“137 ATTIMI PRIMA” DI JASMINE CARPENTIERI

In attesa di risposta dalle case editrici, iniziato a scrivere a 14 anni e terminato a 16, un testo che scopre le radici di un saggio nella stesura di un antiromanzo. “137 attimi prima” è un’opera narrativa in cui l’autrice, con un linguaggio scorrevole e delicato, propone uno stile essenziale, ma non privo di eleganza,  per impressionare come in una sequenza fotografica una problematica: “La Follia” che ha attraversato secoli, trascinando con sé il confine tra ciò che  si definirebbe sano e ciò che appare ammalato.

Il tema della follia proviene da tempi lontani ed ha viaggiato nei secoli  accanto alla storia dell’umanità.

Alla fine del diciannovesimo secolo, per la psicoanalisi, follia e inconscio  diventano sinonimi, la perdita del “senno” e il “non cosciente” coincidono e  vengono associati al genio, all’artista, una condizione, insomma, “ospitata” nelle profondità della mente che accomuna tutti gli uomini nel pericolo di perdere la “ragione”. Un mondo sconosciuto e inesplorabile, più semplicemente.Un secolo dopo filosofi, psicoanalisti, psichiatri concordano nel teorizzare che la follia e l’inconscio sono una dimensione comune ad ogni essere umano, dunque, ognuno è affetto dalla follia.

Dilungarsi ad esaminare il percorso storico sarebbe inutile, quanto appena scritto è sufficiente a comprendere che, nei secoli, il termine “follia” indicherà solo la malattia mentale, verrà indicato prima con il termine “irrazionale” e successivamente come “inconscio”, accezioni, entrambe, utilizzate per significare lati oscuri e inconoscibile, minacce dell’integrità della coscienza.

Al di là delle teorie, una buona parte dell’umanità, nel tempo e in ogni tempo, rivela le ansie e le paure con uno sguardo pregiudizievole nei confronti di chi esce fuori dagli schemi precostituiti dalla società, verso chi è portatore di enigma e custode di misteri.

Elizabeth Clinch, protagonista dell’antiromanzo “ 137 attimi prima” “ portatrice dell’enigma oscuro”, è il personaggio guida, la “voce” narrante del racconto: il suo compito, indipendentemente che uno possa essere lo scrittore, il lettore o altro, è condurre o meglio illuminarci circa il mondo delle zone d’ombra tanto temute dalla, cosi definita, società civile. L’opera creativa di Jasmine Carpentieri introduce il tema della follia, a  partire dal primo paragrafo, mettendo in evidenza la diversità che esiste tra come noi ci vediamo e come gli altri ci vedono, non solo esteriormente, ma anche interiormente.

Tale visione permette di elaborare, immediatamente, due concetti diversi della  follia, nettamente distinti:

Il primo è il concetto schematizzato dalla società che ritiene un individuo “sano” quando funziona in modo conforme ai bisogni di una data società; il secondo è il concetto scientifico che definisce un individuo relativamente  sano se non è affetto da nevrosi, psicosi o sintomi psicosomatici.

Il pensiero di Elizabeth circa la definizione di “pazzia” oltrepassa questi  limiti e ribalta l’effetto che una così dolorosa condizione umana possa  suscitare nel lettore, ovvero, l’esperienza umana descritta nel racconto, anziché essere “attraversata” dal lettore come conoscenza di un aspetto, finisce con l’attraversarlo: l’autrice possiede la saggezza di condurre il lettore a prendere le distanze dai modelli  precostruiti dalla società e lo invita a compiere una decostruzione dello  stereotipo generato dalle idee riduttive, riflesso di una società incapace di uscire dal retaggio culturale, una società ingabbiata ad una concezione materialistica e collocata dentro tempi e spazi recintati.

Il lettore, guidato dal pensiero di Elizabeth, rimane sorpreso dall’assenza di inquietudine della stessa e al contempo affascinato dalla diversità e dalla  sapienza con cui Elizabeth riesce a dare un ordine creativo al suo caos interiore, caratteristica che non solo la rende speciale, ma la differenzia daicomuni individui corrispondenti al requisito delle essere “ sano” elaborato dalla società.

In altre parole, la lettura non solo permette di riflettere che la follia può semplicemente essere il genio per mezzo del quale un individuo può trascendere  dal sé per dare sfogo, semplicemente, alle pulsioni profonde dell’anima, ma dà anche l’opportunità di entrare in un mondo sconosciuto rendendo, chiunque,

consapevoli che la follia non deve essere rivelata nelle varie definizioni negative conclamate dalla società e dalla scienza, con il risultato di creare il pregiudizio discriminante, né deve essere reclusa nelle cupe atmosfere create dall’errato immaginario collettivo come scenografia di specifiche strutture architettoniche, destinate a creare un margine tra il “sano” e il “non sano”: il confine di emarginazione dove viene privata, ingiustamente, la  libertà di essere, poiché essere è un diritto che si esprime liberamente rispettando l’altrui libertà.

“137 attimi prima” traccia un sentiero che conduce al rispetto della libertà di scelta e della personalità di ogni individuo e segna una svolta sul tema  della follia.

In altri termini, l’opera di Jasmine Carpentieri lancia un urlo silenzioso che reclama il diritto di essere nella ricchezza della propria diversità e contemporaneamente un sereno disappunto contro le fisse retrograde di una  società rimasta involuta, che manifesta nei confronti della follia un carattere d’eccesso ritenendola, ancora oggi, un fenomeno perturbante.

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