DOVE VA IL COMMERCIO EQUO IN ITALIA?

Il rigoroso rispetto degli standard etici internazionali ha permesso al nostro paese il successo del fair trade, ma la situazione rischia di subire profonde modifiche.  Un forte dibattito sta infiammando il movimento mondiale del commercio equo e solidale. Sul tappeto la riduzione dei requisiti minimi di criteri e standard dei prodotti equosolidali.

C’è infatti chi si schiera a favore di una revisione, che ha come conseguenza la possibilità per le grandi multinazionali di far certificare alcuni loro prodotti, nella speranza che ciò possa accrescere l’“accessibilità” del fair trade. Di contro c’è chi teme che questa strada porti ad una eccessiva riduzione dei criteri ed ad una facile strumentalizzazione da parte delle grandi imprese.

L’economia di “carta” ha svelato tutte le sue debolezze a seguito della crisi e così sono tornati al centro del dibattito elementi che fino a quache anno fa nessuno avrebbe messo in discussione: termini come equità, trasparenza, distribuzione delle risorse. In breve tre principi del commercio equo che riguardano i lavoratori, nel sud del mondo, ma anche i rapporti economico-sociali qui da noi. Il difficile momento storico sta facendo emergere la necessità di una nuova rivoluzione dei consumi che includa questi valori, da decenni praticati dal commercio equosolidale. Altromercato, insieme ad altre organizzazioni, è membro di Agices (Assemblea Generale Italiana Commercio Equo e Solidale), l’ente che certifica le organizzazioni affinché si possano definire eque e solidali (anche le botteghe!), contemplando, ad esempio, la presenza di almeno il 50 % di materie prime del commercio equo e solidale per definire appunto fair trade un prodotto, e almeno il 50 % delle vendite per una Bottega Altromercato.

In Italia la crescita del fair trade è dovuta soprattutto alle organizzazioni che aderiscono ad Agices, e che si caratterizzano per la gestione dell’intera filiera dei prodotti equosolidali che commercializzano. Esse si sono impegnate a mantenere i requisiti originari del fair trade e, con rigore e pragmatismo, hanno lanciato prodotti e servizi innovativi, aumentato la distribuzione presso i supermercati e aperto punti di vendita specializzati.

Il rischio è di fare di tutta l’erba un fascio. Ecco perché appare importante distinguere chi fa sul serio e chi no, ma la distinzione deve essere rigorosa. Dichiara Guido Vittorio Leoni Presidente di Altromercato: “Oggi ogni impresa, se veramente lo vuole, è in grado di mettere in pratica il prezzo equo, il prefinanziamento ed una relazione continuativa con i produttori, come fanno le organizzazioni fair trade, o semplicemente trasformare materie prime e commercializzare prodotti del commercio equo fornite dagli importatori certificati, senza rinunciare a nessuno dei tre fondamentali aspetti della sostenibilità, quello sociale, ambientale ed economico”.

L’attuale congiuntura economica mette in evidenza la necessità di un ripensamento e un cambio di rotta nella gestione dell’economia, a livello macro e micro. Un contributo fattivo può arrivare a livello internazionale dall’Organizzazione Mondiale del Commercio Equo (WFTO) mentre in Italia Altromercato e le organizzazioni socie di Agices dovrebbero insistere su di una rinnovata visione che punti ad una maggiore espansione del fair trade anche in Italia. Gli enti di certificazione come Fair Trade Italia possono fare la loro parte, mantenendo salda la verifica sui criteri per i prodotti.

A Modica opera dal 1995 la Cooperativa Sociale Quetzal che vede nel commercio equo e solidale uno strumento concreto per cambiare la condizione di vita di molte donne e uomini del Sud del mondo. Esso assicura un contatto diretto fra produttori e consumatori e il pagamento di un prezzo anche superiore a quello di mercato, che include un salario giusto, investimenti per la creazione di servizi sociali nelle comunità e il rispetto dell’ambiente. “La scommessa della cooperativa – affermano i responsabili della Quezetal – è promuovere il commercio equo e solidale creando lavoro dignitoso sia nel Sud del mondo che nel Sud dell’Italia, se convinti che i nostri consumi sono uno strumento politico per agire e cambiare. Per questo è stata aperta una Bottega del mondo ed un laboratorio artigianale di cioccolata dove si realizza la prima cioccolata di Modica interamente realizzata con materie prime del commercio equo, bio, locali e da presidi slow food.”

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