SUL CANILE INTERVENTO DI UN MEDICO VETERINARIO

“Si parla di canile rifugio e di canile sanitario, ma anche di canile rifugio-sanitario (struttura non prevista dalle norme vigenti), senza avere le idee chiare e tanto meno la consapevolezza di quale debba essere l’operatività di queste strutture e di chi debba fare cosa”, dichiara il dott. veterinario Elio Criscione, presidente Commissione tutela animali del Laboratorio 2.0.
“Ci limiteremo – continua – a fare riferimento alla normativa nazionale sul randagismo. Prima della legge quadro n. 281/91 i canili avevano una funzione esclusivamente sanitaria, dove i cani erano avviati all’eutanasia se non reclamati dal proprietario entro tre giorni dall’ingresso, in ossequio del DPR 320 del 54, per il controllo della rabbia. Dall’entrata in vigore della 281 sono iniziati i guai per le amministrazioni comunali e per i cani. Vengono istituiti i canili sanitari ed i canili rifugi, che nell’idea del legislatore dovevano essere la soluzione al randagismo. Dopo oltre vent’anni il fenomeno si è incancrenito in un dispendio di spesa pubblica fuori controllo e di sofferenza animale del tutto ignorata, per la gravissima assenza di professionalità veterinarie dell’area comportamentale”.

“Una vita intera in uno stato di carcerazione è una condizione insopportabile per qualunque essere vivente, lo è ancor di più per l’assenza di comfort e il sovraffollamento. Se gli uomini possono evadere con la forza del pensiero, con la lettura, con la scrittura, per il cane, che si realizza nella referenza sociale (R. Marchesini: l’Identità del cane) del piano relazionale con i propri simili e con l’uomo, non c’è via d’uscita, la frustrazione delle sue peculiarità sociali e relazionali lo porta a sviluppare patologie comportamentali che ne compromettono il benessere, l’integrità psicofisica e l’adottabilità”. Di G. Petrantoni in:Il canile come presidio zooantropologico di Roberto Marchesini.

“La 281/91 ha quindi individuato due tipi di strutture: il canile sanitario dove il cane viene tenuto in osservazione da dieci fino a sessanta giorni e, qualora il padrone non venisse rintracciato può essere affidato a nuovo proprietario, o al termine del periodo di permanenza, inviato al canile rifugio. Il canile rifugio invece ha la funzione di ospitare i cani che hanno superato favorevolmente il periodo di osservazione sanitaria.
A leggere la replica di Battaglia, replica poi a che cosa – precisa Criscione – se nel convegno si è parlato solo di canile rifugio e non di canile sanitario, (e non poteva essere diversamente visti gli argomenti trattati), c’è, purtroppo, da rilevare, questo, sì, è stato un argomento del convegno, che la zooantropologia è materia per molti di difficile comprensione. Insisteremo tanto nel parlarne che alla fine riusciremo a farla capire a tutti”.

“Così, finalmente, si parlerà in modo appropriato di canile sanitario e di canile rifugio nelle loro peculiarità, che sono molto ben distinte. Così, finalmente, non si cadrà nell’errore di fare un miscuglio tra canile rifugio e canile sanitario. Quest’ultimo non ha e non può avere nessun requisito per diventare presidio zooantropologico, perchè ospita cani che devono permanervi per massimo sessanta giorni, sufficienti per assolvere gli adempimenti sanitari, e, di contro, troppo pochi per intraprendere percorsi di risocializzazione inter ed intraspecifica. Il canile sanitario, proprio perchè tale, ospita cani che possono essere affetti da  patologie che ne possono condizionare il comportamento, che possono essere contagiose anche per  per l’uomo, e,  pertanto, la presenza di visitatori può essere controproducente per entrambi.
Bisogna uscire da questa confusione e avere chiare le idee sui ruoli che le due strutture hanno”.

“Per questo – conclude Criscione – noi siamo disposti a tornare sugli argomenti trattati, con pazienza e comprensione, magari usando un linguaggio più comprensibili per far sì che tutti, alla fine, possano capire e, quindi riconoscere il fallimento dell’attuale gestione dei canili e del randagismo e che bisogna cambiare modalità di gestione degli uni e dell’altro, in modo da ottimizzare le risorse economiche e umane disponibili per raggiungere almeno in parte gli obiettivi auspicati dalla legge 281/91 Non abbiamo nessuna intenzione polemica, ma vogliamo fare solo chiarezza”.

 

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