Sì o no ai vaccini, è possibile superare i litigi sui social?

“Houston! … qui Ragusa.”

La rubrica dello psicologo, a cura di Cesare Ammendola

Scagli la prima pietra (si fa per dire) chi può giurare di non aver “litigato” almeno una volta con qualcuno sul tema virale dei vaccini e affini in questi ultimi mesi.
Ho visto cose che voi asintomatici non potreste neanche immaginare. Ho visto compari di una vita intera, cugini, fratelli e congiunti vari, fino a ieri amorevoli, serafici e insospettabili, sbranarsi ora a colpi di link e di “a cosa stai pensando?” su Facebook, per guardarsi poi in cagnesco dietro l’ultimo macallé, in occasione del consueto pranzo domenicale dalla nonna Carmela, ella ignara di tutto nella sua innocenza di vergine predigitale.
Il tema viscerale dei “vaccini-green pass” ha generato una lunga scia di lacerazioni imprevedibili, polemiche incandescenti, insulti più o meno velati sui profili esterrefatti e le bacheche più attonite.

In quanto psicologo, mi sono vaccinato (obbligato anche dalla legge), in coerenza con la mia biografia punteggiata dalla fiducia (non religiosa) nei confronti della medicina ufficiale (che in più di una circostanza, vi confesso, mi ha parecchio giovato). La mia stessa professione non ammette aperture alle dietrologie dei “No Vax”. E già questo si traduce inevitabilmente nell’impossibilità di eludere il cortocircuito con le tesi di chi la pensa in modo estremamente alternativo (fermo restando il rispetto che è sempre dovuto alle persone e alle loro paure o riserve). Chi legittimamente da più parti invita ad accettare in modo ecumenico ed evangelico le posizioni di chiunque in nome della pace universale sappia che anche noi aspireremmo alla pace universale (non siamo dei trucidi “No Pax”). Ma evitare la dialettica tra le fiamme di un simile girone ideologico è possibile solo a patto di simulare una pervicace, quanto inspiegabile, assenza di segnale.


Tuttavia, in questa sede, al di là delle opposte convinzioni, mi interessa tentare il cenno di una riflessione sui processi della comunicazione che, a mio avviso, contribuiscono a determinare l’esasperazione dei toni e la radicalizzazione delle reciproche posizioni. Credo che tre ingredienti avvelenino la grammatica delle relazioni e generino una chimica della incomunicabilità in questa sorta di Babele digitale (creata in laboratorio).

Il CANALE: notoriamente le persone, accucciate dietro lo schermo, malauguratamente dicono cose che non direbbero mai nel rapporto “reale” e certamente non in modo così apodittico, veemente e talvolta feroce. Senza l’inibizione imposta normalmente dal confronto nell’esperienza reale, l’interazione sui social produce una escalation iperbolica in un loop di aggressività che si alimenta circolarmente.
Il CONTAGIO: l’algoritmo dei social e la fisionomia profonda del Web più in generale sono centrati sul singolo utente e impostati in modalità “ti mostro continuamente ciò che vuoi sentirti dire”. E così veicola informazione (o contro-informazione o disinformazione) in grado di acuire in modo subliminale e parossistico le divisioni, completando così un paesaggio scisso in vere e proprie sette.


La PROIEZIONE: il codice dei social non lascia spazio alla possibilità di esprimere pacatamente le proprie emozioni e le fragilità più autentiche e induce a citare compulsivamente oggetti esterni (totem, guru, scienziati, ricerche, studi, ultimissime scoperte, fatti di cronaca …) e a riversare ogni cosa addosso all’interlocutore, nella forma di un’aggressione o squalifica più o meno esplicite.
Difficilmente leggerete, ad esempio, queste parole da parte di uno del fronte “No Vax” (o “Forse Vax”): “Io ho semplicemente un po’ di paura e sono confuso, per questo non mi sono ancora vaccinato … e l’obbligo di fare il tampone ogni volta pesa tantissimo sulla vita mia e delle persone a cui voglio bene …”
O, in modo speculare, raramente leggerete queste parole da parte di uno dell’altro fronte: “Io non ho certezze assolute, ma mi sono vaccinato, e ora ho semplicemente paura che i nostri sacrifici, per scongiurare contagi, terapie intensive e restrizioni, possano venire quasi vanificati … Non vorrei compiacermi nel vederti condizionato nella tua libertà personale… Ma come ne usciamo?”
No. I toni e i contenuti sono ben altri. Il canale, il contagio e la proiezione prendono sovente per mano i discorsi trascinandoli in scioltezza verso quella che i latini, se ricordo bene, chiamavano “fanculatio raeciproca”.
In tutto questo, le parole più antiche di Carmela rimangono inascoltate: “Non dimenticatelo, scimuniti! L’unico vero nemico è il Covid!”

Eppure, varrebbe la pena di spegnere il cellulare e ascoltare persone come Carmela. È gente che è sopravvissuta alle “epidemie”, alla guerra, ai vari dilemmi della storia. E ha costruito per noi il mondo nel quale dignitosamente viviamo oggi noi e i nostri figli. Ha saputo farlo grazie a quell’ingrediente in spirito tanto caro alla psicologia sociale: il sentimento ad un tempo vintage e preziosissimo alla Comunità.

Cesare Ammendola

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