COME E’ CAMBIATA LA MIA VITA

Ciao a tutti i lettori di questo giornalino!   

Mi chiamo Massimo Muscolino e voglio raccontarvi come è iniziata a cambiare la mia vita. Vengo da una famiglia di lavoratori che è sempre vissuta a Mascali, in provincia di Catania; siamo stati sempre uniti e ci aiutiamo tra di noi… Ho iniziato a lavorare ad 11 anni, perché non volevo andare a scuola, anche se i miei genitori volevano che la frequentassi. Io però ero molto testardo ed ho preferito andare a lavorare: oggi vi posso dire che me ne sono pentito amaramente, anche perché per qualche anno ho dovuto anche cambiare lavoro. Poi,  all’età di 16 anni, ho incontrato la mia attuale moglie e a 18 anni abbiamo fatto la classica “fuitina”. Da qui ho iniziato a fare il venditore ambulante di frutta, che è il mestiere della maggior parte della mia famiglia: è un lavoro che mi piace e che svolgo con piacere, ma in inverno, quando i raccolti scarseggiano, diventa difficile continuare a lavorare.

A 20 anni sono diventato per la prima volta papà e a 26 ho avuto il mio secondo figlio.

Adesso vi racconto un altro capitolo della mia storia. Tutto iniziò quando, nel 2010, durante dei lavori di ristrutturazione della mia casa di allora, con la mia famiglia ci siamo trasferiti a casa di mio cognato che gentilmente ci ospitò in quel periodo. Dopo due mesi, un ictus lo colpì senza lasciargli scampo, stravolgendo me e la mia famiglia: mia moglie, nel vederlo disteso senza vita, si traumatizzò così tanto che non riusciva più ad abitare in quella casa. Pur di stare accanto a mia moglie, così sofferente, per di più con lavori di ristrutturazione ancora incompleti, smisi di lavorare. Da qui, un turbine si abbattè anche sulla mia vita: non lavorando, infatti, ho commesso il più grande errore della mia esistenza, mi sono lasciato attirare da una proposta poco lecita che non ho soddisfatto e per questo motivo sono stato denunciato e successivamente arrestato. Purtroppo, pur consapevole dei rischi che correvo, le ristrettezze economiche in cui versava la mia famiglia, mi hanno spinto ad agire in modo illegale e ancora oggi ne pago le conseguenze.

Infatti, poche ore dopo, i carabinieri mi hanno fermato ed arrestato lungo il tragitto per tornare a casa. Dal momento che ero ancora incensurato, la mia permanenza in carcere è stata di soli tre giorni, presso la Casa Circondariale di Messina, e poi ho dovuto scontare due anni di arresti domiciliari in attesa di giudizio.

I tre giorni in carcere li ho trascorsi in uno stato confusionario non riuscendo a capire quello che mi stava succedendo: pensavo solo all’idea di poter ritornare a casa per abbracciare i miei cari.

Il primo momento di difficoltà all’uscita del carcere si è verificato per uno sbaglio di indirizzo: anziché accompagnarmi presso il domicilio in cui si trovava la mia famiglia, sono stato portato presso la mia casa ancora incompleta. Questo ha causato una serie di problemi e incomprensioni con mia moglie che non avrebbe voluto lasciarmi solo ma che  io volevo continuasse a vivere una vita dignitosa. Infatti, il mio senso di colpa mi spingeva a pensare che solo io ero stato il responsabile e quindi che le difficoltà dovessero essere affrontate e pagate solo da me. Per fortuna tutta la mia famiglia si è dimostrata comprensiva e non mi ha abbandonato, ma si è dimostrata molto unita e generosa: nell’arco di un mese la casa era completa e quindi abbiamo potuto riprendere la convivenza. In quei mesi ho cercato di trascorrere il tempo con il  computer, giocando, chattando. Circa cinque mesi dopo l’arresto c’è stata la sentenza di primo grado in cui mi è stata computata una pena di 6 anni che è stata poi ridotta, con il rito abbreviato, a 4 anni. 

In questo periodo ho cercato invano un’occupazione ma nessuno  ha dimostrato di aver fiducia in una persona agli arresti domiciliari. In quei frangenti ho preso consapevolezza dell’immagine che la società ha di noi detenuti e della falsità di alcune persone che credevo amici.

Una delusione forte l’ho subita dopo la sentenza d’appello in cui mi è stata confermata la pena inflitta. Grazie a Dio, mio cognato in quel periodo ha aperto un’officina per la lavorazione del ferro e mi ha assunto: ho lavorato lì per 10 mesi. In  questi mesi, ho avuto anche la possibilità di uscire da casa, imparare un nuovo mestiere e di rientrare nel mondo del lavoro. Purtroppo è stato emesso il giudizio definitivo e mi hanno arrestato e trasferito alla Casa Circondariale di Catania da dove sono stato trasferito alla Casa Circondariale di Ragusa dopo meno di un mese e da qui è iniziata la mia nuova vita. 

Quando sono giunto al carcere di Ragusa mi sentivo impaurito e spaesato non conoscendo nessuno; mi preoccupavo della distanza che mi separava dai miei familiari e dei sacrifici che avrebbero dovuto fare per venire a trovarmi fin qui. Per fortuna, devo riconoscere che ho incontrato dei compagni di cella preziosi: essendo del tutto privo di esperienza della vita carceraria, loro mi hanno fatto da padre, madre e fratelli, insegnandomi a vedere le cose più in profondità, a riconoscere gli amici veri da quelli falsi e a difendermi da questi ultimi. Mi hanno insegnato a fidarmi di nuovo una volta trovate le persone giuste, e a credere di nuovo nell’amicizia perché anche in carcere si possono trovare persone leali e fidate. E questo, tuttavia, non è stato un traguardo semplice perché, pur trovandomi qui ormai da un anno, a volte ancora mi riesce difficile lasciarmi andare e fidarmi del tutto.

Ricordo ancora uno dei primi giorni di carcere, quando l’educatrice mi fece chiamare per incontrarmi e parlare: mi chiedevo cosa mai avrebbe voluto dirmi, non sapevo cosa pensare, ed appena giunto lì lei mi disse, molto semplicemente, che voleva solo conoscermi dato che ancora non ce n’era stata occasione. Questa scena mi è rimasta impressa nella memoria in maniera indelebile: ho capito subito, dal suo modo di fare, che si trattava di una persona buona e disponibile, di cui avrei potuto fidarmi sempre.

Una volta capito come si svolgeva la vita all’interno del carcere, decisi subito che volevo approfittare di questo tempo per recuperare qualcosa di perso nel mio passato: mi iscrissi a scuola per ottenere la licenza media e fare così quello che tanto mi ripetevano i miei genitori, ossia studiare. Qui, ho conosciuto anzitutto i professori della scuola media Vann’ Anto’, che si sono dimostrati molto aperti e in gamba, comprensivi con noi e in grado di aiutarci a raggiungere il nostro obiettivo anche se partivo praticamente dal nulla! Anche se di alcune insegnanti ho un ricordo speciale che resterà definitivamente dentro il mio cuore per la loro capacità di aiutarmi quando ne ho avuto bisogno, preferisco in questo frangente non citare nessuno in particolare ma ricordarli e ringraziarli parimenti tutti quanti, perché ciascuno a modo proprio è stato per me importante e caro. Comunque oggi grazie al loro aiuto sono in possesso della licenza media, dimostrazione che nella vita non è mai troppo tardi per recuperare gli errori fatti nel passato.

Un paio di mesi dopo l’inizio della scuola, capitò la visita del Cappellano presso le nostre celle per chiedere ai detenuti se volevano iniziare un percorso di catechesi per fare la Cresima. Sul momento non mi entusiasmai della proposta, ma un mio compagno di cella gli diede lo stesso il mio nominativo ed oggi posso dire che, grazie a lui, ho ottenuto anche il sacramento della Cresima. Durante questa esperienza ho conosciuto anche la Sorella che ci faceva catechesi, i seminaristi e il Frate: tutte persone che, come il Cappellano, si sono dimostrati molto umili e disponibili, e che mi hanno dato modo di imparare tante cose.

Un ricordo speciale va anche ai miei compagni di cammino scolastico, con i quali ho trascorso un piacevole anno e che si sono sempre dimostrati ottimi amici e splendide persone; naturalmente lo stesso posso dire per  miei compagni di stanza: uno, in particolare, che vedo in lui come una figura paterna, lo porterò sempre nel mio cuore. Un particolare pensiero  va rivolto  al mio compagno di banco con il quale ho sempre condiviso tutte le lezioni della scuola media ed il corso di informatica iniziato a dicembre 2012.

Infatti un ente di formazione professionale di Palermo ha istituito un corso di informatica della durata di 600 ore che abbiamo iniziato a frequentare in otto. Qui ho avuto la possibilità di imparare ad usare il computer bene, a conoscere i meccanismi che lo regolano e ad avere la consapevolezza di utilizzare uno strumento che mi sarà utile, spero, nelle mie attività fuori dal carcere.

Tutti i docenti si sono dimostrati simpatici e disponibili e ognuno di loro ci ha trasmesso competenze molto importanti.

In sintesi questo periodo mi ha permesso, con tutte le difficoltà vissute, ad apprezzare persone e sentimenti e a capire quali sono le vere ricchezze della nostra vita. Infatti mi sono reso conto della grande fortuna che Dio mi ha donato regalandomi una famiglia speciale, sia  mia moglie e miei due piccoli ometti sia quella d’origine; qui ho rivalutato il valore della vera amicizia: persone da cui non mi aspettavo nulla si sono dimostrate invece molto disponibili e vicine mentre quelli che avevo sempre considerato tali in realtà si sono allontanati. Ho capito che non ha importanza quanti ma quali amici avere. Ho imparato a non aspettarmi niente da nessuno per evitare delusioni e che le persone leali e sensibili  sono sempre meno e spesso si nascondono dentro personalità forti ed è molto più facile trovarle in luoghi come questo che fuori. Spero che questo anno mi possa essere servito per affrontare meglio il mio futuro con una maturità, una preparazione ed una consapevolezza maggiore.

Spero, un giorno di poter rincontrare tutti i compagni  di questa esperienza vissuta al di fuori di questo istituto, esperienza che ha dato un segno positivo nella mia vita.

Ringrazio il Signor Direttore e la Comandante della Polizia Penitenziaria, tutto il personale in servizio presso questa struttura, polizia penitenziaria, educatori, personale sanitario del rispetto dimostrato nei miei confronti e delle opportunità che mi hanno dato.

Massimo Muscolino   

 

 

 

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