È stata inaugurata a Vittoria la nuova area di Osservazione Breve Intensiva (OBI) presso il Pronto Soccorso dell’ospedale “Guzzardi”. L’area è stata intitolata alla memoria di Giuseppe Morana, storico dirigente amministrativo dell’ospedale, alla presenza dei familiari e delle autorità locali. La cerimonia ha visto la partecipazione del Direttore Generale dell’ASP di Ragusa, Giuseppe Drago, della […]
Femminicidio: la strage senza fine. Ecco perché è un problema degli uomini
28 Ott 2018 12:01
Riceviamo e pubblichiamo documento della Consulta Femminile di Ragusa sull’omicidio di Maria Zarba. Attualmente l’unico sospettato dell’omicidio è il marito Giuseppe Panascia, che si professa però innocente. Ecco intanto la riflessione della presidente Giuseppina Pavone: “La sera di giovedì 11 ottobre la ‘tranquilla’ Comunità ragusana è rimasta sconvolta da una terribile notizia che nell’arco di pochi minuti si è diffusa a macchia d’olio, superando i confini della Provincia e arrivando fino … agli Stati Uniti: una signora di 66 anni mite, generosa, dedita alla Chiesa e alle attività di volontariato, è stata barbaramente uccisa nella sua abitazione, nel Centro storico della Città.
Le Forze dell’Ordine, nell’arco di ventiquattr’ore, hanno individuato ipoteticamente nel marito della vittima l’autore dell’efferato delitto; la Giustizia farà naturalmente il suo corso.
Ancora una volta torniamo a parlare di ‘violenza sulle donne’, ancora una volta urliamo la nostra rabbia, la nostra ribellione, la nostra condanna, … il nostro orrore di fronte a questa strage senza fine.
E poi? Passa qualche giorno e già tutto sembra rientrare nella routine quotidiana, l’argomento continua ad essere al centro dell’attenzione solo nel contesto di quegli Organismi che di solito si occupano di tematiche di genere e all’interno di alcuni programmi scolastici.
…. Sembra esserci una certa assuefazione anche a queste tragedie; infatti, per il resto, ognuno di noi continua a fare la propria vita, più o meno bella, più o meno accettabile, perché si sa, …tutti abbiamo dei problemi, oggi forse più di ieri, … ma la vita continua, bisogna andare avanti ….
E intanto, la donna muore ammazzata; da chi? Nella maggior parte dei casi dal partner – attuale o ex – (fidanzato, compagno, marito, …spasimante respinto …), comunque, da chi aveva dichiarato di amarla, di non potere vivere senza di lei; appunto, “ti amo e proprio per questo, se mi rifiuti, … ti uccido (e poi, magari mi uccido anch’io, così staremo assieme … per l’eternità”), questo è il ‘ritornello’ che ascoltiamo spesso (ma non volentieri!).
Forse è arrivato il momento di fermarci a riflettere proprio su questi aspetti, ma dobbiamo farlo tutti, uomini e donne assieme; la cosiddetta ‘società civile’ ha il dovere di assumersi ‘in toto’ la responsabilità di affrontare il problema alla radice, di avviare un serio percorso di consapevolezza che abbia come ‘focus’ la relazione uomo-donna, di promuovere un cambiamento radicale, di cultura e di civiltà.
Ancora oggi, il binomio ‘prevaricazione maschile/subordinazione femminile’ è significativamente presente, anche se in molti casi mimetizzato da una parvenza di parità (formale, ma non sostanziale, non interiorizzata, né supportata da consapevolezza); il rapporto donna-uomo è pur sempre asimmetrico, con l’uomo one-up e la donna one-down.
La donna e l’uomo sono antropologicamente diversi; però, mentre l’uomo si è impegnato con determinazione nella ‘gestione del potere nella relazione’, modificando nei millenni solo la modalità di tale gestione – fisica, religiosa, culturale, sociale. … nei corrispondenti contesti – la donna ha dovuto ‘aguzzare l’ingegno e inventarsi strategie’, per sopravvivere fisicamente, per non soccombere psicologicamente, per accostarsi alla conoscenza e … ambire alla libertà. Se tutto ciò le ha consentito di sviluppare intelligenze raffinate, flessibilità di pensiero, capacità di adattamento e, soprattutto, sensibilità e capacità di emozionarsi, …. ,di contro, non le consente a tutt’oggi la libertà! La subalternità femminile, variamente espressa, non sempre è ‘palese’ (c’è l’illusione della parità!); spesso viaggia lungo percorsi tortuosi, lastricati da ambiguità comunicative, che pongono la donna in una condizione di indecidibilità e ne offuscano la capacità di discernimento. Infatti, nonostante tutto, persiste nella donna un’assunzione implicita del potere maschile che, retrocesso in zone sempre meno accessibili alla consapevolezza, contribuisce a definire delle meta-regole relazionali di cui l’uomo si è auto-attribuita la legittimazione. Esempio emblematico è il caso dell’aspirante miss di Caserta, ricoverata in gravi condizioni perché massacrata di botte dal fidanzato (e non era la prima volta!), la quale, alla domanda ‘cosa desideri in questo momento’, ha risposto “averlo qui accanto a me”: questo non è amore, questo è frutto di ‘plagio psicologico’, è ‘dipendenza affettiva’ bella e buona, è limitazione della libertà (e la donna non se ne rende conto, magari perché, di solito, alle botte seguono i baci e le carezze!).
Questo è probabilmente il problema più imponente: la libertà, emblematicamente rappresentata da una ‘femminilità’ che cerca di riscattarsi, ma non ci riesce ancora! “…la femminilità è il nome della libertà, è il nome anarchico del desiderio, dell’illimitato, del senza confine. La femminilità è il nome più radicale dell’alterità, dell’eteros, dell’ingovernabile” (M.Recalcati). Di fronte a questo …mistero, l’uomo si sente senza difese, specialmente se non può più esercitarne il controllo. Da qui la sua angoscia e la sua difficoltà (fino all’incapacità, agita poi nella violenza) ad elaborare in maniera matura la perdita di potere nella relazione e, conseguentemente, l’abbandono e la separazione.
Temi cruciali diventano, allora:
- il valore dell’alterità, specialmente nella relazione sentimentale
- il rifiuto dell’amore come ‘possesso’: Il rapporto con la donna è fortemente segnato dal verbo ‘avere’: “sei mia”, “l’ho posseduta”, “farò di tutto per riaverti” …sono forme linguistiche che chiariscono, molto più di tante analisi, in quale clima molti uomini siano cresciuti; la donna “si ha” e, se è negata o si nega, è legittimo toglierle la vita, romperla come oggetto
- la ‘violenza psicologica’, sottovalutata, ma molto pericolosa, perché subdola e spesso subliminale, non percepibile: ne sono espressione la sottile svalutazione, la più o meno marcata gelosia (spesso scambiata dalla donna per amore), la manipolazione del pensiero, l’utilizzo della modalità del silenzio e del ‘non detto’ nella comunicazione, l’indifferenza, la mancanza di attenzioni…, giusto per citarne alcuni. Tutto ciò devasta l’anima, rende la donna ancora più fragile, proprio perché spesso è imbrigliata negli ideali della complementarietà e della fusionalità, fino a raggiungere elevati livelli di invischiamento (affettivo, emotivo, ….), da cui quasi mai riesce a liberarsi senza evocare sensi di colpa.
E allora, non basta più che del problema se ne parli nei Convegni, che si celebrino i giorni dedicati alla Donna (8 marzo) o la giornata per il contrasto alla violenza sulle Donne (25 novembre), che si facciano le manifestazioni in piazza o le marce di protesta,…
Non rinnego tutto ciò, continueremo a farlo: è certamente importante che si sensibilizzi la Comunità, ma non basta più, soprattutto non basta più che sia principalmente la Donna a farsi carico di questo dramma; è la vittima e il suo grido di protesta arriva solo marginalmente o superficialmente a chi, invece, dovrebbe raccoglierlo: l’Uomo.
E questo perché c’è sicuramente un errore di fondo in questa dinamica: È, PIUTTOSTO, DALL’UOMO CHE DOVREBBE PARTIRE LA PROTESTA, è l’Uomo che dovrebbe sentirsi ferito, umiliato, arrabbiato, inorridito, sconvolto … dal fardello del retaggio storico da cui non riesce a liberarsi; millenni di prevaricazione maschile e di subordinazione femminile sono ancora una sorta di ‘stigma’ che continua a tramandarsi di generazione in generazione, di padre in figlio, e non c’è un serio impegno per demolirne le basi, per dissodare e bonificare il terreno di coltura, dove i semi germinano e diventano vegetazione devastante di vite umane.
Ecco perché è fondamentalmente un ‘problema degli uomini’, ma che ha gravissime ricadute sulle donne con imponenti rischi per la loro autostima (e per la loro vita, come si è detto!).
Per la verità, qualcuno comincia a far sentire la propria voce di denuncia e di protesta e con veemenza (e questo è un bene!), ma appare come ‘vox clamantis in deserto’! Invece, devono essere in molti gli Uomini (tutti quelli che non si riconoscono in questa barbarie – e sono tanti!) che si devono assumere la ‘paternità’ del movimento di contrasto alla violenza sulle Donne e noi saremo accanto a loro, per lottare insieme per una Società civile e ricca di valori.
È, infatti, indispensabile che Donne e Uomini, confrontandosi, approfondiscano assieme questo infinito dramma sociale, che si formi una ‘alleanza di civiltà’ per sviscerare e affrontare (con azioni e iniziative comuni e condivise!) gli aspetti più scottanti della violenza di genere: è sulle radici che bisogna agire, per cominciare a correggere i guasti della storia nella presenza della donna e dell’uomo sulla faccia della Terra, per scardinare le catene arrugginite che imbrigliano l’anima della donna e mortificano quella dell’uomo, per diventare promotori di cambiamento culturale.
Il lavoro da fare è molto impegnativo, ma la posta in gioco è troppo alta per poterci rinunciare.
Ma per raggiungere questo obiettivo non può bastare ‘l’altra metà del cielo’, serve l’intero firmamento!”
Giuseppina Pavone – Presidente Consulta Femminile – Ragusa
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