ARGOMENTI E MOTIVAZIONI…

Mi scuso con i miei sparuti lettori se torno in rapida sequenza per la terza volta sull’argomento delle riforme istituzionali, ma obbedendo all’antico proverbio “la lingua batte dove il dente duole” le reazioni che hanno accompagnato questa vicenda mi inducono, man mano che si chiarisce il quadro a proporre nuove riflessioni.

Posto che allo stato attuale sembra che sia la riforma del titolo V sia la riforma del Senato non hanno praticamente stimolato dibattito trovando tutti sostanzialmente d’accordo, l’unico punto dolente sembra essere la legge elettorale.

Benché faccia attivamente politica da sempre non sono ancora riuscito a omologarmi a coloro che inseguono il “consenso facile”, posizione che vedo disinvoltamente perseguita da tanti e che sarebbe facile oggi rivestire: basterebbe esprimere scandalo per l’interlocuzione con un “pregiudicato”, lanciare l’allarme sul Parlamento dei nominati e il gioco sarebbe fatto; purtroppo per me tendo ad assumere il punto di vista non di chi stando alla finestra esprime posizioni che, anche se sono  condivisibili, non si fanno però carico di indicare una soluzione ai problemi che pone, ma  di chi cerca di trovare delle soluzioni scontrandosi con i “dati di fatto” esistenti e con cui ci si deve confrontare se si vuole arrivare al risultato.

Premetto per evitare equivoci che tra le alternative poste di legge elettorale io avrei preferito il “mattarellum” rivisitato con il 15% di premio di maggioranza e il 10% di “diritto di tribuna” (eventualmente con il meccansmo del doppio turno di coalizione), ma purtroppo per fare delle riforme specie costituzionali bisogna raccogliere intorno al “progetto” i due terzi di consensi in Parlamento …

Ed ecco il problema; la situazione data è sintetizzabile in questi termini: il M5S in preda al solito “autismo” parlamentare, FI con un leader pregiudicato ma unanimemente riconosciuto e i partiti piccoli che esprimono interessi in termini di normativa elettorale “contrapposti” a quelli del PD (a questo proposito è bene ricordare che “ontologicamente” il PD è nato come “tendenzialmente maggioritario” proprio come antidoto all’instabilità generata dai piccoli partiti del governo Prodi).

In queste condizioni Renzi ha scelto di giocarsi il tutto e per tutto accelerando sulle riforme, ben sapendo che Berlusconi si è rivelato sempre un interlocutore scaltro ed inaffidabile, ma che sicuramente interloquire con chiunque altro di FI avrebbe aumentato anziché diminuirla la volatilità dell’accordo.

Ma al di là del percorso, alla fine questa legge centra gli obiettivi prefissati?

-Il premio di maggioranza e il doppio turno garantiscono sempre una maggioranza autonoma, evitando il “pantano” delle grandi intese;

-Le soglie di sbarramento scoraggiano l’eccessiva frantumazione del quadro politico, in cambio come contropartita i partiti minori hanno ottenuto l’assegnazione dei resti su base nazionale che eviterà l’effetto mortificante dei piccoli collegi sulle liste minori.

Giustamente il prof. Raniolo nel suo illuminante articolo ci ricorda che le regole elettorali non possono sostituire la politica, la possono indirizzare, influenzare, ma non sostituire!

Alla luce di questa considerazione anche il problema delle liste bloccate mi sembra eccessivamente drammatizzato e provo a spiegare perché:

-intanto mi permetto di ricordare che alla fine degli anni ’80 le preferenze non godevano di tutta la considerazione di cui godono adesso, peraltro non era grazie alle liste bloccate che Lima risultava sempre eletto a furor di popolo … e con lui tanti “ameni” personaggi …

-il passaggio ai collegi uninominali nel ’93 è stato vissuto come una liberazione, fu una legge fortemente voluta dagli Italiani, ebbene in quel sistema nessuno parlava di Parlamento di nominati e di certo i candidati non li sceglievamo noi … e allora? In un collegio in cui vengono eletti 4/5 parlamentari mi sembra abbastanza ovvio che le liste che riescono a conquistare seggi ne eleggeranno appena 1 solo, forse il partito più grande (quello che prende il premio di maggioranza) ne eleggerà 2 quindi, in termini di rapporto con il territorio e con l’elettorato qual è la differenza “sostanziale” con i collegi uninominali? 

-altro elemento non secondario, “grazie” alle preferenze quante donne verrebbero elette in Parlamento?

Detto questo e posto che questa legge elettorale è comunque un “animale mitologico” frutto di innesti vari che hanno fatto coesistere il doppio turno (voluto dal PD) con le liste bloccate (volute da FI) e con la ripartizione su base nazionale voluta da NCD, e che comunque costituisce la “conditio sine qua non” per avviare anche le altre 2 riforme Senato e Titolo V) il problema da porre è se era meglio restare immobili come siamo stati negli ultimi 8 anni.

A mio modestissimo avviso meglio così.

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