Il testamento biologico secondo Nania

Ho letto il libro che ha presentato  qualche settimana fa, nella Chiesa di S. Teresa a Ragusa Ibla il Vice Presidente del Senato Domenico Nania: ”Il testamento biologico –La  terza via”. Sono intervenuti nel dibattito Sua Eccellenza  il Vescovo Mons. Paolo Urso, il Presidente della Provincia Ing. Franco Antoci, il Sindaco di Ragusa Nello DiPasquale, il Dott. Duchi (già Presidente del Tribunale di Ragusa), il Presidente dell’Ordine dei Medici di Ragusa Salvatore Criscione.  Io, sollecitato dal tema particolarmente importante , ho ritenuto di portare il mio contributo nei limiti di tempo strettissimi imposti dalla moderatrice e  Presidente dell’A.C.I.S  Avv. Gisella Scollo.  Ho letto anche, da poco, il libro di Beppino Englaro ed Elena Nave: “Eluana- La libertà e la vita”  e  mi ha colpito profondamente la sensibilità e la sofferenza di un padre che, determinato a far valere il rispetto per la propria figlia, ha condotto una lotta giudiziaria lunga e penosa agendo con chiarezza e alla luce del sole. E’ grazie a Lui che i cittadini italiani hanno preso coscienza della necessità di una legge giusta e rispettosa della persona, nell’atto delicatissimo del fine vita.  Una legge giusta in una Repubblica moderna e laica. Il contrasto fra il libro di Englaro e quello di Nania è stridente: nel primo  parla il padre, il cittadino che ha dimostrato di rispettare le leggi, il laico che chiede allo Stato di essere coerente con i dettati costituzionali, il cittadino che chiede l’intervento dello Stato  per porre fine alla barbarie dello stato vegetativo permanente provocato da una medicina  troppo invasiva. Nel secondo  parla il giurista , il politico che vuole rispettare i dettati costituzionali ma, prigioniero della propria storia politica, propone delle soluzioni  per fare una legge sul  testamento biologico sicuramente non  idonea per i cittadini italiani.  Il senatore Nania non accetta l’intervento dello Stato né delle strutture sanitarie pubbliche sul dove e come congedarsi dalla vita. Paragona il rifiuto all’idratazione e alla nutrizione equivalente alla rinuncia al ricovero e all’assistenza medica . A tal proposito scrive:”la persona-paziente….potrà esprimere il consenso informato accettando i sostegni vitali e restando nelle cure  del Servizio sanitario nazionale anche in caso di perdita della coscienza, oppure rifiutando i farmaci salva-vita e attendendo il decorso naturale della malattia, in assoluta autonomia e senza coinvolgere altri, nel suo domicilio e nella sua sfera giuridica privata. L’unica cosa che non si può fare è motivare , contestualmente, l’interruzione degli atti medici con il desiderio di attendere il decorso naturale della malattia, e la richiesta dell’assistenza sanitaria con l’intento di morire prima, sedati, ma di fame e di sete.” Il Senatore  asserisce  che la   Costituzione  non riconosce un diritto a morire con l’ausilio di terzi  pur non affermando un dovere di vivere quindi , secondo lui, il paziente può decidere se e quando morire ma non ha il diritto di scegliere dove e come morire. In sostanza non può pretendere dalle strutture sanitarie il sostegno per morire.

 Il Senatore Nania, come rappresentante dei cittadini, non può eludere le proprie responsabilità proponendo di lasciare soli  il malato ed il suo tutore: la terza via da lui ipotizzata  si ispira proprio ad un comportamento “pilatesco” dello Stato.  Questo ragionamento mi fa ricordare che il nostro Stato rifiuta la tecnica quando si deve nascere, per il rispetto della procreazione naturale, negando di fatto la felicità a tante coppie povere  non fertili (le coppie meno povere la possono trovare nelle cliniche non italiane). Che stranezze italiche! Che strana morale:  si fa invece ricorso massiccio alla tecnica quando per natura si dovrebbe morire.   Il disegno di legge presentato dall’on. Calabro’, approvato recentemente  al Senato  ha stabilito la privazione del diritto all’autodeterminazione ( diritto già sancito dalla nostra Costituzione e dalla Convenzione di Oviedo) e non a caso Il senatore parla di dichiarazioni anticipate  e non di direttive anticipate di fine vita. All’estero si chiamano direttive anticipate di trattamento di fine vita perché vanno rispettate assolutamente; in Italia le vogliono chiamare dichiarazioni anticipate forse perché si possono eludere oppure ostacolare. In una repubblica autoritaria   tutto ciò sarebbe la norma e spero che non lo diventi anche in Italia.

I padri costituenti invece hanno scritto una  Costituzione  rispettosissima della dignità della persona umana ma non potevano immaginare che nel futuro, nelle sale di rianimazione si potevano riportare in ”vita” persone e farle vivere “attaccate” alle macchine per decenni, altrimenti avrebbero sicuramente previsto delle norme chiare per evitare  la  barbarie che obbliga una persona a vivere prigioniero del proprio corpo, come una cavia  da laboratorio. 

Il d.d.l. Calabrò,  che piace (con qualche piccola modifica) al Sen. Nania, invece riflette un’insana alleanza fra fondamentalisti e   medici oltranzisti della vita che, spesso, con il loro intervento, generano solo una inutile e penosa sospensione del morire lasciando il malcapitato in un osceno limbo.

E’ una truffa, una odiosa truffa e, a tal proposito, così scrive Englaro:

 “L’incapace di intendere e di volere perde la possibilità di rifiutare i trattamenti vitali anche se si era espresso in precedenza per il rifiuto di essi.

In questo modo si entra nel circolo della  <sopravvivenza obbligatoria degli incapaci> : poiché non sono in grado di esprimersi, perdono l’occasione di poter uscire da un  circolo infernale.”  Io, prima di conoscere sulla pelle mia e della mia famiglia  l’orrore dello stato vegetativo, pensavo alla morte come qualche cosa di naturale e che si doveva accettare con tranquillità. Ho avuto modo di essere vicino all’epilogo della mia vita quando ho avuto un grosso infarto e, mentre mi portavano all’ospedale, ho pensato che tutto sommato mi potevo congedare serenamente dalla vita perché lasciavo tutto a posto: una brava moglie e due figli intelligenti e assennati  in grado di badare  a  se stessi. Oggi per me  non è più così e, ne sono certo, non è più così anche per milioni di italiani che  sono terrorizzati al pensiero di essere”salvati” in extremis (per esempio in una sala di rianimazione) ed essere poi costretti a vivere una vita zoologica     per niente dignitosa. Se passa alla Camera il d.d.l.,così come è stato  approvato al Senato,  per gli italiani non sarà possibile “morire in pace” ..  Il Sen. Nania considera (in buona compagnia di parte della Chiesa e di  un  nutrito gruppo trasversale di politici ) la nutrizione e l’idratazione forzata   non una terapia medica ma un trattamento  vitale che il cittadino, ormai incapace di intendere e di volere, non può rifiutare. E’ sconcertante che nel nostro paese si vuole fare una legge che vieta la possibilità di rifiutare la nutrizione e l’idratazione artificiale. E’un’orribile truffa: in tal modo una persona che non vuole vivere prigioniero del proprio corpo per decenni è costretto a farlo ( e se è giovane ed in stato vegetativo, avendo un’aspettativa di vita quasi uguale a quella dei coetanei, la situazione è ancora più drammatica). Significativa la testimonianza della figlia del bravo attore Nino Manfredi:«Mio padre come Eluana, è stato una vittima. Anche lui ha subito accanimento terapeutico per un lunghissimo e atroce anno di agonia. Salvato in extremis tre volte è stato rianimato, legato alle macchine per respirare, intubato con una tracheotomia, con cannule in tutto il corpo per farlo mangiare e bere a forza. Lui non avrebbe voluto questa inutile tortura ma non poteva parlare, non poteva difendersi. Abbiamo cercato di farlo noi per lui ma non è servito. Nessuno ci ha ascoltato. Per questo ci vuole una legge sul testamento biologico: perché sia rispettata la volontà della persona, perché non accada come a papà di doversi conquistare il diritto a smettere di soffrire solo dopo un anno di straziante agonia. Aspettando la morte come una liberazione».A proposito di nutrizione e alimentazione  così si esprimeva in una intervista Gian Domenico Borasio,  neurologo, esperto in Sla che lavora all’università di Monaco di Baviera con una cattedra in cure palliative:

Idratazione e nutrizione sono terapie mediche e non assistenza?
«L’assistenza avviene se io imbocco una persona, la terapia è se le metto il sondino. Gli esperti tedeschi di diritto e di bioetica, compresi teologi di ambo le chiese, e l’ordine dei medici sono concordi su questo punto».
In Italia alcuni schieramenti cattolici sostengono che Eluana morirà di fame e sete. Che pensa? «Dal punto di vista neurologico è un controsenso, poiché le parti del cervello che sono necessarie per creare la sensazione soggettiva di fame e di sete non funzionano più. Ma anche come palliativi   posso assicurarle che, quando i malati muoiono senza nutrizione e idratazione, questa è una delle morti più pacifiche possibili». Perché in Italia si fa tanta confusione? «Una volta, la gente anziana che moriva di vecchiaia, mangiava di meno, beveva meno, si affievoliva e si spegneva in pace. Oggi sappiamo perché: una lieve disidratazione ha effetti analgesici e aumenta la produzione di endorfine. Le cure palliative possono aiutarci a riscoprire la morte naturale». Idratare e alimentare che cosa comporta?
«L’idratazione è controindicata in fase terminale. Prima che il cuore cessi di battere, smettono di funzionare i reni. L’acqua inserita nel morente rimane nel corpo e può dar luogo a edema polmonare con sensazioni di soffocamento. La nutrizione artificiale è inutile e può essere altrettanto dannosa
».   Nel  sito:www.pubmedcentral.nih.gov (istituto di ricerca e clinica famosa in tutto il mondo) si  legge che “la sospensione dell’idratazione non comporta sofferenze per il paziente ma stimola il riflesso di endorfine e composti biologici dall’effetto anestetico che favoriscono un senso di benessere del paziente” Nell’antichità molti erano i vecchi che, stanchi e malati decidevano di abbandonare la vita  rifiutando cibo  ed acqua”. Non è per niente bello e poetico tutto ciò ma.. la realtà è questa.  Dicono alcuni: ” chi può decidere quale vita sia degna di essere vissuta e quale no?” Ma loro la vorrebbero vivere una vita così poco dignitosa?.. Essere innaffiati come piante! E ’troppo comodo fare i moralisti con la pelle degli altri! Finisco con una citazione del Senatore Ignazio Marino nel suo libro:Nelle Tue mani-Medicina,Fede, Etica e diritti:”In nessun altro paese al mondo si è riusciti a scrivere in una legge che l’idratazione e nutrizione artificiali non sono trattamenti sanitari, perché nessuno ha avuto l’arroganza di affermazioni così contrarie alla conoscenza scientifica. Nella maggior parte dei casi le leggi sono state scritte chiedendo aiuto alle persone che conoscono la scienza e possono essere di conforto per evitare di produrre l’obbrobrio legislativo a cui siamo arrivati “.Purtroppo questa legge così dibattuta non servirà a nulla. E’ una legge contro: contro la libertà di scelta,contro i medici, contro i malati e i familiari, contro chi si confronta con la malattia che avanza inesorabilmente e si interroga sulla fine della vita”.  (Luciano Di Natale)

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