È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
IL SUMMIT DI DOHA: ULTIMA CHANCE O ENNESIMA “FUMATA NERA”?
28 Nov 2012 20:10
Ha preso il via a Doha, capitale del Qatar, la XVIII conferenza mondiale sui cambiamenti climatici che si propone l’attuazione della fase due del protocollo di Kyoto. Gli obiettivi sono tanto ambiziosi quanto vitali e improrogabili.
Gli oltre 190 Paesi partecipanti avranno la responsabilità di raggiungere un accordo per contrastare i cambiamenti climatici, impegnandosi ad adottare misure (entro il 2015) che taglino l’emissione di gas serra nell’atmosfera. Entro il 2020 si dovranno attuare quelle linee guida che permetteranno di arginare il riscaldamento terrestre entro i 2°C e definire inoltre l’entità e la distribuzione dei cosiddetti finanziamenti salva-clima per i Paesi in via di sviluppo. I Paesi più industrializzati hanno già garantito una somma di circa 100 miliardi di dollari l’anno fino al 2020 che sovvenzionerà il Fondo verde per il clima. Andrea Boraschi di Greenpeace Italia ha dichiarato: “Da questa conferenza devono uscire fatti non parole. È ora che i governi, compreso quello italiano che promuove il carbone e le trivellazioni in mare, si diano da fare per rappresentare concretamente gli interessi delle popolazioni, sempre più vittime del cambiamento climatico, e non quelli delle imprese fossili, dai petrolieri a chi costruisce centrali a carbone, che di tutto questo sono responsabili”.
È necessaria un’inversione di marcia repentina, è una corsa contro il tempo, senza se e senza ma, altrimenti come conferma l’ultimo rapporto Unep (il programma Onu per l’ambiente): “Senza interventi rapidi anti-CO2, gli impegni attuali di riduzione delle emissioni di gas serra dei governi porteranno ad un riscaldamento del Pianeta fra i 3 e i 5 gradi centigradi entro questo secolo”.
Ciò porterà inevitabilmente ad acuire i devastanti effetti che provocano gli sconvolgimenti climatici ai quali possiamo già assistere, quasi quotidianamente, in tutto il mondo. “È un problema che non riguarda solo i paesi in via di sviluppo” – ha sottolineato il ministro dell’ambiente Corrado Clini – “Il fatto è che si avranno crescenti danni ai territori, soprattutto nelle città più ricche e lo dimostrano il caso di New York, ma anche di Genova, della Toscana e di Roma”. “Per questo – ha aggiunto il ministro – stiamo presentando al Cipe il programma di adattamento ai cambiamenti climatici che prevede interventi nei prossimi 15 anni con un costo medio di 2,5 miliardi all’anno per mettere in sicurezza il territorio”.
Infatti la situazione attuale è più che preoccupante. L’agenzia statunitense Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) e l’Organizzazione meteorologica mondiale dell’ONU (Omm) dichiarano che la presenza di gas climalteranti come CO2, ozono e metano in atmosfera nel 2011 ha raggiunto la concentrazione record di 473 ppm (parti per milione). Sono in aumento anche gas serra più rari quali l’esafluoruro di zolfo, gli idroclorofluorocarburi e gli idrofluorocarburi. Dall’avvento dell’era industriale, ed esponenzialmente in questi ultimi venti anni, la quantità di CO2 immessa in atmosfera (circa 375 miliardi di tonnellate) è più del doppio rispetto a quella che serbatoi naturali come foreste ed oceani riescono a riassorbire convogliandola nel ciclo del carbonio della biosfera. Il risultato (come una polveriera pronta ad esplodere), è che la CO2 oggi raggiunge le 390 ppm, una quantità che sfiora la quota di 450 ppm ritenuta il punto di non ritorno verso l’aumento globale di temperatura superiore ai 2°C.
Secondo il report Trends 2011 della Commissione Europea i maggiori produttori di CO2 l’anno scorso sono stati Cina (29%), Usa (16%), Ue (11%), India (6%), Russia (5%) e Giappone (4%). Le emissioni sono scese del 3% nell’Unione Europea (ma si dovrebbe e potrebbe fare di più) e del 2% negli Stati Uniti e in Giappone, ma purtroppo sono cresciute del 9% in Cina e del 6% in India. Questa tendenza porterà, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia, ad un aumento della temperatura di 3 – 4°C con effetti climatici catastrofoci.
Mentre le delegazioni dei Paesi di tutto il mondo, partedo dall’Earth Summit svoltosi a Rio de Janeiro nel 1992, al protocollo di Kyoto fino ad arrivare a Doha “giocano” sullo scacchiere della geopolitica, nel mondo reale centinaia di compagnie elettriche stanno costruendo 1199 nuove centrali a carbone (il combustibile fossile più inquinante). Lo studio di Global Coal Risk Assessment sui progetti delle compagnie energetiche di tutto il mondo, rivela che 455 nuove centrali a carbone saranno costruite in India, 363 in Cina (il più grande Paese inquinatore del pianeta) e le restanti in altri 57 Paesi tra cui l’Italia, dove si prevede la nascita di 4 nuovi impianti a carbone. Il World Resources Institute avverte che quello che così si prospetta è uno scenario catastrofico, nel quale il riscaldamento globale del pianeta risulterebbe completamente fuori controllo. Secondo Greenpeace Italia: “Costruire oggi infrastrutture energetiche di questo tipo vuol dire aggiungere un contributo enorme alle emissioni di gas serra per almeno 30 o 40 anni. Anche se l’Europa dovesse frenare, se Cina e India non invertiranno presto la rotta, la strada verso il caos climatico sarà sempre più breve e diretta”.
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