SECOLI DI DEVOZIONE E DI TRADIZIONI

Con la rituale ‘uscita’ della Statua del Battista dalla nicchia posta all’inizio della navata sinistra della Cattedrale sono ufficialmente aperti i Festeggiamenti in onore del Santo Patrono della Città.

Festeggiamenti che affondano le radici nei secoli di storia della nostra città e sono caratterizzati da una grande solennità che unisce in un afflato di devozione tutti i cittadini fedeli.

Nella vecchia Ragusa un tempio dedicato al Santo fu eretto già intorno al XIII secolo, fuori le mura, nel quartiere detto dei ‘cosentini’ perché ivi risiedeva una colonia di famiglie provenienti dalla città calabra, relegati alla periferia del borgo medioevale. La Chiesa fu quasi totalmente distrutta dal terremoto del 1693 e ai danni si aggiunsero gli atti vandalici di esaltati fanatici per le accese rivalità che opponevano i devoti di San Giovanni a quelli di San Giorgio. Il tempio fu ricostruito in dimensioni minori e notizie alquanto lacunose lo vogliono intitolato alle Cinque Piaghe di Nostro Signore Gesù Cristo, ma più sicuramente la Chiesa prese il titolo di San Giovanni lo Vecchio, a seguito della concomitante costruzione della Chiesa di San Giovanni nella parte nuova della città. In seguito veniva eretto un altare alla Vergine Sant’Agnese e per questo ne prese il nome. La piccola Chiesa di Sant’Agnese si erge ancora oggi, nella sua sobria vetustà, lungo la via Ten. Di Stefano.

Patrono di Ragusa Ibla era San Giorgio, a cui gli abitanti erano devotissimi e il cui culto era stato introdotto dalla dominazione normanna che tanta influenza ebbe sulla città. I devoti di San Giovanni, per ataviche rivalità, mal sopportavano che la loro parrocchia doveva essere sottoposta a quella di San Giorgio per cui si ingenerarono aspri contrasti che si perpetuarono per secoli con diretti riflessi anche sulla vita amministrativa della città.

Il tremendo terremoto del 1693 e la successiva ricostruzione costituirono l’occasione per i Sangiovannari di rendersi indipendenti dalla Chiesa Madre di San Giorgio : approfittando delle discussioni fra quanti volevano la ricostruzione nell’antico sito e quanti invece preferivano il vicino altopiano del colle Patro, considerandolo più sicuro in caso di altri eventi calamitosi, i fedeli e il clero di San Giovanni iniziarono l’edificazione delle nuove case su questo colle attorno al nucleo centrale costituito dalla Chiesa di San Giovanni che, quasi automaticamente, diveniva Patrono della città nuova. A poco servirono i tentativi della nobiltà e del clero di Ibla per riunire i due centri abitati sotto una unica amministrazione e con la protezione di un solo Patrono. Ci riuscirono dal 1703 al 1865, periodo in cui le due Raguse furono riunite e cessò il Patronato del Battista, ma una nuova divisione amministrativa fece sì che nel 1896 furono riconosciuti il Patrono e la Chiesa Madre. Con l’istituzione della provincia di Ragusa e con l’elevazione a capoluogo della città furono definitivamente sanciti il privilegio di Chiesa Madre per la Cattedrale di San Giovanni Battista e il titolo di Santo Protettore per il precursore di Cristo.

Grande è la devozione dei ragusani per il Santo protettore, che viene da sempre manifestata attraverso le regole dettate dalla Chiesa e attraverso la solennità dei festeggiamenti in Suo onore. Il Battista veniva invocato dai contadini durante i difficili lavori della mietitura come pure al guizzo di un fulmine durante i temporali;  al Patrono il popolo rivolge invocazioni per proteggere la città e i suoi abitanti, per ridare la serenità familiare, per alleviare sofferenze e malattie. Particolare era la devozione dei malati di ernia a cui veniva portato il Braccio d’argento contenente una reliquia del Santo per affrontare con serenità l’intervento chirurgico, certi della Sua protezione. Diffusa era anche l’usanza del ‘voto’ (un vestito per le donne, un gilet per gli uomini, ambedue dal colore rosso vivo) che veniva indossato da chi aveva ricevuto una grazia dal santo. Il ‘voto’ si manifestava, in tempi più recenti, con una fettuccia rossa che si portava legata al polso. Altra manifestazione, ancora oggi assai diffusa, di devozione e di ringraziamento al Protettore è quella di seguire scalzi la processione.

In tempi ormai dimenticati era altresì diffuso il rito, di chiara ispirazione pagana, di portare all’altare vitellini ornati con fettucce rosse e farli inginocchiare di fronte al simulacro del Patrono.

I festeggiamenti per San Giovanni Battista sono stati sempre solenni e sfarzosi, anche per le cospicue donazioni e offerte che vengono elargite da tutti i cittadini. Da rilevare che San Giovanni Battista è l’unico Santo di cui la Chiesa solennizza la ricorrenza della Natività (24 giugno) e quella della morte o Decollazione (29 agosto).

Sino al 1770 i festeggiamenti avvenivano nella ricorrenza della Natività : non è dato sapere i reali motivi per cui furono definitivamente spostati al 29 agosto. Luogo comune, ormai consolidato, è quello per cui alla fine di giugno la maggior parte della popolazione era impegnata nei duri lavori della mietitura e della trebbiatura, per cui era difficile partecipare alla festa. In più occasioni, inoltre, la Chiesa stessa imponeva lo spostamento dei festeggiamenti per concomitanti ricorrenze religiose, mentre ha rilevanza l’ipotesi di uno spostamento consolidato a seguito dell’istituzione di una fiera con franchigia che già prima del ‘700 venne autorizzata dal 28 agosto al 5 settembre e che andò ad assumere sempre più importanza nel corso dei decenni. Sta di fatto che la ricorrenza della Natività è rimasta solo una festa, senza sfarzo e senza processioni, solennizzata con funzioni religiose, ricordata solo alla popolazione dallo sparo di mortaretti.

Scarse notizie si hanno sui festeggiamenti in occasione della Natività, ricorrenti il 24 giugno e risalenti al ‘600, caratterizzati dalle consuete coreografie che caratterizzavano le feste comandate, le ‘bancarelle’ che venivano allestite sullo spiazzo antistante la Chiesa, una spettacolare fiaccolata, preceduta da trombettieri a cavallo, percorreva le vie principali del paese ma l’usanza fu abolita per il fanatismo dei fedeli. Parimenti scarse notizie si hanno sulla processione che si svolgeva all’interno dei limiti territoriali della parrocchia. Dopo il terremoto, la processione andò incontro ad un lungo periodo durante il quale la solennità e lo sfarzo vennero meno. Sul finire del ‘700, ultimati i lavori di edificazione della nuova Chiesa, l’antico splendore ritornò a caratterizzare la festa : si hanno notizie di una manifestazione di antico folclore, la ‘Sarcia’, che coinvolgeva gran parte della popolazione. Un enorme numero di contadini, in sella a cavalli riccamente bardati si radunava di buon mattino sulla piazza antistante la Chiesa per poi dirigersi lungo la strada maestra (l’attuale cso Italia) verso la parte bassa della città, precedendo una lettiga sfarzosamente addobbata sulla quale era posto un giovinetto che rappresentava il Battista. Il corteo scendeva lungo i pendii, sottostanti all’attuale quartiere degli Archi, verso la vallata San Leonardo per dirigersi lungo le sponde del fiume Irminio dove i ‘sarcianti’ raccoglievano ciascuno un ramo dai tanti frondosi alberi che costeggiavano le rive. Si risaliva quindi verso la parte alta della città, attraversando questa volta il centro di Ibla e affrontando le insidie delle anguste e ripide viuzze che, fra l’altro, venivano cosparse di sego e di sapone dai sangiorgiari per provocare cadute da cavallo a cui seguivano furibonde risse fra gli appartenenti alle opposte fazioni. Chi riusciva indenne dalle tante insidie giungeva alfine nella piazza di San Giovanni, accolto dal tripudio della folla festante, dove si rendeva omaggio al simulacro del Santo. La ‘sarcia’ fu abolita dalle autorità per i tumulti che provocava, come pure per i danni che venivano arrecati alle proprietà lungo il fiume. Si hanno notizie anche di una cosiddetta ‘cuccagna’ che aveva luogo al rientro del corteo : una lauta mensa veniva allestita su una alta loggia, di fronte all’attuale Chiesa del Collegio di Maria (‘a Badia), e per raggiungerla i concorrenti dovevano inerpicarsi lungo tavole e pali che erano cosparsi si sego e sapone per renderli estremamente scivolosi. Per diversi anni si svolgeva anche una corsa di cavalli, il ‘Palio’, lungo la via principale, l’attuale cso Italia, che ancora oggi, mantenendone vivo il ricordo, qualcuno delle vecchie generazioni chiama appunto ‘a strata ‘ro Paliu’.

Accanto a queste manifestazioni che appartengono al folclore della festa si ricordano diverse usanze diffuse fra la popolazione, fra le quali quella di fare oroscopi, cioè di tentare di intravedere il futuro attraverso segni particolari : le ragazze da marito versavano del piombo fuso in una bacinella piena d’acqua e dalle forme che assumeva il metallo raffreddato intravedevano arnesi da lavoro che collegavano al mestiere del loro futuro sposo. Ancora con tre fave, una con la buccia, una sbucciata e una solamente smussata, cogliendone una ad occhi chiusi si cercava di avere il responso sulla ricchezza del futuro marito. Diffusa anche la tradizione di segnalare prodigi legati al culto del santo protettore, che solitamente avvenivano nel giorno della Natività.

Nel passato un apposito comitato, accompagnato dalla banda, raccoglieva presso le famiglie i ‘cucciddati’, pane fatto in casa, dalla caratteristica forma rotonda particolarmente decorato dalle abili mani delle massaie ragusane, per poi rivenderlo all’asta per ricavarne offerte per la festa.

Il Simulacro del Santo che viene portato in processione furealizzato nel 1861 dal ragusano Carmelo Licitra, detto ‘u giuppinu’ e una leggenda vuole che sostituì la vecchia statua perché questa, al momento di essere portata fuori dalla Chiesa si fece così pesante da non poter essere spostata, evento tanto strano che indusse molti a pensare che se si fosse portata la statua fuori dalla Chiesa si sarebbe verificato un tremendo terremoto.

La tradizionale processione si svolgeva e si svolge ancora a partire dal tardo pomeriggio del giorno 29. Ancora oggi le serate della festa sono animate e allietate da spettacoli teatrali e musicali, la cui tradizione risale ai primi dell’ ‘800. In diverse occasioni alcune manifestazioni assumevano particolare rilevanza, come nel 1858 quando fu inaugurato il magnifico organo costruito dai fratelli Serassi di Bergamo con un memorabile concerto tenuto dal maestro Geraci di Palermo; nel 1890 ebbe luogo, in occasione dei festeggiamenti, un tentativo di ascensione in aerostato, tragicamente conclusosi con la morte del pilota belga Henry Blondeau. Si ricorda la processione figurata del 1895 per la partecipazione dei ‘santuni’ modicani, enormi statue di cartapesta che rappresentavano Gesù e gli apostoli. Nel 1903 la festa fu arricchita dall’inaugurazione dell’impianto per la pubblica illuminazione.

Da rilevare l’antica usanza della processione figurata che precedeva quella religiosa, che si svolse fino ai primi anni dell’800. Nel tempo tutte queste manifestazioni sono andate perse : come accennato in precedenza resta la sentita partecipazione dei fedeli che rende quasi unica la processione con il lunghissimo corteo dei ceri votivi che segue l’Arca Santa e precede il Simulacro del Battista. Il folclore resta interpretato dallo spettacolo finale dei fuochi pirotecnici mentre l’atmosfera di festa resta affidata agli spettacoli e alle manifestazioni collaterali che ogni anno vengono organizzati, unitamente alla tradizionale ‘fiera di San Giovanni’ che anima la città con lo scintillio delle mercanzie esposte. 

C.P.    

 

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