RENZI? ULTIMA SPIAGGIA

Nessuno può dubitare della luciferina abilità di Matteo Renzi nell’evitare le tagliole che potrebbero intrappolarlo, almeno fino ad ora.
E’ riuscito a convincere una buona fetta di elettori al di fuori del suo partito che lui rappresenta “l’ultima spiaggia” a cui tendere, pena l’annegamento. Sta “usando” il Parlamento imponendo leggi e riforme costituzionali come se fossimo una Repubblica sudamericana, in cui il dittatore di turno riassume in sé i poteri esecutivi e legislativi.

E soprattutto sta facendo una politica di “annunci” che fa impallidire ogni precedente: appena arriva il momento di verificare quanto è stato promesso (e non è stato fatto), con un elegante volteggio Matteo-sono-sempre-un-passopiù-avanti-Renzi lancia un nuovo tema, sempre più dirompente, sempre più accattivante. “Sono le leggi della comunicazione, bellezza”: solo alzare sempre più il livello della notizia fa dimenticare le notizie precedenti.

Ma l’emergenza economica e il dramma del lavoro, che in Italia sono problemi veri, e pressanti, richiederebbero interventi urgenti e non l’annuncio che le cose saranno fatte … in 1000 giorni, anzi in 1000 giorni … cominciando a contare a settembre. L’utilità per il premier di spostare sempre più in là il termine della verifica definitiva, quella dei numeri che purtroppo stentano a esserci, fa a pugni con la concretezza dei problemi. E in Europa, dove la concretezza è un riferimento obbligato, sono meno inclini a farsi affascinare dalle immaginifiche frasi del nostro Matteo-sono-filosofo-e-anche-poeta-Renzi.

Un ultimo rilievo. Renzi si è presentato in Europa chiedendo solidarietà, per ottenere flessibilità nell’applicazione degli impegni economici e di bilancio assunti dall’Italia, solidarietà per un intervento comunitario nell’affrontare il problema dell’immigrazione, solidarietà nell’anteporre ai calcoli dell’interesse, economico e nazionalistico, le ragioni del sentirsi un’unica comunità di popoli. Ma forse ha sbagliato nel cercarne le ragioni nell’antichità classica, greca (ateniese) e romana (della Roma repubblicana), quando su questo tema gli si dischiudeva davanti un’autostrada, se solo si fosse appellato al fondamento identitario cristiano e al richiamo evangelico. O avrebbe potuto rivendicare non tanto il ruolo dell’Italia tra i sei Paesi fondatori, quanto l’insegnamento dei tre “Padri” dell’ Unione europea: Adenauer, Degasperi, Schuman.

Ma per far questo, non basta una cultura genericamente erudita, ci vuole una personalità morale di grande levatura: se invece di citare Pericle e Cicerone Matteo-studio-sul-bignamino-Renzi avesse citato Degasperi … ah, già, peccato che la socialdemocrazia con Degasperi non abbia niente a che fare.

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