Festeggiati a Ragusa i 200 anni della Polizia Penitenziaria

Celebrata anche a Ragusa la festa del corpo di Polizia Penitenziaria. Il corpo festeggia i 200 anni dalla sua nascita. Ecco il discorso completo del comandante provinciale Chiara Morales.
*RELAZIONE OPERATIVA – FESTA DEL CORPO DI POLIZIA PENITENZIARIA 2017*

Gentili Ospiti, Autorità, Signore e Signori,
non senza emozione rivolgo a tutti voi il mio saluto ed un sentito ringraziamento per averci onorato della vostra presenza, in una data tanto importante per il Corpo di Polizia Penitenziaria.
Oggi festeggiamo il Bicentenario del Nostro Corpo, il cui atto di nascita risale al 18 marzo del 1817 per volontà di Vittorio Emanuele II.
Fu il Regno di Sardegna ad avviare la riforma delle carceri, attribuendo ai *soldati di giustizia* le funzioni di sorveglianza e di sicurezza.
Sono 200 anni che il Corpo di Polizia Penitenziaria attraversa la storia dell’Italia ed è parte fondamentale del sistema dell’esecuzione penale, garantendo legalità e sicurezza a tutta la società.
*200 anni* non sono pochi, siamo uno dei Corpi più antichi, ma siamo anche un Corpo che nei momenti difficili del nostro Paese, nei momenti di maggiore tensione, di maggiori rischi per la democrazia e per le garanzie dei diritti civili ed umani, proprio in quei luoghi in cui le criticità erano più forti e le relazioni interpersonali più difficili, ha saputo esprimere con umanità, con senso di appartenenza allo Stato Italiano, con rigore, con abnegazione, quelli che erano i sentimenti migliori, i sentimenti del rispetto della persona umana, i sentimenti della riconciliazione, e soprattutto i sentimenti di uno spirito di sacrificio che è giunto fino a donare la vita.
Nel corso di questi 200 anni, La Polizia Penitenziaria ha fatto tanta strada, diventando un corpo altamente qualificato, cui sono demandati compiti *specialistici *sia negli istituti penitenziari che nei servizi esterni.
Il Poliziotto Penitenziario ha il compito, specifico e difficile, di tenere insieme due ruoli: da un lato, il controllo della sicurezza e dall’altro, il recupero.
Egli deve, a prescindere dalla natura del reato e dalla riprovazione sociale che esso suscita, accompagnare il detenuto nell’auspicabile rivisitazione critica dell’agire antigiuridico e facilitarne il reinserimento sociale, contribuendo, quindi, alla *trasformazione dell’individuo* e, in questo senso, al Poliziotto Penitenziario è richiesto *un di più di umanità*.
E’ un corpo glorioso quello della Polizia Penitenziaria, con un mandato istituzionale tra i più nobili, ma che, tuttavia, attraversa uno dei momenti più difficili della sua storia, ed è il motivo per cui – non vi nascondo – spesso mi sono chiesta se ci sia davvero qualcosa da festeggiare oggi.
Ogni giorno percepiamo il profondo malessere del nostro personale, il quale, in grande affanno per la sempre più insostenibile carenza di organico, si sente fragile, si trova letteralmente schiacciato da turni di servizio massacranti, in un contesto di grave sovraffollamento carcerario, che rende ancora più critiche le condizioni di lavoro.
Non c’è voglia di festeggiare tra il personale, perché ormai da qualche anno il lavoro straordinario è diventato *ordinario*; perché il carico di sacrificio, che in passato veniva eccezionalmente richiesto dal Dipartimento prima del periodo estivo, è diventato ormai la regola, finendo per gravare, come un pesante fardello, sulle spalle del Poliziotto Penitenziario *tutti i giorni dell’anno*; perché le aggressioni subite dal personale di Polizia Penitenziaria ed i suicidi dei nostri operatori sono in drammatico aumento, come abbiamo appreso di recente dalle cronache giornalistiche nazionali.
Nonostante queste problematiche, mi sono sforzata di cercare gli aspetti positivi dell’organizzazione di questa festa, e ne ho trovati almeno due: il primo è ritrovare, per un giorno, compagni di strada, i quali condividono con noi l’obiettivo di garantire la *sicurezza all’interno degli istituti penitenziari*, che è base imprescindibile per la *sicurezza all’esterno**.* Penso a tutto il personale dell’Amministrazione Penitenziaria, alla comunità esterna, alle istituzioni locali, ai rappresentanti della politica, con cui è necessario *fare rete* al fine di combattere la battaglia quotidiana per il rispetto della legalità, mettendo al centro *l’uomo*, da cui partire e a cui arrivare, in un progetto complessivo di recupero sociale, che dia *un senso alla pena*. Penso, poi, alla grande occasione per far conoscere all’opinione pubblica la gravissima situazione vissuta oggi dagli istituti penitenziari del Paese, che non è solo fonte di sofferenza per i detenuti, ma anche di enormi sacrifici per servitori dello Stato – quali sono i Poliziotti Penitenziari – i quali operano in condizione di costante tensione emotiva e di grave stress psicofisico, e troppo spesso si sentono trascurati, abbandonati, quando balzano immediatamente sul banco degli imputati al verificarsi in carcere di qualunque evento funesto, a volte oltremodo ingigantito dai clamori mediatici.
Abbiamo affrontato condizioni di lavoro difficili, abbiamo gestito le inevitabili tensioni con maturità professionale, abbiamo fronteggiato emergenze e criticità con grande competenza e spiccato senso del dovere.
In tale contesto, alla luce dei parametri elaborati dalla CEDU con la nota sentenza *Torreggiani*, intendo esprimere tutta la mia soddisfazione nell’avere raggiunto l’obiettivo di garantire a ciascun detenuto uno spazio vitale minimo non inferiore ai 4 metri quadrati, con la permanenza, al di fuori della camera di pernottamento, per almeno *otto ore al giorno*, secondo l’indirizzo del D.A.P. Anche ciò, ovviamente, ha comportato un ulteriore aggravio di lavoro per tutto il personale, che ha comunque risposto positivamente alle ambiziose sfide del nostro Dipartimento, adattandosi al progetto di cambiamento del sistema penitenziario nazionale: un progetto riconducibile al modello della c.d.* sorveglianza dinamica*, che ha comportato un radicale cambiamento dell’approccio ai compiti istituzionali del Corpo. In particolare, per il personale di Polizia Penitenziaria, la *sorveglianza dinamica* ha condotto ad un diverso modo di fare sorveglianza, alternativo alle modalità tradizionali, non più basato sulla *semplice custodia e sul controllo assoluto della persona detenuta, bensì sulla conoscenza di essa*. Una vera e propria rivoluzione nelle procedure operative e nelle prassi applicative, che il Reparto di Questo Istituto, malgrado l’età avanzata dei più, ha saputo cogliere con spirito critico ed aperto al cambiamento.
Sempre a tal proposito, voglio sottolineare che *l’Ufficio Comando* ha curato da gennaio 2016 ad oggi, ben *70* istruttorie, disposte dalla Magistratura di Sorveglianza, finalizzate a definire i contenziosi relativi ai ricorsi per inumana detenzione ex art. *35 ter* dell’O.P.
E’ con grandissimo apprezzamento che vorrei continuare ad illustrarvi l’attività di questo Reparto, che nel corso dell’anno 2016, con sole *65* unità presenti, a fronte di una pianta organica prevista di 103, ha gestito una presenza media giornaliera di circa *135* detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 102.
Di rilievo il lavoro svolto *dall’Ufficio Matricola*, che malgrado la carenza di personale di cui anch’esso soffre e l’ingente carico di lavoro da cui è gravato, ha gestito, da gennaio 2016 ad oggi, in maniera *esemplare*, *886* ingressi dalla libertà e *912* dimissioni, e che si relaziona quotidianamente con gli uffici giudiziari di tutto il Paese.
Fondamentale è stato, ancora una volta, il contributo dato dal Reparto al Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, all’Autorità Giudiziaria e alle altre Forze dell’Ordine nell’attività di *monitoraggio del fenomeno della radicalizzazione violenta*; un fenomeno che – come sottolineato dal Ministro delle Giustizia – trova proprio nel carcere un allarmante focolaio per conversioni e pratiche di proselitismo. A tale riguardo, la Casa Circondariale di Ragusa – in linea con le direttive dipartimentali – ha avviato un’attività di prevenzione, attivando programmi di *deradicalizzazione* ed effettuando un’*osservazione mirata* del detenuto, ogniqualvolta il personale segnali manifestazioni che possano preludere a scelte di radicalismo confessionale. La Polizia Penitenziaria di Questo Reparto si è trovata a svolgere il quotidiano e delicatissimo compito di attenzionare la numerosa popolazione detenuta di fede musulmana, in un contesto in cui le barriere linguistiche e la mancanza di conoscenze culturali rendono ancora più difficoltosa l’individuazione di comportamenti sospetti.
In tale ottica, al fine di dotare il personale di ulteriori spunti di riflessione, il D.A.P. ha fornito agli istituti una serie di strumenti conoscitivi, che concorrono nella definizione del profilo personologico del detenuto potenzialmente esposto ad una azione di indottrinamento ideologico e, quindi, consentono di rilevare situazioni meritevoli di attenzione.
Non può non citarsi, altresì, la professionalità e l’impegno profusi dal nostro personale in occasione dei lavori di ristrutturazione e di adeguamento del *Reparto di Prima Accoglienza,* destinato ad ospitare i soggetti provenienti dalla libertà, il quale è stato interamente realizzato con manodopera detenuta, sotto il coordinamento e la direzione del personale di Polizia Penitenziaria addetto alla M.O.F., il quale ha dimostrato non solo straordinarie competenze tecniche, ma altresì una passione, un entusiasmo ed un senso di appartenenza non comuni.
Menzione merita, infine, l’encomiabile servizio prestato dal *locale N.T.P.* che, con un organico presente di sole n. 11 unità, ha garantito, dall’inizio del 2016 ad oggi, *700* traduzioni, di cui *444 *provinciali, *252* regionali e *4* nazionali, movimentando un totale di *1258* detenuti.
I dati citati si appalesano in tutta la loro importanza, specie in un momento storico in cui le risorse umane a disposizione di questo Reparto, si riducono sempre più, senza essere supplite da altro personale.
E’ pertanto doveroso – da parte mia – rivolgere ai miei uomini un orgoglioso ringraziamento, sottolineando che i lusinghieri risultati mai si sarebbero potuti conseguire senza il loro preziosissimo contributo.
Un pensiero particolare va, altresì, a tutti i colleghi pensionati: è grazie anche alla loro inestimabile esperienza, tramandataci nel tempo, che oggi abbiamo raggiunto l’alto livello di professionalità che ci viene tributato.
Un commosso ricordo rivolgo, infine, ai caduti del Corpo, nonché ai colleghi e dipendenti dell’Amministrazione che ci hanno lasciato prematuramente.
A tutti Voi, donne e uomini della Polizia Penitenziaria e alle vostre famiglie, vanno i miei più sinceri ed affettuosi auguri nell’odierna ricorrenza.
Senza la vostra umanità e l’integerrimo spirito di servizio, non sarebbe stato possibile raggiungere alcun obiettivo per un’Amministrazione – quella Penitenziaria – sempre più strategica nel *Sistema Paese*, cui è demandata la cura e la custodia del bene più prezioso, la vita, nell’applicazione delle misure di giustizia.
I nostri uomini, le nostre donne, svolgono, lontano dai riflettori, un ruolo di mediazione sociale insostituibile, che coinvolge uno degli spaccati più emarginati della società civile, operando non solo come polizia della prevenzione e della repressione, ma soprattutto, e questo rende *unica* la Polizia Penitenziaria, come *“polizia della speranza**”*.

Viva la Polizia Penitenziaria!

Viva l’Italia!

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