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Articolo Uno ricorda Pio La Torre a 37 anni dall’uccisione per mano mafiosa
30 Apr 2019 10:55
Il 30 aprile del 1982 veniva ucciso dalla mafia Pio La Torre, segretario regionale del PCI.
Articolo Uno ricorda quest’uomo che ha pagato con la vita il suo impegno nella lotta per liberare la Sicilia dalla mafia. Insieme a lui morì il suo collaboratore, amico e compagno Rosario Di Salvo.
Sono passati trentasette anni eppure ancora oggi sentiamo parlare di questo fenomeno criminale che nasce e si sviluppa in Sicilia e che, pur avendo ora una propria proiezione globale, continua a mantenere forti legami col suo territorio di origine.
Articolo Uno vuole, in questo anniversario, ribadire che la lotta alla criminalità organizzata è ancora di grande attualità. Non bisogna abbassare la guardia e impegnarsi nel contrasto alle mafie, valorizzando la cultura come strumento per una società che rifiuti il pensiero che sta alla base dell’agire mafioso.
«*Il nostro “giovane” Partito, ma che ha radici storiche forti e solide – *sottolinea il segretario provinciale, sen. *Gianni Battaglia -, vuole essere un riferimento, soprattutto rivolgendosi ai giovani, che non hanno vissuto la stagione delle stragi mafiose, che la battaglia contro le mafie, non si consegue solo con l’utilizzo degli strumenti della repressione e del rispetto delle leggi; la lotta alla mafia è fortemente legata alle battaglie progressiste, per l’affermazione dei diritti civili, sociali e politici.* *La memoria di Pio La Torre continua ad accompagnarci. Il suo sacrificio, come quello di tanti altri, viene, ovunque, ricordato con commozione.*»
*Pio La Torre, leader della lotta contro l’installazione dei missili Cruise, a Comiso. Una scelta, quella della Nato, che avrebbe facilitato anche i traffici illeciti con gli USA. La costruzione della base militare di Comiso, in provincia di Ragusa, mise la Sicilia in primo piano nell’opinione pubblica italiana: il movimento contro la sua costruzione diventa una delle pagine più difficili, ma anche più affascinanti, della storia della sinistra italiana. Intellettuali, militanti e giovani da ogni parte d’Europa fecero di Comiso una sorta di laboratorio d’idee e di condivisione, che culmina con una grande manifestazione il 4 aprile 1982, pochi giorni prima della morte del politico comunista.
La Torre si occupava di agricoltura e lotte sindacali fin dalla fine degli anni ’40, giovane reggente della Camera del lavoro di Corleone, dopo l’uccisione di Placido Rizzotto. In questo frangente incrocia la mafia sulla sua strada. Cogliendo il peso dello sfruttamento mafioso sulle terre siciliane, inizia a elaborare proposte dirette a estirpare il problema mafioso dai latifondi dell’isola. Una volta eletto al Parlamento, nel 1972 è tra i promotori di un disegno di legge che riconosce il reato di associazione mafiosa. La sua proposta però viene prima bocciata, poi rimane all’esame della Camera senza che proceda nell’iter parlamentare.
La Torre è fra coloro che guardano con simpatia, da sinistra, i tentativi di Piersanti Mattarella di cambiare lo stato delle cose delle istituzioni siciliane. Nel 1981 torna in Sicilia come segretario regionale del Partito, e da questa carica si batte contro la costruzione della base NATO di Comiso. Più in generale, la lotta di La Torre contro la mafia parte da assunti molto concreti, frutto della profonda conoscenza, non solo della criminalità dell’Isola, ma anche dei meccanismi di potere che ne imprigionano l’economia.
L’analisi del deputato del PCI è molto semplice ma efficace: se l’obiettivo ultimo dei mafiosi è il denaro, vale a dire l’accumulazione della ricchezza in modo illecito, il modo migliore per sconfiggerli è “togliergli la palla”, privarli cioè del denaro e dei beni accumulati illecitamente. Si fa pertanto promotore di una legge che prevede la confisca dei beni, illecitamente accumulati, ai condannati per reati di mafia. Pio La Torre viene assassinato il 30 aprile 1982 insieme al suo autista e collaboratore, Rosario Di Salvo. Enrico Berlinguer, segretario nazionale del PCI, in occasione dell’orazione funebre del compagno di partito disse che si trattava di un delitto politico e che La Torre stesso sapeva di essere nel mirino dei mafiosi tanto che aveva cambiato abitazione e faceva ogni giorno un percorso diverso per raggiungere la sede del partito regionale.
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