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“TOMASI ERA UN INTELLETTUALE RAFFINATO E STRAORDINARIO, ATTENTO COME POCHI AI FERMENTI DEL MODERNISMO”
05 Dic 2014 07:47
Buonasera Maria Antonietta, intanto grazie per avermi concesso questa intervista. Come è nata questa tua passione per Giuseppe Tomasi di Lampedusa ?
Sono vissuta sino ai 19 anni a Ficarra, il piccolo borgo dei Nebrodi dove Tomasi soggiornò per qualche tempo negli anni ’40. Le storie legate al Principe palermitano erano parte integrante della memoria collettiva del paese. Le respiravi assieme all’aria, le imparavi nello stesso tempo in cui iniziavi a sillabare le prime parole. Il Gattopardo, invece, l’ho “incontrato” dopo, negli anni della Scuola media.
Caratterialmente che tipo era ?
Tomasi era un intellettuale raffinato e straordinario, attento come pochi ai fermenti del Modernismo; profondo conoscitore della grande letteratura e dei suoi mondi. Ma le alterne vicende della sua vita ne fecero un uomo triste, amaro e amareggiato. E’ morto pensando di non avere mai concluso nulla di buono nella sua esistenza.
Un ruolo fondamentale nella vita di Tomasi di Lampedusa lo ha avuto Alexandra Wolff Stomersee, ti va di parlarci di questa donna ?
Alexandra Wolff Stomersee, che il Principe amava chiamare Licy, è una figura centrale nella storia umana e letteraria dello scrittore. Austera, volitiva, coltissima, diede equilibrio all’uomo Tomasi; lo sollecitò a impartire le famose Lezioni a un piccolo gruppo di ventenni di belle speranze; vigilò affinché si realizzassero le condizioni migliori per permettere al marito di scrivere il suo romanzo.
Una delle tappe fondamentali della vita dello scrittore è la fuga nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale da Capo d’Orlando in provincia di Messina dove viveva con i cugini , verso un paese del comprensorio dei Nebrodi, Ficarra. Perché si rivela così importante questo paesino per lo scrittore ?
Il periodo ficarrese è così limitato nel tempo -appena tre mesi-, da avere indotto in errore critici e biografi lampedusiani. In realtà, come si suggerisce nel mio libro, una particolarissima congiuntura storica rese quel soggiorno importante, sia per la biografia di Tomasi che per Il Gattopardo. A quasi dieci anni di distanza dai suoi giorni ficarresi, durante la fase di stesura del suo capolavoro, lo scrittore tornò a recuperare Ficarra e tramutò anche questo luogo, com’era sua consuetudine, in un seme narrativo.
Come reagì Tomasi alla notizie dell’Armistizio avvenuto il 9 settembre 1943 ?
Tomasi si trovava a Ficarra, quando dalla radio rimbalzò la notizia dell’Armistizio. Sua moglie si precipitò fuori di casa, e assieme a tutti partecipò al giubilo generale. Il Principe, invece, si rinserrò dentro e si rifiutò di uscire. Conosceva così in profondità le dinamiche storiche, da comprendere che l’Armistizio sanciva la fine di un intero mondo, quello aristocratico –un’aristocrazia dello spirito, in realtà- , a cui lui apparteneva e nei cui valori più preziosi si riconosceva profondamente.
Il principe – scrittore nella sua opera più conosciuta Il Gattopardo, fa spesso cenno a degli avvenimenti realmente accaduti in Sicilia, ti va di citarne uno su tutti ?
Il Gattopardo è ricco di episodi tratti dalla realtà, dalla cronaca o dall’esperienza del Principe. Alcuni, però, assumono un rilievo narrativo essenziale all’interno della struttura gattopardesca. E’ il caso del soldatino borbonico trovato morto a Villa Salina. Un episodio che, come dimostro ampiamente nel mio libro, e contrariamente a quanto è stato sostenuto negli ultimi trent’anni, è anch’esso reale e, soprattutto, è accaduto a Ficarra.
Tomasi nel Gattopardo oltre a far cenno a fatti realmente accaduti, prende spunto da persone realmente esistite per costruire i suoi personaggi, vogliamo parlare per esempio di Ciccio Tumeo? Quale personaggio rappresenta nel romanzo ?
Ciccio Tumeo, l’organista di Donnafugata, ha lo stesso nome e alcune peculiari affinità con un colono ficarrese di cui Tomasi sentì parlare o che addirittura conobbe di persona proprio a Ficarra. Nel mio libro recupero tutti i fili sotterranei che legano il personaggio gattopardiano al colono.
Nel 1958, un anno dopo la morte dello scrittore, il romanzo viene pubblicato, quale è stata la prima reazione della critica all’uscita del libro ?
Il libro sconvolse il quieto torpore letterario in cui, in quegli anni, si dibatteva la cultura italiana. Rappresentava la novità assoluta; l’elemento di rottura. Non venne capito, se non da lettori attenti, come Carlo Bo ed Eugenio Montale. La maggior parte dei critici si soffermò su alcune parti del libro, a discapito di tutte le altre. Insistettero sulla presunta ideologia conservatrice di Tomasi o sulla difficile collocabilità di un romanzo che sembrava voler riportare in vita il vecchio e ormai superato romanzo storico. Pochi riuscirono a vedere nel Gattopardo ciò che realmente era: un libro difficile, ma bellissimo e struggente.
Qual è stato nel corso degli anni l’atteggiamento dei critici nei confronti del Gattopardo ?
Il tempo ha corretto molti errori di giudizio. Il Gattopardo viene ormai considerato quasi unanimemente un grande classico della letteratura del Novecento.
Io so che c’è una persona che accomuna te con Giuseppe Tomasi di Lampedusa, ed è il professore Pietro Ferraloro, ti va di parlarmi di questo signore ?
Il professore Pietro Ferraloro –che è venuto a mancare qualche anno addietro- era il preside della mia Scuola media, un uomo coltissimo, un intellettuale raffinato e un magister generosissimo. Nei mesi in cui Tomasi visse a Ficarra lui, che era appena ventenne, divenne il suo interlocutore privilegiato. Lo scrittore non ebbe esitazioni nel riconoscere nel giovane amico le stimmate del suo stesso amore, profondo e infinito, verso la letteratura. Nel corso di un intero anno, ho raccolto e registrato i suoi ricordi e le sue riflessioni sulla figura e l’opera di Tomasi. La sua testimonianza è stata essenziale, per la mia ricerca. Per questo e per molte altre ragioni gli sarò per sempre grata.
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