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Tunisino condannato a morte per un post su Facebook: il caso che scuote la libertà di espressione
05 Ott 2025 11:23
Un operaio tunisino di 56 anni, Saber Chouchane, è stato condannato a morte da un tribunale di Nabeul per aver pubblicato post su Facebook ritenuti offensivi nei confronti del presidente Kaïs Saïed e per aver “minato la sicurezza dello Stato”. Una sentenza che ha dell’incredibile, definita dagli osservatori “senza precedenti” nella storia recente del Paese e che riporta l’attenzione internazionale sul progressivo deterioramento della libertà di espressione in Tunisia.
Secondo quanto riferito dal suo avvocato, Oussama Bouthalja, Chouchane è un semplice bracciante con un’istruzione limitata che si sarebbe limitato a pubblicare messaggi critici verso il presidente, arrestato poi lo scorso anno. “Il giudice ha condannato a morte quest’uomo per dei post su Facebook. È una decisione scioccante e senza precedenti”, ha dichiarato Bouthalja, annunciando di aver già presentato ricorso.
In Tunisia le condanne a morte non vengono eseguite da oltre trent’anni, ma la sola pronuncia di una pena capitale per un reato d’opinione rappresenta un passo drammatico verso la repressione totale del dissenso. Il fratello del condannato, Djamal Chouchane, ha espresso tutto il dolore della famiglia: “Non possiamo crederci. Siamo una famiglia povera, e ora all’oppressione si aggiunge l’ingiustizia”.
La notizia ha rapidamente scatenato un’ondata di indignazione sui social media. Numerosi utenti e attivisti hanno denunciato la sentenza come un tentativo di “intimidire e zittire ogni voce critica” nei confronti del presidente Saïed, che dal 2021, dopo aver sciolto il Parlamento eletto e assunto pieni poteri, governa per decreto.
Le organizzazioni per i diritti umani denunciano da tempo una deriva autoritaria in Tunisia. Il presidente, accusato dall’opposizione di aver messo in atto un vero e proprio colpo di Stato, ha progressivamente limitato l’indipendenza della magistratura e incarcerato numerosi leader politici e attivisti con accuse di vario genere.
“Questa sentenza rappresenta un segnale terribile per la libertà di parola in Tunisia e rischia di soffocare ogni forma di dissenso”, ha commentato Giovanni D’Agata, presidente dello Sportello dei Diritti, sottolineando la gravità di un provvedimento che segna un punto di non ritorno nella storia recente del Paese.
In attesa dell’esito del ricorso, il caso di Saber Chouchane resta un simbolo inquietante di quanto fragile possa diventare la democrazia quando la libertà di opinione viene trasformata in un crimine. foto tratta da Eunews

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