti di scena è anche necessario tenere desta l’attenzione degli spettatori con piccoli cambi di luce. Il vero tecnico sa che non bisogna esagerare con questo gioco, l’occhio dello spettatore si stancherebbe e non sarebbe in grado di seguire la rappresentazione per più di 10 minuti.
E come interviene il tecnico creativo?
Alle spalle dell’attore però c’è da creare la scena, che di fatto in questo specifico contesto spesso non esiste. Ecco allora il tocco di creatività: con un gioco di piccoli faretti, oppure un telo che si colora col variare dell’atmosfera della lettura si va a formare uno sfondo, inoltre con un apposito sistema di luci che sostiene, con il loro cangiare, le pause che doverosamente i lettori devono fare, creo un diversivo che non fa notare al pubblico il vuoto d’attesa fra un cambio e l’altro degli attori.
Interessante. Prosegua.
Ma tutto ciò deve fare il conto anche con la vanità degli attori! Eh si! Una luce posizionata male crea zone d’ombra sul viso, facendo apparire rughe e macchie nere. Una luce troppo intensa crea il viso piatto e se l’attore si gira un poco di profilo si ha la sensazione di un naso eccessivo che “ombreggia” tutto il viso. Si utilizzano allora filtri rosati, o opachi per diffondere la luce in modo omogeneo e senza ombre. Non dobbiamo scordare però che il nostro attore dovrà comunque avere una luce sufficiente e strategicamente posizionata per permettergli la visione del copione scritto che è appoggiato al leggio, e al contempo non deve disturbare il pubblico.
Lei accennava che cura soprattutto attori a leggio…
La lettura a leggio impone inoltre un’atmosfera anche musicale. Diversamente la sola voce a lungo andare diventa tediosa, per quanto bravo, interpretativo affascinante sia l’attore. La musica ne sostiene la voce, crea un colore emozionale e rafforza il sentimento della lettura. Deve essere però costantemente calibrata per non sovrapporsi alla voce. Direi quasi che non bisogna sentirla, ma nel momento in cui non c’è tutto sembra vuoto, e la voce appare vuota o “nuda”. Quando togliendo la musica si ottiene questo effetto vuol dire che si è scelto il sottofondo perfetto!
Non mi risulta ci siano molte donne nel settore. Che cosa l’ha portata a questa scelta?
E’ vero, che io sappia non ci sono donne, ma il lavoro è realmente maschile in quanto molto tecnico. Si tratta di conoscere bene gli impianti elettrici, di saper trasportare fari spesso molto pesanti ad altezze proibitive, saper rismontare il tutto con grande velocità. Diventa stancante e pericoloso il posizionamento dei fari una volta appesi, perché spesso basta un piccolo spostamento per creare ombre o uscire dalla scena col cono di luce. Il tecnico è sulla scala e col faro acceso vede dove si proietta la luce: c’è il caldo del proiettore, lo sforzo delle braccia tese in alto a spostare, inserire filtri ecc. Non dico che una donna non ce la può fare, ma certo non lo consiglierei.
Ma Lei però lo fa!
Quello che faccio io in realtà è un lavoro molto più abbordabile: in genere abbiamo a disposizione già impiantati le luci del teatro che ci ospita, bastano poche accortezze per creare ciò di cui abbiamo bisogno, così come per l’ impianto audio. Poi c’è la mia fantasia che appiana un poco le eventuali difficoltà!
Che cosa l’ha indirizzata ad avventurarsi in questo mondo che Lei stessa definisce maschile?
Cosa mi ha portato a questa avventura? Inizialmente oso dire solo il destino, e un po’ di “pazzia”. Successivamente, dopo un corso di approfondimento specifico, mi sono resa conto di quanto meraviglioso sia questo mondo del “dietro le quinte”. Amo cercare soluzioni, mettermi in gioco e soprattutto risolvere in modo ingegnoso o fantasioso le difficoltà che una piccola compagnia come questa si trova ad affrontare: mezzi limitati, nessuna scenografia, testi spesso impegnativi. Creare dal nulla un’atmosfera, un’emozione, uno spessore intorno all’attore che faccia stupire, mi rende felice, ma soprattutto orgogliosa della sfida che insieme agli attori posso riuscire a vincere. In questo specifico caso però è indispensabile una costante collaborazione con loro, cosa che nelle grandi compagnie non esiste in quanto il tecnico praticamente esegue solo le direttive del regista.
Come si diventa tecnici audio luci?
Una grande disciplina e un innato senso dell’ordine aiutano moltissimo, perché ogni cavo, ogni pezzo, ogni oggetto deve costantemente avere la propria collocazione esatta: non posso dover cercare in giro il giusto raccordo, o mettere i cavi audio insieme a quelli delle luci. Tutto ha un suo ordine. Poi c’è la destrezza: in cima in equilibrio sulle americane (l’insieme di “travi” a cui vanno agganciati i fari) devo saper sorreggere e posizionare sia i cavi di raccordo sia i fari stessi. Questo è l’inizio. La vera base è avere alle spalle un corso specifico che se fatto seriamente dura almeno 3 anni. Conoscenza perfetta di impianti elettrici, conoscenza dei rischi connessi con l’utilizzo di questo materiale, capacità di saper affrontare questi rischi sono parte integrante dell’insegnamento.
Quante cose!
Poi c’è la vera base tecnica: come l’insegnamento della programmazione della computerizzazione delle luci da palcoscenico, che ormai è indispensabile. Poi la conoscenza approfondita delle dinamiche del suono, non solo per quanto riguarda la funzione e posizione degli amplificatori audio, ma la creazione al mixer computerizzato dei tempi sonori. Direi poi che sapere l’inglese aiuta moltissimo perché tutto ciò che fa parte degli impianti tecnici ha indicazioni scritte solo in inglese. Non ultima la passione per un lavoro che malgrado tutto è sconosciuto al pubblico.
Quali sono le richieste più frequenti che riceve? Intendo all’interno del gruppo teatrale.
Come già premesso questa realtà è davvero molto diversa e meno impegnativa dal vero lavoro che un tecnico deve affrontare. Le richieste più frequenti sono soprattutto a livello sonoro. Io cerco di creare il sottofondo sonoro ai testi che vengono presentati, la ricerca musicale ed il confronto costante con gli attori è indispensabile. Creare poi una illuminazione di base che risalti non solo l’attore, ma anche l’atmosfera che il testo propone mi esalta sempre.
Quali sono le difficoltà che incontra più spesso?
Ahia!! Qui devo fare i conti con il fatto che fino ad ora questo gruppo non ha mai avuto un vero tecnico audio-luci. E questo vuol dire che non sempre riesco a provare le musiche e l’illuminazione in modo serio. Mi spiego: minimo per definire i tempi reali di un testo accompagnato al sottofondo musicale ci vogliono almeno 3 o 4 prove. Questo perché:
1) non sempre chi legge utilizza ogni volta la medesima velocità di lettura
2) la musica va calibrata prima ascoltandola dalle cuffie e poi con l’inserimento della voce , verificando i parametri di entrambi i suoni, per non creare sovrapposizioni dissonanti
3) anche l’attore deve iniziare a comprendere il suono che diviene non solo la base del brano ma anche ausilio indispensabile a sostenerne la voce ed il ritmo della lettura
Poi ci sono le luci, fino ad ora ci siamo affidati a ciò che i teatri ci offrivano, ma non c’è mai stata la possibilità di provare realmente per tutto lo spettacolo i tempi tecnici di illuminazione, affidandoci al caso. Questo non è da me.
Come le risolve?
Per ora non ho risolto, ma sto “educando” gli attori piano piano
Il suo lavoro che è estremamente importante per i risultati di uno spettacolo che ritorno ha, psicologicamente parlando.
Quando sento gli applausi, mi rilasso perché tutto è andato per il meglio. So che nessuno si rende conto di quanta parte ci sia dietro le quinte, ma mi basta vedere le emozioni che si dipingono sul volto degli spettatori per sapere che un po’ è anche merito mio!
Ed economicamente?
Se “Amici di Parola” fossero un famoso gruppo rock, anche a livello economico potrei dirmi più che estasiata! Un tecnico che lavora per grandi gruppi o stabilmente per un teatro ha un introito abbastanza all’altezza della fatica e degli orari massacranti che si trova a fare.
Per fortuna questa associazione ha delle esigenze più adeguate al mio ritmo di lavoro e alla mia disponibilità.
Ma allora vale la pena di faticare tanto?
Vale sempre la pena lavorare quando si cerca di trovare un lato divertente all’impegno assunto. Ed io mi diverto molto.
Alla fine dell’intervista sono solita chiedere una frase, riferita al tema trattato e che riassuma il senso di quello che fa, per i nostri lettori di RagusaOggi.
Qualunque attore sembrerebbe nudo sulla scena se intorno non ci fossero delle “udibili” e “visibili” emozioni a sottolinearne la sua bravura.
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