E’ scattata la maxi tassa per chi vende un immobile ristrutturato con il Superbonus 110%

La nuova tassa sul capital gain immobiliare, applicata a chi vende un immobile ristrutturato usufruendo del Superbonus 110% prima dei 10 anni, è stata introdotta dal 1 gennaio di quest’anno con l’obiettivo di scoraggiare le vendite speculative e garantire che le detrazioni fiscali vengano effettivamente utilizzate per migliorare l’efficienza energetica degli edifici.

LA MISURA

Questa misura prevede che chi vende un immobile ristrutturato usufruendo dell’incentivo edilizio prima dei 10 anni debba pagare una tassa del 26% sul guadagno realizzato rispetto al valore di acquisto dell’immobile. Tuttavia, sono previste alcune eccezioni, come per gli immobili ereditati, adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari per la maggior parte dei 10 anni antecedenti alla cessione, o se tra la data di acquisto e la cessione sia decorso un periodo inferiore a 10 anni.

La plusvalenza, soggetta a questa tassa, è calcolata come la differenza tra il prezzo di vendita dell’immobile e il prezzo di acquisto o costo di costruzione, aumentato di ogni altra spesa inerente all’immobile ceduto. Se l’immobile è stato acquistato o costruito da oltre 5 anni alla data della cessione, il prezzo di acquisto o costo di costruzione viene rivalutato in base alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo.

In caso di cessione del credito o sconto in fattura, le spese sostenute per i lavori vengono conteggiate nel calcolo della plusvalenza solo se gli interventi si sono conclusi da non più di 5 anni alla data della cessione. Altrimenti, le spese vengono conteggiate al 50%, entro il limite dei 10 anni precedenti la cessione.

Per quanto riguarda le detrazioni fiscali nella dichiarazione dei redditi, tutte le spese possono essere prese in considerazione. Tuttavia, per gli immobili acquistati o costruiti da oltre 5 anni alla data della cessione, il prezzo di acquisto o costo di costruzione viene rivalutato in base all’indice Istat.

Infine, le plusvalenze sono soggette, a scelta del contribuente, all’imposta sostitutiva del 26% o alle aliquote progressive Irpef, anche se queste ultime di solito sono meno convenienti.

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