Celebrata nella cattedrale di San Giovanni l’assemblea diocesana

L’umiltà e la pazienza del contadino; la creatività inventiva, la fantasia e il rischio del pescatore che deve cercare di capire dove siano andati i pesci; il pastore che conosce le pecore una per una e non aspetta che quella smarrita torni da sola all’ovile: il professore Giuseppe Savagnone ha utilizzato questi tre modelli per tratteggiare le caratteristiche di un operatore pastorale che intenda agire in modo missionario. L’assemblea diocesana di pastorale è stata un utile, e si spera fecondo, momento di riflessione per provare a riconvertire l’azione delle parrocchie.
Il direttore dell’ufficio Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo ha ritenuto superato il «cristianesimo delle regole» per proporre un cristianesimo che riscopra la felicità e l’amore. Oggi la fede e la Chiesa sono percepite come distanti dalla realtà che vivono le famiglie e, soprattutto, i giovani. Qualcosa nei meccanismi della trasmissione della fede si è interrotto e occorre capire da dove ricominciare.
Il primo passo è non dare per scontata la fede e comprendere in cosa, anche a livello pastorale, si sia sbagliato. «Dobbiamo smetterla – ha esordito Savagnone – con la pastorale delle risposte preconfe-zionate. Non sono quelle domande che si fanno i giovani. Noi abbiamo un cristianesimo di risposte a domande che però non sono state formulate dopo un percorso di ricerca. Si deve cominciare dalle domande, le domande devono però essere suscitate, scoperte, scavate come faceva Gesú. Bisogna andare a fare nascere queste domande e andarle a cercare nella vita delle persone, dei ragazzi».
Occorre, quindi, riattivare percorsi di domande da tirare fuori e di ricerca. «Non bisogna credere che la gente sia già cristiana, non bisogna dare per scontato – ha aggiunto Savagnone – la fede, l’essere cristiani. Dare per scontate la fede è un equivoco pure per chi la annuncia».

Da qui la necessità di trasformazione del modello di evangelizzazione. Lo stile del contadino-seminatore, del pescatore e del pastore sono tre modelli indicati dai Vangeli e che conservano la loro forza e loro attualità. Savagnone si è soffermato soprattutto sul modello del pescatore. «Se il pesca-tore – ha detto – getta la rete nello stesso punto non prende molti pesci perché i pesci si spostano. E se tu non ti sposti con loro non prendi più nulla. Il pescatore deve inventarsi lui il modo di trovare i pesci, deve capire dove siano andati i pesci. Se adulto si rifiuta di condividere smartphone pc, si condanna a un’estraneità totale dai giovani, non riuscirà a capirli». Molto suggestive anche l’analisi legata al modello del pastore. «Per il pastore – ha fatto notare – è fondamentale il singolo elemento. Il pastore ha l’elemento decisivo del dialogo, il dialogo oggi si sta perdendo, tutto ciò che è persona-le viene tralasciato a favore di eventi di comunità. Ma se manca il rapporto personale non si costrui-sce nulla».
E allora non limitiamoci a presentare delle regole. «Dio – si è chiesto Savagnone – che se ne fa delle nostre messe senza l’amore? La vera domanda è ma lei a messa desidera andarci? Le regole ci vo-gliono, ma è un percorso ridotto alla felicità, si deve essere cristiani per essere felici, per amore. Bi-sogna aiutare le persone ad essere felici, ma prima bisogna essere cristiani felici con il desiderio di andare a messa, non un cristianesimo solo delle regole».

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