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Boom di anziani, crollo dei lavoratori: Ragusa si salva dal tracollo demografico. Ecco come e quando
07 Mag 2025 07:19
In Italia la denatalità e il progressivo invecchiamento della popolazione causeranno tra dieci anni la perdita di quasi 3 milioni di lavoratori. Ragusa è tra le province che riuscirà a parare di più un fenomeno che avrà ripercussioni in diverse aree dell’economia nazionale. L’analisi è stata realizzata dall’Ufficio studi della Cgia che ha elaborato le previsioni demografiche dell’Istat.
Proiezioni demografiche
Le proiezioni indicano che, entro i prossimi dieci anni, la popolazione in età lavorativa presente in Italia diminuirà precisamente di 2.908.000 unità, pari a una riduzione del 7,8 per cento. All’inizio del 2025 questa fascia demografica contava 37,3 milioni di persone; si prevede che la platea nel 2035 scenderà a 34,4 milioni. Tale calo è attribuibile al progressivo invecchiamento della popolazione: con un numero sempre più ridotto di giovani e un consistente gruppo di baby boomer prossimo all’uscita dal mercato del lavoro per raggiunti limiti d’età, il nostro Paese rischia lo “spopolamento” della coorte anagrafica potenzialmente occupabile. Va sottolineato che tutte le 107 province italiane monitorate in questo studio registreranno entro il prossimo decennio una variazione assoluta negativa, confermando che il fenomeno colpirà indistintamente tutte le aree del Paese.
“Va inoltre considerato che una società con una popolazione sempre più anziana e meno giovane – scrive la Cgia – dovrà affrontare un aumento rilevante della spesa previdenziale, sanitaria e assistenziale, con implicazioni molto negative anche sui nostri conti pubblici.”
Le contrazioni più importanti si registreranno nel Mezzogiorno: solo a Napoli mancheranno più di 236mila persone in età lavorativa.
Il positivo caso Ragusa
In provincia di Ragusa, zona che negli ultimi anni ha visto aumentare il numero dei residenti e che ha la quota maggiore di giovani in Italia insieme a La Spezia, nel 2025 mancheranno “soltanto” 6.765 persone tra i 15 e i 64 anni (-3,3%), migliore risultato di tutto il Centro-Sud, lontanissima dal resto delle province siciliane che, sempre tra dieci anni, registreranno un visto calo di 354mila persone in età lavorativa, secondo peggiore risultato dopo la Campania.
Mezzo milione di persone via da Sicilia dal 2000 al 2020
Ieri, a Siracusa, alla prima giornata di studi su “Il diritto a restare al Sud”, promossa dal dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Messina sono stati presentati i dati secondo i quali, tra il 2014 e il 2024, il Sud ha perso 550 mila residenti verso il centro-nord. In Sicilia, nei primi vent’anni del duemila, oltre 500 mila persone – soprattutto laureati tra i 18 e i 35 anni – hanno lasciato l’isola. “Quando parliamo di diritto di restare al Sud, non stiamo facendo poesia – ha dichiarato Tamajo -. Parliamo di scelte politiche precise: infrastrutture che funzionano, scuole e università che preparano al lavoro, servizi pubblici efficienti, incentivi veri per le imprese, percorsi di stabilizzazione per chi vive nel precariato da decenni. Restare deve diventare una possibilità concreta, non un atto di eroismo o rassegnazione. E questo si fa con programmazione, con investimenti mirati, con una burocrazia che accompagni e non ostacoli. Il Sud non ha bisogno di compassione, ma di alleanze intelligenti tra politica, imprese e territorio. Il diritto di restare si costruisce ogni giorno, con scelte politiche serie. So che a qualcuno queste parole potranno sembrare retorica o slogan. Ma io, nel mio piccolo, provo ogni giorno a fare del mio meglio perché tutto questo diventi realtà”.
Nel corso dell’evento ‘Sinergia e opportunità del sistema camerale’ che si è tenuto lunedì alla Camera di commercio del Sud Est Sicilia, a Catania, Tamajo ha dichiarato che “le oltre 300mila aziende attive nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa, rappresentano un patrimonio straordinario da sostenere e accompagnare verso la competitività e l’internazionalizzazione. Il dato positivo sull’export siciliano, che nel 2024 ha superato i 10 miliardi di euro, dimostra che la nostra Isola può essere protagonista sui mercati globali, ma dobbiamo continuare a investire in innovazione, digitalizzazione e formazione. La Regione c’è, è pronta a fare la propria parte con strumenti concreti e una visione strategica di lungo termine. Il Sud Est siciliano – ha concluso Tamajo – continua a registrare performance incoraggianti, in particolare nei settori agroalimentare, meccatronico e chimico, contribuendo al 2% dell’export nazionale e confermandosi area strategica per l’economia regionale”.
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